Seveso, una nube carica di accuse di Alfredo Venturi

Seveso, una nube carica di accuse IL GROVIGLIO DI AZIONI GIUDIZIARIE Seveso, una nube carica di accuse DAL NOSTRO INVIATO SEVESO - Ormai è tutto un incrociarsi d'iniziative giudiziarie. C'è • un processo che pende al tribunale di Monza, un altro in fase di laboriosa istruzione presso la magistratura ginevrina. E se a Monza e a Ginevra si parlerà della nube maledetta del 1. luglio 76. e saranno chiamate in causa le responsabilità della Givaudan, la società svizzera proprietaria della venefica Icmesa, eventi e responsabilità posteriori sono al centro di altre azioni giudiziarie. E' già partita dal comitato scientifico tecnico popolare di Seveso la denuncia contro Antonio Spallino, commissario straordinario per la zona diossinata. ed Elio Zambrelli, medico provinciale. Gravissime le accuse: omissione d'atti d'ufficio, omissione di soccorso. Sarà un processo alla «minimizzazione», dice l'avvocato Borasi, uno dei legali del comitato di Seveso. Spallino e Zambrelli dovranno rispondere per avere, presentando un quadro volutamente sottostimato delle conseguenze della diossina, impedito alla popolazione di prendere le necessarie precauzioni. A sua volta. Spallino annuncia querele per «diffusione di notizie senza fondamento». Ma già qualcuno del suo entourage si lascia andare a significative ammissioni: «Bisogna decidersi a dire la verità». Dunque la verità, finora, non è stata detta? Il pomo di questa discordia rivela subito il dramma autentico che sta dietro le imminenti battaglie giuridiche. Non di astratta discussione sui principi si tratta, ma della gestione concreta di una crisi che riguarda personalmente migliaia di persone. La verità contestata è di quelle che non dovrebbero conoscere contestazioni: si tratta di cifre, di rilievi statistici. Una popolazione tenuta sotto controllo dopo quel tragico 1. luglio, alcune migliaia di bambini venuti alla luce, altre gravidanze interrotte da aborti spontanei. L'ufficio speciale per Seveso rende noti i dati quantitativi: ammette che ci sono si aborti naturali, ci sono sì nascite di bambini malformati, ma le cifre non sono poi cosi discoste dalle medie nazionali. Insorge un esperto di chiara fama. Francesco Dambrosio, ginecologo alla clinica milanese Mangiagalli. Non soltanto quelle cifre, già così come vengono presentate, non sono affatto normali (bisogna infatti confrontarle non con le statistiche nazionali, ma con quelle locali, evidentemente omogenee con 10 specifico campione di Seveso e dintorni): c'è di più, quelle cifre sono inferiori al reale. Errore? No, omissione: l'accusa di Dambrosio è precisa, ancora una volta si è voluto minimizzare. Non cinquantatrè malformazioni fra i bambini nati nel '78: ma circa tre volte tante. E inoltre, dice 11 ginecologo della Mangiagalli. malformazioni con caratteristiche diverse da quelle normalmente riscontrate. Gli studi in questa materia mostrano che il tipo più ricorrente di malformazione neonatale riguarda il cuore: a Seveso sono invece al primo posto le malformazioni all'apparato locomotorio, al secondo le affezioni alla pelle, e le cardiopatie soltanto al terzo posto. E' intuitivo che un simile rovesciamento delle; priorità statistiche non può che essere dovuto ad una condizione sistematica, e tipicamente locale. La diossina, evidentemente. E allora, chiede Dambrosio, perché mai già un anno fa l'ufficio speciale di Seveso ha cessato di consigliare la contraccezione? Altre accuse dello scienziato milanese: di fronte ad un'alta incidenza degli aborti spontanei, non si è disposto per indagini sistematiche sui feti, così non sapremo mai, se non per via intuitiva, il motivo per cui dalle parti di Seveso questo genere d'interruzione delle gravidanze ha raggiunto medie così elevate, fino ad un quinto-un quarto rispetto ai nati. C'è ancora una considerazione da fare: le cifre sugli aborti naturali vanno lette tenendo presente che, prima dell'entrata in vigore della legge sull'interruzione della gravidanza, molti aboni volontari passavano per spontanei, perché la donna si faceva ricoverare in ospedale per risolvere le frequenti complicazioni dell'intervento clandestino. Relativamente liberalizzato l'aborto, le cifre delle interruzioni naturali dovevano quindi calare, ciò che a Seveso non è stato. Come si vede, la questione è legata sia all'interpretazio¬ ne delle cifre, sia alla loro attendibilità. Da una parte l'ufficio speciale: cifre relativamente contenute, interpretazione ottimistica. Dall'altra il comitato scientifico tecnico popolare: cifre vistosamente corrette verso l'alto, interpretazione allarmata. E dietro al comitato l'avallo scientifico di un ricercatore come Dambrosio. Frattanto il caso si allarga, assume sempre più i contorni dello scandalo, arriva ad investire gli stessi equilibri politici alla Regione Lombardia. Eccoci a Seveso a cercar di capire le ragioni di questa vi.cenda amara. La gente qui. come sempre, non ama parlare di queste cose, ma la tensione è palpabile, l'incertezza anche. La minimizzazione, dice qualcuno, ha una storia ormai lunga. Tutto da queste parti è stato sottostimato. La diffusione della diossina, ad esempio. La tragica nube fu portata dal vento verso Sud: ma le recinzioni delle varie zone seguono una linea spezzata che non sembra proprio disegnata dai capricci del vento. Ecco lo steccato che fa un'ansa, non perché ci sia un'altura che deviando il vento abbia deviato la diossina, ma semplicemente per non includere nella zona da sgomberare un gruppo di case popolari. Così dicono al comitato, e aggiungono: si cominciò a minimizzare subito, quando si trattò di decidere se le gra¬ vidanze andassero o no interrotte. Erano i tempi delle grandi polemiche sull'aborto, e la posizione negativa aveva un seguito naturale in questa regione cattolica e conservatrice. Ma questa gente, oltre che cattolica e conservatrice, è anche di solido buon senso: e così si dovette ricorrere alla minimizzazione. Proprio per contrastare la manovra nacque il comitato, allora animato da una figura come quella di Giulio Maccacaro. «Si volle, dice l'avvocato Borasi, diminuire la reattività psicologica della popolazione». Coloro che non erano d'accordo con questa linea, non furono forse allontanati dagli organismi che affrontavano il problema Seveso? Non furono forse nascoste le informazioni sulle gravi conseguenze sanitarie cui andarono incontro i lavoratori della bonifica? Non si organizzano forse manifestazioni per la ripresa delle coltivazioni nelle zone contaminate? Queste le accuse, e molte altre, al centro di uno scontro che non è soltanto giuridico, né soltanto politico, ma che è soprattutto civile. E' in discussione il rapporto fra un disastro certo gravissimo, certo senza precedenti, e una gestione straordinaria che molti considerano altrettanto disastrosa. Qui a Seveso qualcuno parla, con ironia profondamente amara, della «diossina trattata con Valium». Alfredo Venturi