Anche la nostalgia viaggia sul treno di Nerino Rossi

Anche la nostalgia viaggia sul treno AMORI E RICORDI FERROVIARI Anche la nostalgia viaggia sul treno Si domandò perché i giovani non Io amavano. Lui Io aveva amato fin da fanciullo, prima ancora di salirvi sopra, perclr* sapeva che andava in giro per il mondo Perché gli portava giù dai monti la prima neve, quella alta da affondarci un braccio o quella poco più di un velo, che lui chiamava la cipria del treno Poi sul treno c'era stato, quasi ogni giorno, per anni. Si può dire. anzi, che in treno fosse invecchiato. E i diversi odori delle sue diverse età avevano coinciso con i diversi odori delle diverse età dei treni. Ma quello che non aveva più dimenticato era il primo: un odore misto di fumo, di pane, di valigie, di grigioverde, di brillantine. Allora il treno lo amavano tutti Lo si capiva da come i viaggiatori si comportavano. Era come se tutti cercassero la sua complicità, per sognare, per confidarsi, per narrare, per innamorarsi. E infatti lì era nato il suo primo amore Era il tempo in cui le mogli dei capistazione tenevano sui davanzali le vecchie pignatte coi garofani, e gli scossoni del treno erano così frequenti e forti che i corpi ondeggiavano tutti alla stessa maniera come su di una carrozza a cavalli. Era stata una strana ironia disegnata intorno alla bocca di quella ragazza a sfidare la sua timidezza, a provocarlo a lungo Ma era stato il treno, proprio lui. a dargli la forza necessaria a colmare la grande distanza, che c'è sempre, fra la silenziosa iniziativa della giovane femmina e la tumultuosa paralisi del maschio adolescente Si era fatto allora intraprendente con una frase che non aveva più scordato: «Tu lo sai come si fa a distinguere le nuvole del cielo da quelle che il treno si porta dietro?» «Me lo stavo proprio chiedendo» aveva risposto lei, sfrontata, ma con i pomelli del viso accesi di verginità. E il discorso non si era più arrestato. Anzi i due erano stati bravissimi ad offrirsi reciprocamente gli occhi dopo averli riempiti di cielo nella ricerca delle nuvole. Fu un primo amore goduto coi libri della scuola passati dai finestrini per sfiorare una mano, con le albe fatte proprie in piedi nel corridoio, con le pa- role d'amore tenute in serbo un intero giorno per spenderle, la sera al ritorno, nella penombra lasciata dalla luce blu Dopo alcune settimane quell'amore gli era sembrato tanto grande che lui aveva cercato di viverlo anche a viaggio compiuto Ma ai loro incontri agli angoli delle strade o nella piccola latteria sul viale dei platani era mancata quell'indefinibile eccitazione che dà il trovarsi su di un treno, eguagliata soltanto, nella sua fantasia, da una corsa nel vento Di lì a poco lui la lasciò Una sera salirono sulla stessa vettura, ma dopo essersi salutati per l'ultima volta nella sala d'attesa appena illuminata da un globo di luce. E gli occhi di lui erano cqsi diversi da sempre che notarono perfino che la ragazza indossava un abituccio rimediato Lo stesso andirivieni sul treno, fra paese e città, era continuato fino al giorno del diploma per poi riprendere, di lì a poco, a primo impiego ottenuto Era seguito un secondo lavoro, quello definitivo Un breve matrimonio non gli aveva detto niente e non gli aveva lasciato ricordi all'infuori di due o tre sventolìi di un braccio dal balcone di casa, che lui aveva ricambiato mentre già volgeva gli occhi verso la stazione Il giorno dopo ch'era rimasto vedovo si era riseduto sugli stessi sedili. La casa — due stanze e un cucinino con l'odore dei fagioli, la stessa sveglia da ragazzo con la sonagliera tutta fuori sul comodino — gli era sembrata sempre più estranea col passare degli anni La vita in casa era diventata da tempo una successione di atti abitudinari, tutti piuttosto avvilenti, a cominciare da quello di spegnersi la luce alle spalle, per risparmiare Né il luogo di lavoro -- tre persone chine sui registri tutto il giorno - gli conciliava quei sogni e quei pensieri stravaganti che solo i due viaggi quotidiani riuscivano a procurargli E' vero che il treno, adesso, era sempre più affollato di gente indifferente e stanca, che si lamentava per le levatacce. che non parlava più di sé ma degli altri, che domandava ogni giorno qualcosa alla vita Lui. invece, era rimasto con le sensazioni di sempre e spesso si domandava come fosse possibile che quei giovani non sapessero guardarsi, né riempirsi del mondo che avevano tutt'intorno e che pure scorreva davanti a loro come una pellicola sempre nuova. Possibile che non avessero mai notato che una cosa bella del treno è che fa vedere la parte di dietro delle case, dove la gente che si affaccia sembra sempre che ti voglia affidare un desiderio. Possibile che quei ragazzi non si interessassero a nulla di ciò che vedevano mentre lui. vedovo senza lussurie, non aveva ancora dimenticato che niente da giovane lo turbava più di una donna alla finestra vista dal treno ★ ★ Quella mattina si stava dunque domandando perché era rimasto solo lui ad amare il treno. Il nuovo giorno stava mettendo il primo bianco nel cielo. Dal