Il musical portato sullo schermo da Forman inaugurerà Cannes

Il musical portato sullo schermo da Forman inaugurerà Cannes «Accademia Ackerman» al Gobetti, «L'adulatore» al Carignano Una scuola per attori hitleriani e Goldoni contro la corruzione TORINO — Due prime in concomitanza, l'altra sera, ospitate entrambe dal nostro Stabile, in vena questa settimana di particolare opulenza. Debutto al Gobetti dello spettacolo di maggior successo di pubblico e critica all'ultimo Festival di Spoleto: Accademia Ackermann, presentato dal romano Teatro della Comunità, per la regia di Giancarlo Sepe. Il lavoro trae spunto dalla scuola di recitazione fondata nel '38 da Lily Ackermann su direttiva di Goebbels per formare attori di rigida tempra nazista. Al saggio di fine anno la fondatrice, il direttore, gli allievi mostrano ad un gerarca come ha da essere un perfetto attore hitleriano: rievocano la corruzione di Weimar, purificata dalle prime SS: e, infine, interpretano una sintesi del Macbeth, rigenerando anche Shakespeare, scrittore «pericoloso- a detta del Fùhrer. I tre momenti dello spettacolo corrispondono a tre diverse cifre stilistiche. La presentazione di quella fanatica comunità, rapata a zero o infagottata in scure gonnelle, è svolta nei modi di un lucido iperrealismo: volti che affiorano da una sfilata di camerini, mani protese nel buio, giri di danza presto interrotti. La rievocazione di Weimar è sul registro di un espressionismo rivisitatoperiodicamente:Toller, i songs del primo Brecht, Fritz Lang, il cabaret, il musical sono felicemente mescolati con acre sarcasmo. C'è poi la recita di grado terzo, cioè il saggio shakespeariano: e quii simboli un poco si infoltiscono, le allusioni (al Macbeth di Eisenstein, ad esempio) sono persin troppo raffinate. Ma, nell'insieme, lo spettacolo è di alta classe. Oltreché molto colto, Sepe si dimostra uno sperimentatore di raggiunta maturità espressiva, all'insegna di una severa eleganza. Determinante, e anch'essa squisita per nettezza di segno, la componente scenografica (un tetro, specchiante cubo nero di Uberto Bertacca); avvolgente, nella sua fitta tessitura, la partitura musicale di Stefano Marcucci; di intensa espressività la recitazione degli attori. ★ * Di notevole interesse, in tutt'altro contesto, ovviamente, e sotto un diverso angolo visuale, è l'allestimento dell'Adulatore di Goldoni, presentato al Carignano dallo Stabile di Bolzano, per la regia di Augusto Zucchi. E' commedia della fatidica stagione '50-'51: e delle sedici sfornate in quell'anno di grazia è quella che ebbe probabilmente il più «moderato concorso-. Un tempo bastava questo dato di fatto perché la gente di teatro volgesse le spalle ad un copione. Oggi ci siamo fatti altrimenti accorti: andiamo a frugare curiosi nel Goldoni cosiddetto minore: e riscopriamo commedie come questa, non tutta bella forse, ma di singolare vigore polemico. L'obiettivo di Goldoni è qui l'aristocrazia di governo, ritratta in una Gaeta né tanto lontana né tanto immaginaria da non rifrangersi nella Venezia dogale. Alla piccola corte di un governatore gaglioffo regnano la corruzione e il sopruso, che invischiano la vita civile e mercantile, e ammorbano anche le faccende di cuore. Lucido stratega di questo sfacelo morale è un segretario di palazzo, un sussiegoso adulatore, che abbindola tutti con artefatta buona creanza. I soli a ribellarsi ai suoi loschi traffici saranno i servi, un'irata accolito di umiliati e offesi, che co', veleno tenteranno di por rimedio a quegli sfacciati soprusi. E'la loro una vittoria di poco momento. Un altro adulatore, allievo del primo, è già pronto a subentrargli. Il regista Zucchi non ha esitato a impostare lo spettacolo sul registro di una livida buffoneria, che stinge a tratti, di' proposito, in una melanconica, inerte spossatezza. Nel chiuso di una storia di cittàfortezza di legno chiaro si dipana in un più angusto e rilevato recinto, la sconfortante commedia degli inganni. Gli attori si mostrano compresi che il ghigno beffardo e la smorfia dolente sono gli opposti segni distintivi di questo cerimoniale, inconsueto in Goldoni, della sopraffazione. Sul primo registro si attestano i nobili tra cui spiccano il bolso governatore di Fernando Pannullo, l'irosa signora Luigia di Olga Gherardi Sull'altra tonalità lavora, con bell'affiatamento, la «bassa famiglia- dei servi, che paiono adunati a bella posta, con dispettosa trovata, da diverse regioni d'Italia: tra loro vanno ricordati lo spettrale Arlecchino del Gragnani, che ha battute degne di un tool elisabettiano, e lo sconfitto Brighella dell'eccellente Travaglini. Solo, nell'isolamento di un sinistro, eppur compassato peccatore, a mezza strada tra un Lope de Vega e un Molière, l'adulatore Sigismondo, che a bella posta Achille Millo rende con calcolata naturalezza. Calorosi applausi Guido Davico Bonino

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