Sorpresa e amarezza in giunta «Così non si può più lavorare»

Sorpresa e amarezza in giunta «Così non si può più lavorare» Dopo rinvio delle 18 comunicazioni giudiziarie Sorpresa e amarezza in giunta «Così non si può più lavorare» Queste le reazioni alla decisione del pretore Palmisano che ha indiziato sindaco e assessori di «abuso d'ufficio» per il teatrino di Macario Le comunicazioni giudiziarie inviate venerdì scorso al sindaco, a 16 assessori e ad un consigliere comunale, hanno amareggiato e sorpreso un po' tutti a Palazzo civico. Tanto che il commento di ieri mattina, fra i funzionari municipali, era più o meno di questo tenore: «Non si può lavorare serenamente. Su qualsiasi cosa, i magistrati, se vogliono, possono incriminarci tutti-. Il fatto è noto: l'abbiamo riferito domenica. A giudizio del pretore Palmisano la giunta, nella riunione dell'11 settembre '78, non doveva consentire a Bruno Agui, proprietario del teatro di via Santa Teresa 10 (la Bomboniera viola concessa in uso a Macario), di pagare la multa di 35 milioni e centomila lire; doveva imporre la demolizione delle opere considerate «difformi» dal progetto originario che era per una discotecacabaret. Di qui le 18 comunicazioni per -abuso d'ufficio- e -omissione o rifiuto d'atti d'ufficio-. Ieri sera la giunta si è riunita ed ha discusso questo nuovo imprevisto, ovviamente poco gradito, anche perché arriva proprio alla vigilia della campagna elettorale per le consultazioni politiche ed europee che. per conto loro, creeranno già tanti problemi. L'assessore Santini ha spiegato ai propri colleghi gli aspetti tecnici della comunicazione giudiziaria ed è stato scelto un collegio di difesa formato dagli avvocati Mittone e Masselli. Dopo l'incontro non ci sono state dichiarazioni. Infatti, affidato l'incarico a legali di fiducia, sindaco ed assessori dovranno concordare con loro la linea difensiva. Qualche indicazione in merito, tuttavia, c'è stata. Il teatrino di vìa Santa Teresa 10 — affermano i tecnici — praticamente non si poteva abbattere, poiché la demolizione avrebbe arrecato gravi danni a tutto il palazzo sovrastante. La legge Bucalossi sull'edilizia prevede o la «totale difformità» dal progetto o quella «parziale». Nel primo caso il teatro doveva essere demolito. Ed il pretore, nella sentenza del 10 novembre '77, parlò di «totale difformità». Successivamente, però, il tribunale (8 maggio 78) aveva assolto Agui. affermando, in sintesi, che per le varianti della Bomboniera non era neppure necessaria una licenza. La giunta, nella riunione dell'll settembre '78. aveva scelto la strada intermedia fra pretura e tribunale: aveva fatto pagare ad Agui una multa, fissata, nell'importo, dall'Ufficio tecnico erariale ed aveva consentito l'apertura della Bomboniera. Ora, inviando le comunicazioni giudiziarie, il pretore Palmisano pare abbia dimenticato la sentenza del tribunale. Di qui lo stupore della giunta. Anche perché nella comunicazione giudiziaria, l'accusa rivolta a sindaco ed assessori è di non aver provveduto alla demolizione, mentre lo stesso pretore, nella sentenza del novembre '77, afferma: -La demolizione delle opere abusive non è possibile, in quanto, essendo state demolite le vecchie strutture, l'eliminazione delle nuove determinerebbe il crollo dell'intero edificio a sei piani-. C'è poi un ulteriore aspetto rilevato a Palazzo civico. Il Comune è certamente vincolato alla decisione della magistratura, quando la sentenza sia definitiva, unicamente per i fatti accertati, ma dovrebbe essere libero di attribuire loro una interpretazione («qualificazione giuridi- ca-> anche diversa da quella in dicata dal giudice. In altre parole, quale deve es sere il rapporto fra istituzioni e giudici? Il ragionamento espresso a Palazzo civico può essere questo: rispettiamo l'autonomia dei magistrati, ma anche da parte loro deve esserci un analo go rispetto. Di fronte alla sentenza del tribunale — è la conclusione — che in seconda istanza ha assolto Agui, la civica amministrazione ha agito addirittura in termini più rigorosi, facendogli pagare una multa di 35 milioni per opere parzialmente difformi, quando gli stessi giudici d'appello avevano ritenuto non vi fossero illeciti.