Le « sfide » di Craxi di Alfredo Venturi

Le « sfide » di Craxi Dalla vittoria del Midas al timore di elezioni anticipate Le «sfide» di Craxi Eletto segretario nel '76, dominatore incontrastato al congresso di Torino, il segretario del partito socialista ha pagato spesso le sue scelte con l'isolamento, da cui è però sempre uscito Lo hanno chiamato il Mitterrand della Bovisa. Ma anche 1'Amin bianco. O più semplicemente B.C.: le sue iniziali ma anche (Before Chrisl) la sigla di un fumetto preistorico. Quelli poi che contestano il suo personale successo alle elezioni presidenziali dell'anno scorso, lo hanno ribattezzato Pierino Craxi. Lui. il Bettino come l'hanno sempre chiamato i socialisti milanesi, sembra travolgere i nomignoli, e tutto il resto, con la notevole stazza fisica. E soprattutto con un'accurata amministrazione dello strepitoso successo raggiunto al congresso di Torino, dove il segretario si trovò sorretto dalla maggioranza senza precedenti dei quattro quinti del partito. In realtà, il lancio nazionale della grossa figura di Craxi ha una data di quasi due anni precedente il congresso di Torino. La data è: Roma, luglio 1976.1 dirigenti del partito socialista sono riuniti all'albergo Midas. che ripete il nome del mitico re frigio passato agli onori della leggenda per la singolare capacità di tramutare in oro tutto quello che gli passava fra le mani. Un tocco simile sarebbe proprio quel che ci vuole, per il partito socialista uscito cosi malconcio dalle elezioni del 20 giugno. Una disfatta cocente: il glorioso psi che nel '46 aveva avuto più di un quinto dei voti è crollato sotto la soglia del dieci per cento. Il segretario Francesco De Martino è chiamato a rispondere della sconfitta: era stato proprio lui a provocare la crisi sei mesi prima, a volere le elezioni anticipate. Al Midas. Craxi esce prepotente allo scoperto. Sulla carta è il più debole, la sua1 corrente autonomista non controlla che il 15 per cento del partito: meno di Manca con i suoi ex demartiniani, meno di Lombardi con la sua sinistra, meno dei manciniani. Ma tutti i capi tradizionali sono più o meno compromessi con la desolante avventura elettorale, o lo sono stati con il centro-sinistra. Lui. il delfino milanese di Nenni. riesce a lanciare una linea che mette d'accordo autonomisti e lombardiani: abbiamo perduto, dice, per aver tenuto i piedi in due staffe, la democristiana e il partito comunista. Si tratta ora di rifiutarle entrambe. No alle superstiti tentazioni del centro-siniT. stra, confronto con il pei in vista di un riequilibrio delle forze fra i due partiti della sinistra. In altre parole, si tratta di superare il centro sinistra su basi rigorosamente autonomistiche, e su queste stesse basi costruire l'«alternativa» cara a Lombardi. E' la vittoria, Craxi esce dal Midas segretario, sono poste le basi di una alleanza che pareva incredibile: Craxi-Lombardi-Aniasi-Signorile-Giolitti. Soluzione d'attesa C'è chi pensa ad una soluzione provvisoria, in attesa, di approfonditi chiarimenti. Ma il Bettino guarda lontano. E' paradossalmente forte della grave sconfitta elettorale di giugno: un argomento irresistibile, che impone qualcosa di simile ad una «rifondazione» del partito. L'operazione è vistosamente targata Milano. Culla dell'autonomismo, come già a suo tempo del riformismo turatiano, il socialismo milanese esprime oggi la nuova esigenza di esaltare l'identità occidentale del partito, di rinvigorirne le radici europee. Nei circoli socialisti della città, il De Amicis, il Turati, il Mondolfo. si avvicendano gli intellettuali dell'«area» e gli ospiti stranieri: Mitterrand, Martinet, Soares. Nell'autunno del '77, a Trevi in Umbria, il psi formato Craxi elabora la sua carta costituzionale. E' la «bozza di progetto per l'alternativa socialista», subito nota, fin dalla presentazione a Milano nel gennaio del '78, come «progetto