L'uranio come

L'uranio come Figure e fatti di Giovanni Alpino L'uranio come un cavallo A Caorso (due passi da Piacenza, ottanta chilometri da Milano) si sussurra intorno alla centrale nucleare: il terreno ha ceduto, vi sono infiltrazioni d'acqua, il sistema d'impianto elettrico che comanda il dispositivo di sicurezza sarebbe da rifare. Ed il 27 gennaio — come riferiscono i quotidiani — da una valvola è fuoriuscita una miscela aria-vapore. La gente ne parla poco, quasi per esorcizzare il fenomeno, sindaci e assessori si preoccupano, l'Enel mantiene — come dubitarne? — il solito «stretto riserbo». Altra notizia: al prossimo Festival cinematografico di Cannes uno dei film più attesi è The China syndrom, di James Bridges, con l'interpretazione di Jack Lemmon (un comico che la vita costringe ad illividire sempre di più). Tratta l'avventura di due giornalisti che filmano clandestinamente un incidente avvenuto appunto in una centrale nucleare californiana. Non mettiamo insieme i due fatti, magari piccoli e imparagonabili, verità di un terreno piacentino ed invenzione americana (anche se di invenzione estremamente realistica e documentata si tratta). Non mettiamoli insieme per crear confusione. Allineiamoli soltanto su un pro-memoria ideale, che registra i sintomi e t dati inquietanti del nostro vivere. Vorrei non entrare nello sterminato dibattito a favore o contro le centrali nucleari. Al mondo bisogna rassegnarsi, se lo si vuol vivere quando ci tocca quella data porzione di vita. Con ogni probabilità, hanno ragione i cosiddetti progressisti, che badano ai passi da compiere prima che le riserve petrolifere siano agli sgoccioli. Del resto, malgrado il mio amore per Ceronetti, non credo si possa tornare alla vita agricola, che era infinitamente specializzata: pochissimi di noi sarebbero in grado di coltivare una vite, spellare un coniglio, tirar il collo a una gallina. E' tragedia, ma va accettata. Se debbono venire le centrali, apocalittiche o meno, che vengano. Ma poste nelle mani di chi? Non dubito affatto della bontà dei tecnici italiani, mi sia lecito dubitare, quale cittadino ancora consapevole, di come nel nostro Paese si suddividono le varie «torte». E anche una centrale sarà, a modo suo e finora inesplorato, una • torta». Magari, una tantum, le costruzioni risulteranno perfette: vero cemento dove necessita vero cemento, vero piombo dove è indispensabile vero piombo. Non come in certe dighe o asfalti o condomini di dodici piani, regolarmente crollati per la vile qualità degli ingredienti e sotterranee truffe. Ma chi governerà il potere che una centrale indirettamente offre? Un'accolita di uomini politicizzati, una ghenga di amministratori scelti dai comitati centrali; un ispettore inviato da Roma dopo l'ennesimo sciopero degli addetti, i plenipo- tenziarii d'un ministro incaricato di dirimere le questioni interne all'indomani di una sommossa? Per assurdo, dovremmo dire: siano accettate le centrali nucleari, se non se ne può fare a meno, ma diamole da gestire a svizzeri, giapponesi, svedesi, ostrogoti di passaggio. Noi, per decenza democratica (l'ultima tra le doti rimasteci), riconosciamo la massima incompetenza che ci opprime e un «deficit» di fantasia amministrativa. Lo stiamo dimostrando già attraverso l'esercizio quotidiano della medicina: siamo il popolo più radiografato del mondo, mi confida un radiologo torinese. Inutile ripetere che è molto più pericoloso sottoporsi a radiografie che non mangiare insalate colte alla base di una centrale nucleare: la «lastra», pagata dalla mutua, è un privilegio raggiunto a cui non rinunciano né neonati né moribondi. Ormai potremmo tenere in ogni casa una sorta di album di «lastre», cosi come un tempo si teneva la raccolta delle fotografie, dalla prima comunione alle nozze d'argento. Il nostro «potere» nucleare e la nostra capacità di guidarlo sono questi. Non ce l'ho affatto con l'Enel. Neppure con l'uranio. Non m'intendo di scorie. Ma conosco la nostra leggerezza, la nostra tragica ignoranza, con le quali dobbiamo fare conti continui. La centrale nucleare ci spaventa, come il cavallo spagnolo che mise in fuga un intero esercito azteco. I nobili aztechi non sapevano spiegarsi e quindi fronteggiare il prodigio di quell'equino mai visto. Approdi pure l'atomo, se questo è il prezzo d'una sopravvivenza chiamata civile: ma avendo in sella chi lo conosce e non lo strumentalizza a bassi scopi manageriali. Dopotutto l'Enel non è intoccabile come Budda. O sì?

Persone citate: Ceronetti, Giovanni Alpino, Jack Lemmon, James Bridges

Luoghi citati: Cannes, Caorso, Milano, Piacenza, Roma