Nella bottega del Verrocchio di Francesco Vincitorio

Nella bottega del Verrocchio A ROMA DISEGNI RINASCIMENTALI TOSCANI E UMBRI Nella bottega del Verrocchio Vi confluirono Leonardo, ii Botticelli, il Perugino, Lorenzo di Credi, Filippo Lippi - Una mostra che offre l'occasione di sottili indagini e raffronti tra i protagonisti di un'epoca ROMA — «Disegni toscani e umbri del primo Rinascimento» sono in mostra nella Villa della Farnesina di Roma, fino a maggio. E' la prosecuzione di quella sistematica attività espositiva che l'Istituto Nazionale della Grafica ha intrapreso da un paio di anni. Nelle intenzioni della sua direttrice, Maria Catelli Isola, dovrebbe portare a una completa ricognizione delle ricche collezioni del Gabinetto Nazionale delle Stampe. Ogni esposizione è affidata a uno specialista e viene corredata da un catalogo scientifico che diventa, in tal modo, anticipazione e parte di quel «catalogo generale», atteso da tempo dagli studiosi e che gli istituti similari stranieri possiedono da molti decenni. Questa volta sono di turno, come si è detto, i disegni rinascimentali toscani e umbri, con una piccola appendice riguardante zone limitrofe, quali Ferrara e Bologna. In tutto, una settantina di fogli, mai esposti a Roma da oltre mezzo secolo. La mostra si apre con una Testa di Vescovo, disegnata probabilmente da Benozzo Gozzoli intorno alla metà del '400, e si chiude con disegni di Andrea del Sarto, del Puligo e del Frangiabigio, cioè in piena problematica manieristica. Considerato il termine «primo Rinascimento» del titolo, ciò costituisce una forzatura cronologica: e lo conferma la presenza di alcuni di questi disegni alla mostra del Manierismo, tenutasi ad Amsterdam nel 1954. Ma è una forzatura deliberatamente voluta dalla curatrice, Enrichetta Beltrame Quattrocchi. Come spiega nel catalogo, in questo mppqtismpsbntdrdcmzirpb.cdctcd••cgrmdcscqarFmmrsamanrp modo ha inteso rimarcare, un po' provocatoriamente, la persistenza di un equilibrio quattrocentesco in alcuni artisti, di fatto già manieristi. Una concezione del Rinascimento estensiva, certamente opinabile, ma forse proprio per questo capace di stimolare nuovi, proficui dibattiti, nuovo interesse intorno ad un periodo, oggi in verità un po' trascurato dagli studi e invece cruciale per la storia dell'arte. Soprattutto quel decennio tra il 1470 e il 1480 che in questa mostra è documentato con insolita ricchezza e che ha un preciso centro irradiante in uno Studio di panneggio di Leonardo. Mirabile punto di trapasso tra la .cosiddetta «linea funzionale» del Pollaiolo e lo spessore più complesso e ricco che contraddistinguerà la fine del secolo. Un foglio, questo di Leonardo, che ha già in sé quella ••fantasia germinale e cosmicai messa in luce dal Raggiranti in una pagina memorabile, pochi anni fa. Testimonianza preziosa del clima di quella «bottega del Verrocchio» rompicapo per tanti studiosi e dove confluirono alcuni dei giovani «leoni» di quel periodo: da Leonardo, appunto, a Botticelli, da! Perugino a Lorenzo di Credi, al Filippino Lippi. La mostra è piena di riferimenti a tale «bottega». In primii. la Testa di giovinetto variamente attribuita allo stesso Verrocchio, al Perugino o al Botticelli (per i disegni, come si sa, la insicurezza delle attribuzioni è regola) e poi i numerosi Studi di putti che rivelano, con la loro marcata plasticità, la compresenza di allievi-pittori e allievi-scultori. Un momento cruciale, durante il quale si compie un riesame dei patres della tradizione primoquattrocentesca fiorentina alla luce dei più intensi «moti degli affetti» e si sperimentano pregnanti ricerche, in consonanza coi tempi nuovi che stavano maturando a Firenze e nelle aree vicine. Come dimostra un disegno attribuito al complesso e inquieto senese, Francesco di Giorgio Martini: una Figura femminile su un cigno che è stata prescelta per il manifesto, probabilmente perché per la sua bellezza e la sua problematicità è una specie di simbolo della mostra stessa. Bellezza e problematicità sono le due polarità che ca¬ ratterizzano questa esposizione: il segreto del suo successo. Il visitatore comune può toccare quasi con mano la nascita di un'idea, l'inebriante concretizzarsi del primo germe della poetica di artisti famosi. Allo studioso, invece, si aprono possibilità di sottili indagini e raffronti che gli consentono di penetrare sempre più a fondo in questo momento storico. Una mostra dunque leggibile e godibile a vari livelli, fra l'altro messa generosamente a disposizione — come è avvenuto per le precedenti — di qualsiasi ente volesse ospitarla in altre città. Un ulteriore segno di sensibilità e di intelligenza da parte dell'Istituto Nazionale della Grafica, che va sottolineato. Francesco Vincitorio

Luoghi citati: Amsterdam, Bologna, Firenze, Roma