Le suffragette hanno vinto, però di Mario Ciriello

Le suffragette hanno vinto, però BILANCIO DALL'INGHILTERRA DOPO QUASI UN SECOLO DI LOTTE Le suffragette hanno vinto, però Nel Regno Unito le donne costituiscono il 50 per cento della buona parte di loro sono destinate al ghetto dei lavori più elettronica che farà strage di dattilografe e ragioniere: forza lavoro, hanno infranto molte discriminazioni e tabù - Ma umili e mal pagati - Si paventa la nuova tecnologia micro« Forse fra dieci anni una donna potrà fare soltanto l'attrice» DAL NOSTRO CORRISPONDENTE LONDRA — In quest'anno di grazia 1979, mentre il ventesimo secolo è già curvo e canuto, soltanto un maschio incurabilmente «sciovinista» potrebbe non comprendere ancora lavastità, l'importanza e la bellezza della «rivoluzione femminile». Come tutte le rivoluzioni anche questa ha avuto i suoi visionari, i suoi guerriglieri, i suoi ayatollah: ma, nel complesso, soprattutto nel Nord-Europa, ha mirato, con tenacia e intelligenza, al concreta, al realizzabile, al duraturo. Così è avvenuto, ad esempio, in Inghilterra, dove in quasi un secolo di lotta, sema sventolare vessilli politici, le donne sono riuscite a trasformare quella' che era una delle società più maschili del mondo. Tanto hanno fatto che si possono permettere di ri/lettere sui successi e sulle delusioni. Per scoprire i successi basta scorrere le statistiche, sfogliare le pubblicazioni ufficiali. Le donne costituiscono oggi il 50 per cento della ? a t a forza nazionale di lavoro. Ben il 70 per cento delle donne tra i 35 e i 60 anni ha un'occupazione, un vero e 'proprio esercito che, a quanto sembra, è senza confronto in Europa. Oltre un milione di donne ha cercato e trovato un posto tra il 1971 e il 1976. Tale è stata l'evasione dalla «home, sweet home» che ha travolto atteggiamenti secolari, titubanze freudiane. Otto madri su 10 vogliono lavorare, e, interrogate da un sondaggio, 4 massaie su 5 hanno risposto: «Lavoreremmo anche se fossimo milionarie». Le delusioni? Sono molte, ed è inevitabile. Anche la «rivoluzione femminile», come tutte le altre, politiche economiche e sociali, è avanzata sull'onda di «aspettative crescenti», e queste aspettative non sono sovente né esaudite né esaudibili. Una giornalista, che sfoggia il suo femminismo come una bandiera, riconosce: «Moltissime donne soffrono oggi le stesse pene dell'emigrante che lasciava la patria per qualche terra promessa. E' un approdo eccitante, ma che dissolve non pochi sogni». Sfuma il sogno di una carriera facile e brillante: svanisce il sogno di generose retribuzioni: e tramonta il sogno di una vita più comoda e riposante. Le donne dunque hanno vinto e stravinte tutta una serie di battaglie, ma non certo la guerra. Si sono rese indispensabili alla vita economica del Paese, ma senza trarne i benefici economici sperati e meritati. Hanno accettato il rischio di pericolose incrinature nei rapporti affettivi, con il marito ed i figli ad esempio, senza ricevere in cambio né la riconoscenza né l'aiuto della società. Ogni valutazione. per quanto appassionata, dei trionfi femminili non deve allora trascurare le ombre e i regressi. Il caso inglese è forse eccezionale, ma offre proficui insegnamenti. Abbiamo detto che le donne costituiscono adesso il 50 per cento della forza di lavoro: è un magnifico traguardo, ma che appare meno maestoso se raffrontato alla situazione nel 1911. In quell'anno, infatti, ben il 40 per cento delle donne già riceveva una paga o uno stipendio. Sessant'anni più tardi nel 1971, dopo le suffragette, dopo due guerre che le inglesi combatterono nelle fabbriche di munizioni, alle batterie contraeree, alla guida di autocarri e in mille servizi militari e civili, dopo l'esplosiva comparsa dei movimenti di liberazione femminile, quella percentuale era salita di cinque punti soltanto, dal 40 al 45. Un recente studio del «Department of employment» concludeva: «E' errato credere che la posizione delle donne nel mondo del lavoro sia migliorata durante il secolo. Sotto certi aspetti, è avvenuto il contrario, è peggiorata notevolmente». Era uno choc, una doccia fredda. Ma le prove sono inconfutabili. Nel 1911. il 20 per cento delle donne con un lavoro occupava incarichi di responsabilità, direttivi o amministrativi: oggi, quella percentuale supera di poco il 13. Nel 1911, il 24 per cento delle donne negli stabilimenti o negli uffici aveva una specializzazione o una qualificazione: oggi, quella percentuale