STORIE DI BESTIE SULL'ALTOPIANO

STORIE DI BESTIE SULL'ALTOPIANO STORIE DI BESTIE SULL'ALTOPIANO I ghiri vampiri Il fenomeno incominciò nel 1944. quando gli occupanti tedeschi per paura dei partigiani fecero tagliare una grande macchia di bosco ceduo che copriva le pendici verso la pianura, così che lungo la vecchia strada militare apparvero i sassi denudati come fossero le bianche ossa della terra. Gli animali che abitavano quel luogo, per necessità di sopravvivenza, si spostarono anche loro nelle abetaie delle montagne e in quel sottobosco ripresero dimora. Ma fu per poco, perché l'anno dopo, quando finalmente ritornò la pace e la libertà, un funzionario mandato quassù da qualche ufficio di città, ebbe la convinzione che i boschi sarebbero apparsi molto più belli se sotto fossero stati puliti: insomma decise che arbusti e cespugli e ogni altro albero non produttivo come legname da opera, doveva essere levato. La manovalanza disponibile era abbondante e a poco costo, la pressione verso le Amministrazioni per avere un qualsiasi lavoro era tanta poiché erano pochi quelli che avevano i soldi per emigrare in Canada o in Australia. Così con squadre di operai muniti di scuri, seghe e roncole si diede mano a questo progetto di ristrutturazione forestale: e in particolare lungo le strade e nei luoghi più visitabili da politici o turisti. Nel giro di un paio di stagioni questi boschi apparvero belli e lindi come parchi, e gli abeti diritti come candele mostravano delle crescite annuali davvero eccezionali; e poi camminare sotto sul muschio alto e soffice era come sentirsi dentro una misteriosa cattedrale gotica. Ma qualche vecchio boscaio- 10 scrollava il capo e diceva: «Se in aprile viene una nevicata abbondante e bagnata vedrete quanti schianti! E io in questi boschi-parco non trovavo nemmeno più una dozzina di chiocciole, né mezzo chilo di cantarelli». Dopo un paio d'anni, verso 11 1950. in questi boschi così bene coltivati si incominciarono a notare delle strane e insolite morie: gli abeti più alti e rigogliosi in autunno ingiallivano gli aghi e nell'estate successiva rinsecchivano in piedi restando come scheletri. All'abbattimento il legno del tronco non manifestava nessuna malattia da virus o da insetti ma solamente si presentava asciutto, come senza linfa, dissanguato Al primo apparire di questo fenomeno non ci si fece gran caso: sui milioni di alberi la percentuale era bassa; ma l'anno dopo altri abeti rinsecchirono più numerosi e il fatto incominciò a preoccupare, anche perché si notò in altre zone del distretto forestale. Finalmente ci si accorse che tutti gli abeti colpiti da questo essiccamento presentavano una cosa in comune: verso la cima, tra l'ultima e la penultima crescita annuale, avevano una cicatrice anulare più o meno appariscente, ma la ferita era stata tale che non aveva permesso alla linfa di raggiungere l'apice il perché del fenomeno ora si sapeva Ma chi lo cagionava? Il sospetto venne a una anziana guardia forestale che ne parlò a un cacciatore di pelo. Così questi due una sera di giugno, muniti di una buona torcia elettrica, camminarono da soli in una valle dove il bosco appariva più colpito. Si nascosero in una vecchia trincea della grande guerra e aspettarono in silenzio A un certo momento della notte incominciarono a sentire sugli alberi degli strani rumori: un leggero frusciare di rami, qualche squittio sottile e poi un continuo e sommesso rosicchiare. A questo punto accesero la torcia puntandola in alto e così poterono vedere decine e decine di ghiri che sui cimali, dopo avere rosicchiato tutt'intorno la corteccia, come vampiri lambivano e succhiavano la linfa degli abeti. Visti gli effetti e trovata la causa ora bisognava cercare il rimedio Vennero fatte riunioni di studio, proposte Si capì che la causa dei danni, che veramente stavano diventando preoccupanti per il patrimonio forestale dei comuni, era stata dapprima il taglio del ceduo voluto dai tedeschi e poi la pulizia del bosco così ostinatamente praticata da