La pace in M. O.: Begin andrà al Cairo

La pace in M. O.: Begin andrà al Cairo La pace in M. O.: Begin andrà al Cairo (Segue dalla 1 " pagina) della Casa Bianca Brzezinski' avrebbe ottenuto che non vengano tagliati i sussidi: 4) il contenimento dell'Urss. su cui Carter avrebbe fornito una garanzia personale, al punto da legare la firma del trattato per la limitazione delle armi strategiche a una politica «delle mani pulite»^ sovietica in Medio Oriente. Gli ostacoli più gravi della «lunga, dura lotta per l'attuazione della pace» sono l'autonomia della Palestina e di Gerusalemme. Non si sa se per una svista o su preghiera di Carter, Sadat, nel discorso di lunedi, ha saltato il passo a esse relativo. Ma la sua posizione è precisata nel testo. «E' necessario rassicurare i palestinesi» esso dice «che potranno compiere il primo passo verso l'autodeterminazione e uno Stato indipendente. Un dialogo tra gli Stati Uniti e i loro rappresentanti sarebbe uno sviluppo molto positivo. Ci dovrà essere un trasferimento effettivo di autorità ai palestinesi nella loro terra. Senza di esso, il problema non verrebbe risolto». Begin è assolutamente contrario a questa posizione, e alla vigilia della firma del trattato ha sostenuto che «non ci sarà mai uno Stato indipendente della Palestina». Sotto il trauma degli ultimi attentati, ha definito il fronte di liberazione palestinese «l'organizzazione più criminale dopo quella nazista». Il premier israeliano ha assunto un atteggiamento molto rigido anche su Gerusalemme, facendo capire che non ne restituirà, il settore orientale agli arabi. Egli ha descritto «l'unificazione della Città Santa» come il momento più importante della sua vita «dopo la nascita di Israele». Le prospettive dei negoziati che avranno inizio tra un mese esatto sono perciò inquietanti, nonostante le pressioni che Carter eserciterà. Il Presidente americano ha dato prova di realismo nel discorso di lunedi. «Non dobbiamo minimizzare gli ostacoli», ha detto; «esistono ancora divergenze tra Egitto e Israele, e soprattutto con le nazioni arabe. Non abbiamo illusioni: speranze, sogni, preghiere, ma non illusioni». E tuttavia, questa cautela non ha soddisfatto l'opinione pubblica americana più qualificata. Lo stesso New York Times, che appoggia il trattato, prevede un periodo di estreme tensioni e difficoltà in Medio Oriente «che potrebbe ripercuotersi contro gli Stati Uniti e agevo lare la penetrazione sovietica». Due particolari illustrano compiutamente l'atmosfera di apprensione creatasi dopo l'euforia iniziale. Uno è la riluttanza dell'Onu a sovrain tendere alle operazione di 'sgombero dal Sinai nei prossimi tre anni: il segretario generale Waldheim ha informato Carter che ritiene indispensabile l'assenso del Consiglio di sicurezza, nel cui seno l'Urss potrebbe opporre il veto. L'altro è il fatto che Sadat e Begin hanno raggiunto .gli ultimi accordi poche ore prima della firma della pace, cioè nella notte di domenica. Essi sono: 1) il ritiro israeliano dal centro strategico di El Arish tra due mesi: 2) l'apertura delle frontiere tra due mesi e mezzo; 3) la restituzione all'Egitto dei pozzi petroliferi del Sinai tra 7 mesi; 4) il rinvio a data da destinarsi della visita di Sadat a Gerusalemme. Ancora una volta, il contributo degli Stati Uniti a questo accordo è stato deter minante. Essi si sono impe gnati: 1) ad aiutare Israele in caso di aggressione egiziana e viceversa, con due patti sepa rati; 2) a continuare i voli di sorveglianza e il controllo elettronico delle opposte forze armate per nove mesi; 3) a fornire tramite l'Inghilterra e la Norvegia petrolio del Mare del Nord a Israele per ben 15 anni in caso di necessità. Tutto ciò. comunque, è considerato «wi prezzo modesto» da pagare per un evento storico. Con orgoglio, gli Stati Uniti e iì presidente Carter definiscono la cerimonia di lunedi «una delle loro ore più belle». E lunedì sera, infatti, alla Casa Bianca, si sono viste scene di tripudio. Begin e Sadat hanno annunciato di aver presentato la candidatura di Carter al premio Nobel della pace (il Presidente ha risposto che accetterà solo se sarà raggiunto l'accordo sul Medio Oriente e quindi anche sulla Palestina). Kissinger, l'iniziatore della «diplomazia della spola» tra Gerusalemme e II Cairo, è stato quasi portato in trionfo. E mentre fuori del tendone affollato da 1300 invitati, al di là dei cancelli, giovani arabi inscenavano dimostrazioni di protesta, il soprano negro Leotine Price cantava, tra la commozione generale, la romanza «Pace, pace mio Dio», dalla «Forza del destino» di Verdi. Ennio Caretto DAMASCO Questa è la divisione delle zone di sicurezza indicate dal trattato: quelle indicate coi numeri 1, 2 e 3 sono nel Sinai, la 4 lungo la frontiera in territorio israeliano. Tratteggiati sono i territori occupati da Israele durante la «guerra dei sei giorni»