Ultimo affannoso sprint degli aspiranti ministri

Ultimo affannoso sprint degli aspiranti ministri Girandola di nomi, trattative «segrete», gomitate Ultimo affannoso sprint degli aspiranti ministri ROMA — Domani Giulio Andreotti vestito impeccabilmente di blu (come sempre del resto) salirà al Quirinale da Sandro Pertini: -Signor Presidente, le porto il governo pasquale». E' solo una delle tante battute che circolano negli ambienti del Palazzo a proposito dell'ultima fatica di Giulio IV (gli altri tre furono papi). E giacclié si parla di fatica, va detto che questa non consiste tanto nell'escogitare una compagine per il salto agli ostacoli dell'attuale situazione, quanto nel fare dell'ingegneria politica per la spartizione affannosa di poltrone ministeriali o da sottosegretario: «La difficoltà — avrebbe confessato Andreotti a un amico — non è fare un governo, è piuttosto respingere gli aspiranti governanti». // faccui?io del presidente del Consiglio incaricato è un campo di battaglia di nomi: cancellati, riscritti, spostati qua e là, in rapida successione, mentre le linee telefoniche dei partiti, dei ministri in carica e degli aspiranti a succedervi appaiono sovraccariche. Secondo certe indiscrezioni, a muovere le fila di tutto sarebbe Franco Evangelisti, eterno braccio destro di Andreotti. Nella sua cantina, fra bottiglie di Frascati, avrebbe allestito una tavola rotonda. Su questa, a tno' di tappeto da roulette, sono dislocati i l'ari ministeri e sottosegretariati: delle fiches di diverso colore con i nomi dei candidati vengono collocate, tolte o spostate su e giù a seconda di suggerimenti, pressioni, raccomandazioni e opportunità cromatiche. Un famoso campione di scacchi, di cui non si fa il nome, seduto in atteggiamento da pensatore di Rodin, lo aiuta a districarsi dal gran numero di mosse. Qualcuno dirà: ma si tratta di un ministero pasquale, a responsabilità limitata, che vivrà poche settimane: chi volete che vi si addentri rischiando una bruciatura? Non è cosi: dietro le quinte c'è un corpo a corpo, a colpi di gomito, fatti in là fatti in là die mi ci metto io. Come una famosa battuta di De Gasperi. Gli chiesero perché non appena entrava nel suo ufficio un altro notabile de si precipitava a sedersi sulla poltrona: «Se lascio la sedia un solo momento, quello ne approfitta per sedercisi lui», rispose. Come mai, dunque, c'è questa ressa per approdare di forza ad una così precaria compagine governativa? La risposta è che hanno fatto tesoro della teoria andreottiana secondo cui «il potere logora chi non ce l'ha». Le aspiranti eccellenze (anche se questo titolo formalmente è abolito) ragionano cosi: meglio un giorno da ministro che cento da deputato. Non solo per una legittima aspirazione «( potere, ma anche per i vantaggi che ne traggono indirettamente. Intanto, fare il ministro, sia pure per un solo giorno, è una specie di consacrazione da scriversi nel proprio curriculum: un ex ministro ha la quotazione di sette deputati. Un sottosegretario anche per sole ventiquattro ore si assicura un'opzione per un prossimo ministero, dato die è quasi un passaggio obbligato. Poi ci sono gli aspetti economici. Un sottosegretario, secondo le norme dell'amministrazione statale, automaticamente diventa un alto funzionario dello Stato, con diritto a una pensione pari a quella di direttore generale, il che, nel caso di futuro fallimento elettorale, equivale a procurarsi una tranquilla vecchiaia. Inutile sbirciare nel caleidoscopio dei nomi die vanno, vengono, rimbalzano, del fortunato die resta e di chi fa fagotto. Stammati era presidente della Banca Com¬ merciale, godeva fama di genio della finanza, lo piazzarono al dicastero del Tesoro. Nel ministero successivo venne sbarcato ai Lavori Pubblici. Adesso sembra lo si voglia lasciare fuori. A un ministro o a un sottosegretario può apririsi la strada della presidenza di qualche importante holding statale: se non fa bizze, gli scambiano la poltrona con quella, per esempio, della Finmeccanica o della Montedison. E può anche convenirgli. C'è ovviamente l'eccezione che conferma la regola: il senatore Signorelli, come un enfant prodige, venne elevato a ministro dello Spettacolo saltando il purgatorio del sottosegretariato. Poi, sciolta quella compagine governativa, eccolo relegato a segretario del comitato romano della de. E ora non è nemmeno più quello, essendosi dimesso. Ma è un caso atipico. Di solito, la poltroma di ininistro è sempre un deciswo balzo in avanti. Tale da giustificare, come si dice in termini calcistici, gomitate e calci negli stinchi. Tanto non c'è un arbitro a fischiare il rigore. Lamberto Antonelli

Luoghi citati: Frascati, Roma