non arriva al 20. Nel 1919. subito dopo la prima guerra, c'erano molte più donne di quante ve ne siano ora tra i funzionari superiori del «Civil service», la burocrazia di Stato. Si potrebbe continuare, ma conviene tirare le somme. E queste somme ci dicono che le vittorie strappate dalla «rivoluzione femminile», in Inghilterra, sembrano essere più quantitative che qualitative. La grande maggioranza delle donne con un'attività retribuita, oltre il 60 per cento, s'arrabatta in quello che un sociologo ha chiamato il «ghetto» dei lavori umili e mal pagati. E' lo sciame brulicante delle dattilografe, delle commesse, delle cassiere, delle cuoche, delle assistenti sociali, delle parrucchiere e delle operaie addette ai lavori meno difficili ma più monotoni. La presenza femminile nelle professioni è pietosa e decrescente. Sei per cento degli avvocati, 4 per cento degli architetti, 2 per cento dei ragionieri, meno ] dell'uno per cento degli inge| gneri. Sono queste cifre che intiej pidiscono gli entusiasmi acI cesi dall'arrivo di poche donne su scene nuove e inconsuete: le donne detectives, le ! donne radiotelegrafiste sulle navi, le donne al comando di aerei civili, le donne capistazione delle ferrovie. Anche quel 30 per cento in gonnella dei medici del «National health service» (il servizio sanitario nazionale) è un'affer¬ mazione relativa non assoluta, perché queste dottoresse hanno colmato un vuoto lasciato dagli uomini. Il giornalismo? In 60 anni, gli ostacoli sia all'ingresso sia alla carriera delle donne non sono diminuiti: raramente sono accettate come reporters. in cronaca: e, mentre all'inizio del secolo, vi erano donne-tipografe, compositrici, il sindacato le respingerebbe oggi furibondo. L'eguaglianza è ancora un miraggio. Purtroppo, la «rivoluzione femminile» è investita ora da tre fenomeni d'immensa portata. Primo: la dolorosa, ma necessaria, trasformazione dell'industria europea, minacciata dalla crescente concorrenza mondiale. Secondo: l'impossibilità di moltiplicare all'infinito i posti al centro e al vertice della scala sociale, nessun paese può offrire una carriera a tutti coloro che vogliono diventare architetti, sociologi, giornalisti, dirigenti, ecc. Terzo: l'estendersi e il radicarsi della disoccupazione. Risultato? La donna, nubile o sposata, conquista un diploma o una laurea e scopre che non le apre le porte sperate. E' per una laurea che, in un dramma televisivo, una massaia con due figli perde l'amore del marito: e. quando la ottiene, non trova lavoro che in una boutique. Sospira con amaro humour: «Su questi attestati manca un'avvertenza "non convertibile in denaro"». Tutte queste tribolazioni e delusioni potrebbero essere centuplicate, nei prossimi anni, dalla nuova tecnologia micro-elettronica. Un leader sindacale di grande prestigio diceva giorni fa: «Il pubblico non riesce ancora a concepire le possibili conseguenze del terremoto micro-elettronico. Ditte che avevano 30 o 40 segretarie, dattilografe o ragioniere hanno già ridotto il numero a 4 o 5. Fra dieci anni, forse, una donna potrà lavorare soltanto facendo l'attrice, un'attività che nessun computer potrà mai rubarle». E' un'iperbole ovviamente: ma che attinge a correnti già visibili. In uno studio eseguito per il governo, Tom Stonier, direttore della «School of science and society» dell'università di Bradford, ha calcolato che, entro 30 anni, la Gran Bretagna potrà forse soddisfare tutte le sue necessità materiali con il 10 per cento soltanto della sua attuale forza di lavoro. Non basta. Una nuova statistica Ma più agghiacciante, dell'anno», a giudizio di Katharine Whitehorn dell'Observer; c'informa che 21 inglesi su 100 vivono ormai soli, che nel 1980 saranno 30 su 100 e che quasi tutte queste persone costrette dalla società di oggi all'isolamento sono donne. Tale è ovunque la piaga della solitudine femminile, conseguenza spesso del lavoro ma dal lavoro non compensata, e in Germania le supersegretarie di Bonn soccombono alla prima parola d'amore degli agenti comunisti. Sono problemi che non meritano il sarcasmo dei maschi «sciovinisti», bensì l'affettuosa comprensione di tutti. Diminuito il divario fra uomo e donna, più comune e interdipendente è il loro destino. Mario Ciriello Londra, 1907. L'arresto di Emmeline Pankhurst, la più celebre] delle suffragette

Persone citate: Katharine Whitehorn, Tom Stonier

Luoghi citati: Bonn, Bradford, Europa, Germania, Gran Bretagna, Inghilterra, Londra, Regno Unito