Partiti e banchieri solidali con il governatore Baffi e il vicedirettore Sarcinelli di Marco Borsa

Partiti e banchieri solidali con il governatore Baffi e il vicedirettore Sarcinelli Con Baffi e Sarcinelli stabilità della lira e vigilanza rigorosa Il Governatore e il vicedirettore dell'istituto di emissione sono stati due ossi duri per Cefis, Rovelli e Ursini - Entrambi hanno tentato di riportare banche e imprese alle «regole del gioco», facendone cadere i privilegi finanziari MILANO — Paolo Baffi, governatore della Banca d'Italia, e Mario Sarcinelli, vicedirettore e responsabile della vigilanza sul sistema bancario, meritano senz'altro l'accusa di essere dei sovversivi lanciata a mezza bocca da alcuni settori politici e finanziari del Paese? Quando l'eredità di Sindona passò al Banco di Roma che si era assunto il compito di «salvatore» rilevando la Banca Privata Italiana e la Società Generale Immobiliare, i vertici della banca Iri trovarono in Paolo Baffi un ostacolo insormontabile ai loro tentativi di accollare a buona parte del sistema bancario il peso di un investimento incauto attraverso la creazione di un consorzio per la Generale Immobiliare. Fu questo il primo segnale della fermezza con cui Baffi avrebbe ricondotto la Banca d'Italia alle sue gloriose tradizioni non solo di custode della stabilità monetaria ma anche di centro propulsore di un'azione di razionalizzazione all'interno del sistema creditizio e industriale volta a porre su basi più sane l'intera attività economica in vista di un possibile futuro rilancio. Che la Banca d'Italia avrebbe ripristinato più corrette regole del gioco, osservandole lei per prima rigorosamente, divenne chiaro con la stretta del credito inaugurata nel 1976 per restituire stabilità al cambio della lira e stroncare le tensioni inflazionistiche. Una stretta severa, rigorosa, che metteva le grandi imprese oberate dai debiti con le spalle al muro, creando contemporaneamente serie difficoltà agli istituti speciali troppo prodighi di finanziamenti agevolati. Eugenio Cefis, di fronte all'impossibilità di fronteggiare la crisi finanziaria del gruppo tentò prima, nell'autunno del 1976, di far passare il famoso comma Montedison che, nell'ambito della legge sulla riconversione industriale, avrebbe fornito mezzi straordinari a Poro Bonaparte (si parlò di mille miliardi) e andò poi in pellegrinaggio a Roma per sottoporre i propri guai a Paolo Baffi. Solo quando si accorse che non avrebbe trovato nessuna particolare indulgenza in via Nazionale dove il governatore ribadì la propria convinzione che le grandi imprese avrebbero meritato un aiuto solo se impegnate in seri piani di risanamento, Eugenio Cefis preparò la propria ritirata abbandonando la Montedison e l'Italia. Dopo Cefis fu la volta di Ursini e di Rovelli, gli altri «grandi» della chimica che, avendo costruito le proprie aziende e le proprie fortune sul credito agevolato si trovarono totalmente spiazzati da una stretta del credito che toglieva l'ossigeno a chi lo usava al solo scopo di restare il più a lungo possibile in camera di rianimazione a spese del Tesoro. Come per la Montedison di Cefis anche per la Sir di Rovelli e la Liquigas di Ursini in via Nazionale non ci fu nessuno disposto a compromessi che coinvolgessero il sistema bancario violando le regole del gioco. Paolo Baffi espresse pubblicamente il proprio pensiero sui problemi dei salvataggi industriali indicando le tre regole auree che i consorzi bancari avrebbero dovuto rispettare. Consorzi volontari perché le banche dovevano assumersi autonomamente e responsabilmente i rischi che intendevano correre; consorzi condizionati perché l'intervento delle banche doveva avvenire solo quando l'impresa aveva una direzione credibile che presentasse un piano di risanamento credibile; consorzi temporanei perché l'aiuto doveva essere limitato nel tempo per evitare un coinvolgimento perenne del sistema bancario che avrebbe alterato le regole del gioco. Ma le corrette regole del gioco non valevano solo per le imprese. Anche le banche si ritrovarono bruscamente richiamate a rispettarle. Di qui il nuovo corso impresso alla vigilanza da Mario Sarcinelli la cui attività in questi anni coincide con lo scoppio di una serie di bubboni che il mondo bancario e finanziario aveva incubato per anni grazie anche alla possibilità di sfuggire a controlli troppo severi. L'ispezione al Banco di Napoli portò alla luce una serie di distorsioni nella gestione che il nuovo vertice dell'istituto affrontò con coraggio esponendo una perdita di bilancio di circa 10 miliardi nonostante le critiche provenienti da certi ambienti politico-affaristici cittadini che pretendevano di difendere il buon nome della banca occultandone le perdite. L'ispezione all'Ibi e alla Banca Provinciale Lombarda del Gruppo Pesenti segnò l'inizio di tutta l'operazione Italcementi-Italmobiliare (vendita del Credito Commerciale, scorporo e distribuzione della Italmobiliare) perché la Banca d'Italia non poteva chiudere gli occhi di fronte agli intrecci che Pesenti ave¬ va creato fra fantomatiche società, controllate dall'estero, ai finanziamenti di sue banche e all'assetto proprietario dell'intero gruppo, uno dei principali gruppi privati del Paese con interessi che spaziano dalle banche alle assicurazioni, al cemento e alla chimica. L'ispezione al Banco Ambrosiano si concluse con l'accertamento di possibili violazioni della legge valutaria che la Banca d'Italia ha doverosamente segnalato alla magistratura milanese (la pratica era in mano al giudice Alessandrini, recentemente assassinato). Ma la più esplosiva delle ispezioni fu quella che arrivò all'Italcasse dove, indisturbati da più di 10 anni, uomini politici, uomini d'affari e banchieri avevano stretto fruttuose alleanze e concordato spregiudicate operazioni che si riflettevano in una contabilità tanto più rozza quanto più si sentivano al sicuro da occhi indiscreti. La storia dell'attività della Banca d'Italia nei tre anni e mezzo in cui è stato governatore Paolo Baffi è la storia degli sforzi condotti per riportare banche e imprese a rispettare rigorose regole del gioco valide per tutti indipendentemente dalle protezioni politiche o dai privilegi finanziari goduti da ciascuno in passato. E' la storia di un gruppo di sovversivi che hanno minacciato il «disordine costituito» di un mondo politico-finanziario che avrebbe desiderato e ancora oggi desidera imporre a tutti i propri metodi e le proprie regole. Marco Borsa Mario Sarcinelli Paolo Baffi

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