L'unità dei giudici solo fittizia continuano le battaglie intestine di Fabrizio Carbone

L'unità dei giudici solo fittizia continuano le battaglie intestine A Palazzo di Giustizia difendono i colleghi Alibrandi e Infelisi L'unità dei giudici solo fittizia continuano le battaglie intestine ROMA — Quadrato intorno a Infelisi e Alibrandi: questa la posizione emersa dopo il vertice che Pascalino, De Matteo e Gallucci hanno tenuto ieri alla cittadella giudiziaria di piazzale Clodio. Non poteva essere altrimenti: il procuratore generale, il procuratore capo e il capo dell'ufficio istruzione del tribunale hanno voluto dare, all'esterno del Palazzo, l'immagine di una magistratura unita, compatta, che reagisce contro gli attacchi del potere politico e di quello economico, dei giornali, dei grandi partiti, dei sindacati. Loro difendono l'indipendenza dei giudici e fanno capire di non ammettere ingerenze. Pascalino, De Matteo e Gallucci sono i tre uomini che hanno in mano la gestione della giustizia a Roma: ma la compattezza e l'unità che hanno sbandierato appare mai come oggi fittizia, artificiosa. Piazzale Clodio è dilaniato da lotte intestine, spaccature verticali e orizzontali che esistono da tempo, che vengono a galla o restano sopite a seconda dei momenti. Cosi era ai tempi di Carmelo Spagnuolo, radiato dalla magistratura quando ormai andava in pensione. Restano dunque i «misteri», perché il Palazzo di Giustizia di Roma è un centro di potere dove agiscono «padrini» e protettori, dove si aggirano personaggi del sotto¬ bosco politico, informatori, giornalisti-spie mai identificati, dove vige la regola del parlare e poi smentire (del «qui lo dico e qui lo nego»), dove continue fughe di notizie servono ad alzare nuvole di polvere, dove c'è sempre una inchiesta custodita in cassetto pronta a saltar fuori al momento opportuno. Cosi tra magistrati che lavorano alle dipendenze di De Matteo (i sostituti procuratori) e i sottoposti di Gallucci (i giudici istruttori) ci sono i «bravi» e i «cattivi», coloro ai quali vengono sempre affidate le inchieste grosse, scottanti, e coloro che si limitano alle truffe per assegni a vuoto di poche lire. Mentre avvocati di grido e modesti professionisti scendono e salgono le scale che portano agli uffici, nei corridoi si leva un chiacchierio continuo che sta tra la battuta e il pettegolezzo, tra la malignità e l'illazione: frammenti di verità, notizie fondate si mischiano al rumore. Ora che l'inchiesta SirBanca d'Italia ha raggiunto stabilmente le prime pagine dei giornali; ora che lo scandalo è scoppiato, nell'occhio del ciclone si trovano Luciano Infelisi e Antonio Alibrandi, magistrati uniti dalla stessa istruttoria, già in precedenza oggetto di critiche e attacchi. Indipendenza della magistratura? I magistrati con la etichetta di «serie B» (quelli che non hanno lavoro) scuotono il capo, parlano volentieri ma poi pregano di non essere citati: «noci raccolte negli ambienti» è la formula per aprire le virgolette e lasciare anonime le dichiarazioni. Cosi escono valanghe di parole: la magistratura dovrebbe lavorare con celerità, indagare a fondo, chiudere l'inchiesta e portare gli imputati al processo in aula. Invece migliaia di fascicoli si accavallano, incriminazioni e denunce restano tali per mesi, anni. Come si può parlare di indipendenza del giudice dal potere politico quando si sente dire che quel tale magistrato è vicino ad Andreotti, che il tal altro è uomo di Piccoli? Come si può dire che c'è unità e compattezza tra colleghi quando si tratta di schierarsi con Alibrandi, uomo che si autoproclama di estrema destra, che nei fatti è implacabile nei processi contro imputati di sinistra e tollerante nei riguardi dei neofascisti? E le critiche raggiungono e investono Infelisi. l'ex pretore che ha fatto in pochi anni una scalata al potere. Su Luciano Infelisi si parla molto anche a proposito dei rapporti che aveva con Mino Pecorelli, il direttore del settimanale scandalistico ricattatorio Op. e si mette in evidenza come, nonostante il rumore e il clamore, proprio a due giorni di distanza dall'assas¬ sinio di Pecorelli sia stato nominato sostituto procuratore generale (anche se per tre mesi e solo come «applicato»), Infelisi dal 1 aprile farà udienze in Corte d,'apppello. Ma allora questa «promozione» temporanea potrebbe essere in realtà una mossa per allontanarlo dall'indagine Sir-Banca d'Italia? Come potrà Infelisi fare l'uno e l'altro? Alla domanda il procuratore capo De Matteo ieri ha detto seccamente: «E' un problema che verrà esaminato nei prossimi giorni». Come dire che esiste la possibilità di spostare il magistrato dall'inchiesta. E' anche questa una dimostrazione di come il «quadrato» che i vertici della magistratura romana hanno fatto intorno ai due giudici che hanno ordinato l'arresto di Sarcinelli e hanno incriminato il governatore Baffi, è più formale che sostanziale e lascia intravedere le spaccature e le divisioni esistenti. I «paria» (gli esclusi) della magistratura si chiedono poi quale sia il gioco che si sta svolgendo dietro all'indagine giudiziaria: è solo coincidenza che Infelisi (moderato) e Alibrandi (estrema destra) abbiano portato l'attacco alla Banca d'Italia sorretti e applauditi da giornali che vanno da II secolo d'Italia, al Borghese, dal Fiorino a Op di Pecorelli? Fabrizio Carbone

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