Caccia ad Amin

Caccia ad Amin Caccia ad Amin (Segue dalla 1 " pao:> Londra riconobbe ufficialmente il regime di Amin. In Uganda la borghesia locale e i commercianti indo-pakistani credettero di poter tirare un sospiro di sollievo: la «svolta a sinistra» annunciata da Obote finiva in un dérapage, le nazionalizzazioni erano scongiurate. A quell'epoca Amin guidava egli stesso la sua jeep nelle strade di Kampala: -Non sono un politico, sono un soldato». -Sono un uomo di poche parole, sono sempre stato sbrigativo in tutta la mia carriera» : queste le affermazioni dell'uomo, fatte con aria bonaria quando prese il potere. -Da quel momento — noterà il suo primo, e severo, biografo. David Martin — non ha smesso di parlare». E intanto cominciarono i massacri. Alla fine del 1971, 555 persone sono assassinate nella prigione di Mutukula: è il primo grosso caso. Regolamento di conti? I telegrammi e le dichiarazioni di Big Daddy deliziano la stampa occidentale. Il terrore, che s'è impadronito dell'Uganda, non passa più inosservato. Cadaveri che galleggiano sul Nilo, uomini politici brutalmente eliminati, scoperta di fosse comuni, qualche esecuzione pubblica: Amin si vendica? E' sempre meno certo. Con l'aiuto dell'Unione Sovietica arma il suo esercito, raddoppiandone gli effettivi in meno di quattro anni. Gigante dall'apparenza bonaria, in realtà sempre sul chi vive, Amin è una figura marginale nello scontro di due mondi tra essi incompatibili. E' allo stesso tempo la sua fortuna e la sua debolezza. Appartenente ad una piccola tribù nubiana e alla minoranza musulmana del suo Paese — che rappresenta soltanto il 5 per cento della popolazione — all'inizio trascina con sé sua madre, che passa anch'essa di guarnigione in guarnigione e ha la fama di stregona. Incontra suo padre per la prima volta nel 1958. Vende biscotti zuccherati sui mercati, in attesa di essere arruolato come fornaio in una caserma e di mettersi in luce sul ring: sarà nove volte campione dell'Uganda per la categoria dei pesi massimi. Nell'esercito impara lo swahili, un po' d'inglese e mastica l'arabo. Diffiderà sempre degli intellettuali, dei borghesi e degli aristocratici. Farà imprigionare la giovane e bella principessa che è stata suo ministro degli Esteri. Elizabeth Bagaya di Toro. rea. secon¬ do lui, «di aver fatto l'amore con imo sconosciuto europeo nelle toilettes dell'aeroporto di Orly». Cittadino di terza categoria perché kwakiva e musulmano. Amin diventerà una specie di eroe tra gli africani e forse anche tra i negri d'America: con la sua virilità ostentata, la statura imponente, le cinque mogli, il prestigio del guerriero. Colui che era stato umiliato ora snobba apertamente i bianchi. Poi espelle dall'Uganda la comunità asiatica — d'altronde impopolare —, dà consigli al presidente Nixon per lo scandalo Watergate e spiega agli arabi come vincere la guerra del kippur. mentre si dichiara pronto ad invadere il Sudafrica. Personaggio rozzo, ma ambiguo, facile agli impulsi brutali, attanagliato dalla paura ossessiva di essere beffeggiato. Amin ha perfettamente capito il ruolo dei mass media e quello decisivo del mitra. Gli attentati si moltiplicano. A tratti il dittatore sembra in preda al panico. A metà del 1976 subisce due gravi umiliazioni. Sfugge ad un attentato in piena Kampala, al termine d'una parata della polizia, non è neppure ferito dallo scoppio d'una bomba a mano, ma questa volta non riesce a soffocare la notizia. Un mese dopo gli israeliani compiono il raid all'aeroporto di Entebbe: Idi Amin è ridicolizzato. Quest'ultimo evento provoca nuove repressioni. Prima all'università, poi contro gli abitanti di origine kenyota. Amin se la prende anche con la polizia, l'esercito, la chiesa anglicana, con alcune etnìe del Paese. Dopo aver rotto le relazioni diplomatiche con l'Uganda, il 25 luglio del '76. gli inglesi impediranno al maresciallo di partecipare alla conferenza del Commonwealth, riunita a Londra un anno dopo. Nel frattempo sono stati assassinati un arcivescovo anglicano e due ministri. Il triplice omicidio indigna l'opinione pubblica, anche in Africa, dove la conferenza delle chiese lancia una campagna contro il presidente ugandese. Secondo Amnesty International più di centomila persone sono state uccise in sei anni di «regno». Se le élites africane si sono rivoltate contro il presidente ugandese. il motivo è che egli faceva torto ogni giorno di più all'immagine del panafricanismo. L'Africa cominciava a vergognarsi del suo «eroe... Jean-Claude Pomonti (Copyright di Le Monde* e piT l'Italia dv La Stampa)

Persone citate: David Martin, Elizabeth Bagaya, Idi Amin, Nixon, Obote

Luoghi citati: Africa, America, Italia, Londra, Orly, Sudafrica, Unione Sovietica