socialista». E' il manifesto-programma di un partito che vuol essere moderno, europeo, attento ai diritti civili oltre che agli economici, lontano dai dogmi al punto da parer dissacrante. Si cristallizza attorno a De Martino, e a Michele Achilli, una reazione ostile al progetto. C'è chi parla di «Marx riposto in soffitta». Chi accusa Craxi di salto all'indietro, verso il «protosocialismo utopistico». Chi lo rimprovera di volere annacquare il vino socialista. Chi denuncia la volontà di trasformare un partito di classe in partito d'opinione. Chi minaccia la defezione verso il pei. Craxi tiene duro: il suo progetto sarà in pratica la mozione vincente al congresso di Torino, con oltre l'ottanta per cento dei voti. E dopo Torino, le correnti antagoniste che si sfaldano: resta sola in piedi la piccola minoranza di Achilli. - Il congresso di Torino viene celebrato in una tragica concomitanza. E' l'atroce primavera dell'affare Moro. In una Italia politica che sceglie l'intransigenza, Craxi proclama che ogni tentativo va fatto per salvare il presidente democristiano. Ci sono accuse feroci: tatticismo, demagogia, volontà di esplorare spazi politici lasciati sgombri dal compatto atteggiamento degli altri partiti. I craxiani rispondono: nient'altro che umanitarismo socialista. Tuttavia, mai come ora il partito è apparso isolato. Eppure, le elezioni parziali del maggio danno più voti ai socialisti. Il dato non sarà confermato dalla successiva tornata del giugno (Trieste. Valle d'Aosta): ma Craxi lo considera sufficiente per attaccare a fondo, nell'estate, quando si tratta di trovare un successore al presidente Leone. Questo successore, Craxi lo vuole socialista. Nel suo «diario di un grande elettore», Enzo Bettiza descrive il Bettino «teso, ringhiarne, deciso a giocare tutto per tutto». Le cronache di quei giorni a Montecitorio sono le cronache di un aspro duello a distanza fra il segretario socialista e La Malfa. Craxi non riesce a portare al Quirinale Vassalli (il preferito fra ì «suoi» candidati), ma l'obbiettivo di fondo è raggiunto, un socialista alla presidenza della Repubblica. Ancora una volta, 11 prez-' zo è l'isolamento. Bettiza: «Oggi Craxi è l'uomo più odiato dai comunisti. Più detestato dai reputfblicani. Più osteggiato dai de nocristiani». Ma il Bettino guarda già ad altre scadenze. E' In vista l'elezione diretta del Parlamento europeo, che si vuole l'occasione di un psi definitivamente consacrato come «sezione italiana dell'eurosocialismo». Craxi reintroduce il garofano rosso nell'iconografia socialista, cosi si-' mile alla rose au poing dei< francesi di Mitterrand. E attacca a fondo il marxismo nella versione leninista. Già dal leninismo si son prese le distanze nel progetto socialista, ma ora Craxi porta la polemica in piazza, e sulle colonne dell'Espresso. Lo scontro con i comunisti si fa aspro. Torreggiante sul palco di un comizio a Verona, il segretario sceglie l'ironia: «Qualcuno potrebbe anche chiedere a Berlinguer: scusi, lei è leninista in che senso?». Arriva la crisi Poi arriva la crisi, e il calendario delle scadenze elettorali (1979: l'Europa; 1980: le Regioni; 1981: il Parlamento nazionale) è improvvisamente sconvolto. Craxi cerca fin che può di evitare le elezioni anticipate. «Non perché le temiamo», avverte, con un'insistenza che a molti appare sospetta. Certo il riequilibrio nella sinistra, che il voto europeo avrebbe indubbiamente favorito, è adesso più difficile. Di fronte alla prospettiva dei comizi, i lombardiani mordono il freno. C'è chi dice che i comunisti approfitteranno della campagna elettorale per frenare Craxi e la sua spinta autonomistica. Ma il Bettino verosimilmente confida nell'effetto trascinatore della propria inerzia, che come si sa è proporzionale alla massa, in questo caso piuttosto ragguardevole. Alfredo Venturi Craxi ha aperto ieri a Milano la campagna elettorale europea