Università al guado

Università al guado È POSSIBILE RIFORMARLA? Università al guado Benché buona parte delle forze politiche dicessero ch'era una iattura, s'è arrivati alla fine anticipata della legislatura: sciolte le Camere, sono caduti i progetti di legge in discussione E. tra essi, quello che il senatore Cervone aveva preparato su delega della commissione Istruzione del Senato: riguardava la riforma dell'università, e la progettava con un faticoso compromesso tra i partiti della disciolta maggioranza. La mescolanza di populismo e demagogia era cementata dall'incompetenza e dall'ambiguità. E' molto significativo che si fosse costituito, a opera di prestigiosi rappresentanti della nostra cultura, un comitato per la difesa dell'autonomia universitaria che. stabilita dalla Costituzione, sembrava violata dal succitato progetto. Pochi oggi lo rimpiangono, anche tra coloro che l'avevano fatto nascere; e la sua forzata fine dovrebbe essere considerata, gioiosamente, come uno dei pochi vantaggi nell'interruzione della legislatura. Ma viviamo in tempi duri, come quelli che videro piangere una vecchietta all'annuncio della morte di Nerone: l'angosciava la paura che il successore potesse essere peggio. Con molto realismo, quindi, l'attuale ministro della Pubblica Istruzione. Spadolini, ha osservato nel recente convegno organizzato a Roma sull'università dal partito liberale che «nella prossima legislatura potremmo partire da traguardi ancora peggiori». Poiché la speranza è l'ultima a morire, tuttavia, anziché ridere per il pericolo scampato o piangere per quello incombente, credo convenga riflettere su ciò che potrebbe fare una classe politica ragionevole. La prima cosa sarebbe smetterla con le chiacchiere sulla «riforma» dell'università: si può riformare ciò che in qualche modo esiste e non certo il nulla. E in questo momento l'università è. nel suo complesso, un vuoto nome, poiché lo studio e la ricerca sono impossibili e sono stati sostituiti dagli interessi corporativi di coloro che vi cercano soprattutto i loro (scarsi) mezzi di sostentamento o dalle illusioni di chi si preoccupa solo di sostenere esami in vista di lauree inutili. Ciò è ancor più drammatico nel momento in cui si sta per rafforzare l'unità europea: l'Italia si troverà gravemente danneggiata nel confronto degli altri Paesi, rispetto ai quali perde rapidamente terreno anche nel campo degli studi. Il compito autentico è dunque quello di una «ricostruzione», come ha detto Rosario Assunto, o di una «rifondazione» dell'università, secondo l'espressione dell'on. Bozzi. La chimera della riforma totale risolvente tutti i problemi deve ormai lasciare il posto a provvedimenti anche parziali, ma che facilitino il rinnovamento morale e di costume senza cui ogni ricostruzione è impossibile. Ha fatto bene Spadolini a ricordare, tra le cause dell'attuale disastro, le debolezze, le ambiguità, i compromessi del mondo accademico e a sottolineare la necessità di porre al bando la «pigrizia». E c'è da auspicare che possa continuare il suo impegno «a tutelare il diritto-dovere nei docenti a insegnare e il di ri Ito-dove re degli studenti a imparare". E' questo il primo passo per superare la deformante abitudine di considerare l'università un ente di assistenza Ma. per avere risultati concreti, la ripresa morale deve esprimersi pure nei provvedimenti politici, senza le consuete indulgenze ai programmi palingenetici. da un lato, e alle improvvisazioni, dall'altro. Anche i politici devono rendersi conto degli errori compiuti e capire che non si può curare la cancrena senza dolore. L'università nominale d'oggi può ritornare a essere un reale centro di ricerca solo riacquistando e rafforzando la selettività nei confronti tanto dei docenti quanto dei discenti Deve cessare l'assurdo di calcolare gli organici universitari in base alle pretese degli aspiranti, per commisurarli invece ai bisogni e alle possibilità nazionali Non mi nascondo le difficoltà che un decennio di politica dissennata rende ora ardue. Dalla liberalizzazione degli accessi all'università alla creazione di quel mostro giuridico che è la figura del professore incaricato stabilizzato, dalla soppressione della libera docenza all'abolizione degli assistenti, dalla dispersione troppo generosa di un presalario ridicolo tra un gran numero di studenti al fenomeno dei precari, per