finestrino vide un verificatore poggiare a terra il suo lume ancora acceso e darsi delle grandi manate fin sulle spalle per togliersi di dosso il freddo della notte «Mi sono sempre chiesta" disse una donna in piedi alle sue spalle «se è giusto che ci siano dei ferrovieri che non sono mai saliti sii di un treno". I freni si controllano da terra, rispose lui. — Sono come gli avieri che non volano mai: secondo me è un delitto. La donna non aveva l'aria di scherzare. Ma si vedeva che parlava più con le iperboli dei fanciulli che con le insofferenze dei vecchi. L'uomo si rivolse infatti a lei come ad una fanciulla: — Piace anche a lei. vero? — Che cosa, il treno? — Proprio il treno Ma lei è un'indovina, fece l'uomo battendo le palme un po' per applaudirla e un po' per trasmetterle la sua soddisfazione. — Sono semplicemente una viaggiatrice. — Per forza o per amore? Alla donna piacque la domanda infantile, tanto che do- vette premere una mano sulla bocca per non fare vedere il sorriso Lui pensò che probabilmente non aveva neppure cinquant'anni. Notò però che teneva le gambe serrate come solo le diciottenni tengono, quasi a difesa di un grembo inviolato Dal paltò sbottonato usciva in parte, negligentemente confuso alla sciarpa, un colletto bianco rotondo come di scolara. Una maestra?, giocò ad indovinare l'uomo Alle maestre spesso resta appiccicata la giovinezza dei loro ragazzi La donna distolse gli occhi puntandoli oltre il finestrino Anche lei ama guardare fuori, signora? chiese l'uomo. — Signorina, rispose la donna che. senza muovere lo sguardo, aggiunse: «Mi piace tenermi l'alba tutta per me". — Da quanto tempo viaggia su questo treno? venne istintiva all'uomo la domanda. — E' la mia casa, da sempre. L'uomo non nascose la strana emozione che aveva avvertito a quelle parole e accavallò le gambe come per invitare la viaggiatrice a raccontare la sua favola — Ci vivo tutti i giorni prese a narrare la donna - dal tenipo in cui andavo a scuola. Lui non potè non interromperla: «Anch'io da allora». «E com'è possibile che non ci siamo mai incontrati?» Rifletté un attimo e completò: «Forse le nostre stazioni sono diverse» — Anche per questo il treno è bello, rispose la donna — E misterioso, aggiunse l'uomo. — £ invadente, disse la donna mostrandogli i passeri che. tutti allineati sul filo della luce al centro dei pali fino a un momento prima, erano saettati nel cielo quando il treno aveva preso a muoversi dopo una breve sosta. — La colpa è loro: avevano voluto scoprire i nostri misteri, disse l'uomo, carezzevole. — Se è per questo, anche il treno è curioso: passa dietro le case come uno che voglia guardarci dentro. L'uomo riuscì a dominare lo stupore ma non il brivido che l'aveva preso a sentire quel- l'immagine che gli apparteneva Disse soltanto: «Siamo noi due soli: per questo lo scompartimento è freddo» Poi. mettendo avanti il busto: «E' come se avessimo trascorso insieme la nostra vita, signorina. Stiamo stati nella stessa casa e abbiamo gli stessi pensieri» La donna abbassò il mento, come a riflettere se doveva proprio dire quello che aveva in animo Ma subito lo rialzò risoluta: aveva deciso di no. L'uomo capì l'esitazione e provò ad indagare. Che fosse abituata a viaggiare non c'era dubbio: aveva i movimenti pigri e parlava rapidamente. — Le piaceva di più viaggiare quando i treni erano diversi? le chiese l'uomo — Sì. mi piaceva di più ai tempi dei treni a vapore, disse, soddisfatta di averlo detto. — Quando era difficile distinguere le nuvole del cielo da quelle che il treno si portava dietro? le domandò l'uomo fissandola. — Forse sì. rispose lei. sorridente ma non misteriosa. L'uomo si coprì gli occhi, cercò di trascrivere dalla memoria altre frasi. Ma non le ricordò. Stettero tutt'e due silenziosi, a lungo Lui ripensò alla sua vita di solitario trascorsa fra le tre scrivanie dell'ufficio e i tre usci tutti in fila della casa, con quell'arazzo scolorito nell'ingresso raffigurante una caccia alla tigre, sempre più irridente. Sfiorò appena con uno sguardo la donna e riandò col pensiero alla vecchia latteria sul viale dei platani, ma ne ricordò soltanto gli zoccoli di finto marmo screpolato. Gli sfuggì allora una banalità sui suoi capelli tutti grigi, che lei gli rinfacciò usando i modi propri delle donne per rimproverare agli uomini le civetterie fuori posto. Poi la viaggiatrice si rimise in ordine il vestito sotto il paltò rimanendo con la mano premuta sul bavero come a chiudere il discorso. Quando scesero dal treno, l'uomo propose alla donna di accompagnarla, ma lei fu pronta. «Alla stazione ci si deve lasciare" disse. «Altrimenti il mistero del treno finisce ". Lui rimase senza parola e si arrestò un momento La donna non lo attese. Davanti a lui. forse involontariamente prese a camminare ancheggiando. All'uomo sembrò di ricordare quel movimento Poi la donna si fermò. lui allora rallentò e le guardò le anche, a lungo, dolcemente, cercando di scoprirvi un antico profilo Non è possibile, si disse come risvegliandosi E cercò in tasca la moneta per il caffelatte e un savoiardo. Nerino Rossi