quel tale funzionario che nel frattempo era andato in pensione Sì. perché i ghiri che sulle pendici verso la pianura si cibavano di noccioline e bacche, e che nei folti cespugli erano stati contenuti in numero equilibrato dai loro cacciatori naturali: gufi, volpi, martore, una volta privati del loro habitat erano emigrati nei nostri boschi di conifere e qui. sempre seguiti dai loro cacciatori, si erano ambientati nel rigoglioso sottobosco. Ma tagliati poi i cespugli, gli arbusti e gli alberi che non davano legname ecco che gufi, volpi e martore sul terreno denudato non trovavano dove nascondersi e da vivere in tranquillità e lasciarono per altri più selvaggi questi luoghi, belli sì agli occhi degli uomini ma non ai loro. I ghiri non più cacciati dai loro naturali nemici aumentarono progressivamente ma non trovando gli arbusti dalla tenera corteccia, i cespugli con le bacche, nocciole e faggiole ecco che per sopravvivere dovettero rivolgersi agli abeti a cui succhiavano la linfa. Così lungo le strade e le mulattiere dei boschi sempre più numerose erano le cataste di stanghe. Si studiarono le abitudini di questi roditori e si provarono molte maniere per tentare di ridurre l'invasione; si presero contatti con Istituti universitari, si scrisse in Austria, in Francia, in Canada, in Cecoslovacchia per avere consigli e proposte. Certo la cosa era molto semplice a dirsi ma molto difficile da attuare: riportare il bosco allo stato primitivo e nel frattempo contenere o. meglio, diminuire, lo sviluppo del ghiro. Nelle zone più infestate vennero liberati molti gatti, ma non servì perché dopo non molto tempo i gatti sparirono; qualcuno suggerì di catturare alcuni ghiri, inocularli con il virus della rabbia e liberarli quindi tra i loro compagni.' Troppo pericoloso. La direzione della riserva alpina di caccia fece catturare alcune martore che poi vennero liberate nella zona più colpita, ma anche questo servì a poco. Un esperto in esche preparò un vassoio con vari cibi per vedere quale era il più appetibile a loro per poi. saputo questo, preparare altri vassoi alla stricnina; ma pochi ne vennero adescati e quel mattino stesso le cornacchie divorarono tutto Venne un giorno un professore, girò per i boschi, guardò, disse: «Il ghiro è un roditore che in autunno va in letargo e lì riman' ino in primavera. Ecco, se v i pr-ndete delle damigiane spagliate e le interrate nel bosco ' i xiando scoperta la bocca, vedrete che i ghiri entreranno dentro per il letargo ma in primavera non potranno più uscire perché le pareti di vetro non lo permetteranno». Vennero allora autocarri di damigiane che in quell'autunno, a centinaia, furono sepolte nei boschi. E si aspettò la primavera. Quando il canto del cuculo risvegliò il bosco e fece sciogliere la neve anche nei luoghi più ombrosi, si incominciò l'esame delle damigiane. Ebbene, nemmeno un ghiro si trovò dentro:' nemmeno un piccolo ghiro: e un vecchio ignorante che girava a far legna rise di gusto perché aveva detto a quel tale professore: «Ma signor, con tutti i buchi che ci sono per terra lei crede proprio che entrino nelle damigiane?». Insomma per la lotta ai ghiri e per cercare di contenere i gravissimi danni si dovettero organizzare dei gruppi formati ognuno da un cacciatore esperto e due ragazzi. I ragazzi frugavano con una pertica nei nidi dei corvi e degli altri animali arborei, dove i ghiri passavano la giornata dormendo e così questi stuzzicati e infastiditi balzavano fuori: al balzo il cacciatore sparava. Alla sera i ghiri uccisi venivano portati al comando forestale che per ogni coda pagava un compenso stabilito con delibera dal consiglio comunale. Il capitolo di spesa «Lotta al ghiro» è ancora segnato nei nostri bilanci; ma ora che una generazione è passata si notano meno danni, anche perché nei boschi sta ritornando la vegetazione spontanea e con questa gli animali cacciatori di ghiri. Mario Rigoni Stern

Persone citate: Mario Rigoni Stern

Luoghi citati: Australia, Austria, Canada, Cecoslovacchia, Francia