i quali era facile prevedere la cp strumentalizzazione a scopi agitatorii: ecco un elenco incompleto dei guai il cui rimedio, pur necessario, non sarà certo facile. Su essi già s'è molto discusso negli ultimi mesi e sarà opportuno riesaminarli ancora per cercare soluzioni possibili e concrete. Ma ogni discussione sarà inutile se i politici continueranno nell'andazzo di accantonare i problemi o di illudersi con le soluzioni verbali. In una recente intervista il ministro Spadolini ha annunciato la sua intenzione di bandire i concorsi a 3650 cattedre universitarie, parte rilevante di quelle che erano state stabilite con una legge del 73. rimasta finora parzialmente disattesa. Ottima decisione per evitare che la putredine cresca: e tanto più lodevole in quanto il calendario stabilito dal ministro prevede che a ottobre — quando verrà a cessare la corresponsione dello stipendio ai 15 mila precari (contrattisti e assegnisti). che hanno goduto della proroga di un anno col secondo decreto Pedini — «buona parte dei concorsi siano già espletati o in fase conclusiva». ★ ★ Auguro al ministro (e alle future commissioni) le capacità taumaturgiche per realizzare tale programma. Ma anche se i tempi brevi fossero rispettati, non credo che il rapido espletamento dei concorsi serva ad evitare i turbamenti che senz'altro ci saranno in ottobre «alla scadenza dei contratti e degli assegni". Solo una parte trascurabile di contrattisti e una ancor più esigua di assegnisti è matura per un concorso a cattedra universitaria (in una università «rifondata»), al grosso dell'esercito si dovrà provvedere in altro modo, selezionandolo e ristabilendo l'assistentato. Toccherà al primo governo della prossima legislatura provvedervi, perché nulla si può fare a Camere sciolte: ma sin d'ora è bene non celarsi ottimisticamente la complessità del nodo. Dallo scioglimento che gli si darà dipenderanno le residue speranze circa l'università, perché ora siamo davvero giunti all'ultima spiaggia. Il «caso» dei precari è solo un esempio tra i molti problemi specifici che i nuovi legislatori dovranno fronteggiare con urgenza. Ma in questa vigilia elettorale ciò che più conta è l'orientamento generale con cui ci si propone di affrontarli; e su tale orientamento sarebbe opportuno che rivedessero a fondo le loro impostazioni i partiti politici, specie quelli che ritengono sia impossibile governare l'Italia senza il loro accordo. L'emergenza per l'università italiana è ormai in fase acuta: ma gli interventi per salvarla dal naufragio totale delle sue nobili (e nemmeno troppo lontane) tradizioni, e non renderla del tutto estranea alla natura delle altre università europee, devono mutare radicalmente rotta rispetto al passato, anche a quello più recente. Preoccupa la constatazione che i grandi partiti inclinino tutt'oggi a separare la ricerca dall'università. Se alla prima è destinato in totale l'uno per cento del reddito nazionale lordo, che è già una cifra vergognosamente bassa, alla ricerca universttaria tocca meno dell'uno per mille di tale reddito. In tal modo la mastodontica macchina in cui è stata trasformata l'università (sono circa ventimila i corsi di insegnamento, con tendenza a crescere) serve solo a se stessa ed a produrre titoli di studio che sono pezzi di carta. Questa macchina, ricostruita, dovrebbe invece servire agli interessi nazionali; e potrà farlo solo ridiventando il centro della ricerca scientifica. L'istituzione di un ministero dell'Università e della Ricerca scientifica (su cui meritoriamente insiste anche Spadolini) è quindi un tema qualificante per l'auspicabile nuovo orientamento. E da esso consegue immediatamente che un'università centro di ricerca deve fruire di un'autonomia tale da garantire sul serio la libertà dei ricercatori e dei giovani che apprendono a ricercare. Anche il progetto Cervone mostrava un superficiale rispetto formale per l'autonomia universitaria, che veniva poi in realtà soffocata dal peso degli apparati burocratici introdotti in ossequio ai miti dell'eguaglianza e del disprezzo per le competenze. Se vogliamo davvero innovare bisogna riprendere in esame quel progetto: proprio per realizzare, in molti casi, il contrario delle sue proposte. Francesco Barone

Persone citate: Bozzi, Cervone, Francesco Barone, Nerone, Rosario Assunto, Spadolini

Luoghi citati: Italia, Roma