«La corona di ferro» divisa a pezzetti

«La corona di ferro» divisa a pezzetti LA TV di Ugo Ruzzolati «La corona di ferro» divisa a pezzetti Volete vedere uno dei più straordinari film italiani del periodo di guerra, La corona di terrò di Alessandro Blasetti? La tv lo sta trasmettendo sulla rete 1. Dico che lo sta trasmettendo perché l'ha smembrato in quattro puntatine che vengono trasmesse a partire dalle 19 e 20. Il primo pezzo è andato in onda ieri, gli altri seguiranno oggi, domani e venerdi. E' un sistema sconcertante non tanto per la collocazione oraria (dopotutto la lascia delle 19 raccoglie un pubblico abbastanza consistente) quanto per il frazionamento indecoroso. La faccenda è già successa la settimana scorsa per «Ettore Fieramosca» sempre di Blasetti: quel che non è riuscito agli oltracotanti cavalieri francesi nella disfida di Barletta, tagliare a fette il prode Fieramosca. è riuscito alla Rai. Un procedimento inaccettabile con cui la tv manipola a proprio interesse uno spettacolo concepito per essere visto tutto intero. La settimana scorsa ho scritto che potrebbe appena andare una divisione in due parti, ma anche tale divisione è sbagliata, in ogni caso spezza l'unità e la tensione di un film. Tra l'altro, a questo punto, non si possono più accusare certe tv private di dare pellicole mutile o in cattive condizioni. Qui. con la tv di Stato, si arriva, sia pure in forma diversa, ad una stessa operazione «anti-cinema». Così questo nuovo e strano metodo ha colpito La corona di terrò che meritava invece un trattamento di riguardo. E' in effetti un'opera eccezionale poiché esce con violenza da tutti gli schemi della cinematografia italiana d'epoca. Mentre infuria la guerra e le armate naziste dilagano, e le truppe italiane sono in Africa e in Grecia, compare in pieno 1941 questo film che tra vicende belliche e avventurose parla di pace, invoca la pace e si conclude con la fine delle ostilità accolta con esultanza da tutti. Questo per il contenuto. Quanto alla lorma, la tendenza di Blasetti verso una dimensione di libera fantasia, già manifestatasi in «Ettore Fieramosca» e in «Un'avventura di Salvator Rosa», esplode nel modo più felice ne La corona di ferro e adopera i materiali più diversi —storia, saghe, ricordi nibelungici, melodramma, fiaba, surrealismo e simbolismo — per costruire uno spettacolo che è pura invenzione e che, contrariamente a quel che si può pensare, non punta al kolossal ma al «meraviglioso». Quando usci la pellicola fu severamente criticata come troppo eclettica, confusionaria, evasiva, non ronsona ai tempi, ma il pubblico le decretò un grande successo che accomunò Blasetti e gli interpreti tra cui Elisa Cegani, Luisa Fenda. Rina Morelli. Gino Cervi. Massimo Girotti, Osvaldo Valenti. Chi si infuriò terribilmente fu il nazista dott. Goebbels che — è lo stesso Blasetti a raccontarlo — durante l'anteprima esclamò: «Una cosa del genere in Germania verrebbe bruciata, e il regista impiccato!». Biadetti era seduto nella fila dietro e istintivamente si passò una mano sul collo. * ★ Ci sarebbe da aprire la solita discussione su quanto rendano certi film sul piccolo schermo. La corona di ferro ci rimette. E ci ha rimesso anche il tilm di sabato. Aguirre furore di Dio di Herzog dove veniva meno l'allucinante rapporto tra la presunzione del guerriero spagnolo e l'immensità impenetrabile del mondo che egli voleva conquistare Adatto invece il teleschermo per una vicenda intima come quella di Tè e simpatia (1956) di Vincent Minnelli dall'omonima, commedia di Robert Anderson. Purtroppo il film si è rivelato di una mediocrità assoluta. La sceneggiatura, rielaborata dallo stesso Anderson, punta molto alla presa in giro del maschilismo e del mito della virilità a tutti i costi ma, come la commedia, sembra difendere il diritto all'omosessualità mentre poi —bisogna pensare all'epoca —condanna l'essere diversi al punto che fa «redimere» il ragazzo attraverso l'amore con la signora: e va al di là. malamente e goffamente, del copione teatrale aggiungendo una coda moralistica in cui il giovanotto risulta regolarmente sposato e la signora regolarmente riconciliata col consorte che nella commedia, ma solo nella commedia, è accusato — lui, il rude muscoloso — di latente omosessualità (vista sempre come una colpa).

Luoghi citati: Africa, Barletta, Germania, Grecia