L'Opec anticipa l'aumento di ottobre

L'Opec anticipa l'aumento di ottobre L'Opec anticipa l'aumento di ottobre Il petrolio più caro già da aprile (9,05%) Ai rincari ufficiali i 13 Paesi produttori possono aggiungere sovrapprezzi - Gli aumenti, a fine '79, potrebbero risultare del 23 per cento, con conseguenze imprevedibili DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE GINEVRA — Ufficialmente, nel comunicato emesso ieri sera al termine del loro convegno a Ginevra, i ministri delle tredici nazioni dell'Opec hanno concordato -di attuare soltanto una moderata e modesta correzione di presso-: ma la realtà è più complessa e più inquietante. La «correzio¬ ne», non del tutto imprevista, anticipa ai primo aprile il prezzo Opec che, secondo le decisioni prese ad Abu Dhabi nel dicembre '78, era in programma per il primo ottobre. Ciò significa che da domenica un barile di greggio arabico leggero costerà dollari 14,545 e non 13,843, cioè il 9,05% in più. Dobbiamo affrontare dunque un nuovo rincaro e le nocive conseguenze di una situazione sempre più confusa. Cominciamo dal rincaro che, a prima vista, dovrebbe restare del 14,5 per cento, dato che l'Opec ha soltanto anticipato e non accresciuto il prezzo. (Sale però la media dell'anno che non è più del 10 per cento, bensì del 12,1). Ma l'Opec ha lasciato liberi i suoi 13 Paesi di aggiungere al prezzo ufficiale quei soprapprezzi -die considerano giustificabili alla luce delle loro circostame». Oggi come oggi, prevedere la misura di questi aumenti individuali, è impossibile: tuttavia non si dovrebbe essere lontani dalla verità se al 14,54 di prezzo ufficiale si assomma un dollaro e venti. Totale: dollari 15,74. Il rincaro nel 1979 sarà, allora, non più del 14.5 per cento, ma del 23. Le brutte notizie non finiscono qui. Contrariamente alle speranze, i ministri non hanno infatti revocato gli aumenti, in percentuale, stabiliti per il 1 luglio e il 1 ottobre, del 2.294 il primo, del 2.69 il secondo. Sono balzati al prezzo finale per il '79, senza però demolire il meccanismo congegnato ad Abu Dhabi. Probabilmente, non se ne serviranno e il prezzo resterà immutato fino al 31 dicembre: ma la presenza, sia pure ipotetica, di quelle due maggiorazioni e la possibilità di altri soprapprezzi individuali, non potranno che acuire le incertezze e le ansie. Per le aziende come per gli Stati, ogni forma di programmazione energetica diviene ora un'avventura, si moltiplicano le incognite, tutti i calcoli sprofondano in una nebbia che fa rimpiangere i giorni dell'onnipotenza Opec. In tre mesi, dunque, quel .rincaro del 14.5 per cento si è trasformato in uno che sembra destinato ad essere del 23 e che potrebbe avvicinarsi al 25. Quel dollaro e venti che viene aggiunto, nelle proiezioni degli esperti, al nuovo prezzo ufficiale di 14,54. sembra costituire un «extra- gradito ai più e ritenuto opportuno nelle attuali condizioni del mercato. Gli iraniani l'hanno subito detto: il loro petrolio leggero costerà circa 15,70. Alcuni Paesi già applicano quel dollaro e venti, e anche di più. Per le nazioni dell'Occidente industriale (quelle dell'Ocse) un aumento del 20 per cento significa altri 25 miliardi di dollari sulla «bolletta petrolifera». Per l'Italia, la spesa extra salirebbe a duemila miliardi di lire. E ovunque l'inflazione s'inasprirebbe di oltre un punto. ' Un'altra importante novità conferma che è cominciato un nuovo capitolo di storia, quello che non sarebbe dovuto giungere prima del 1985. La crisi iraniana ha accelerato i tempi, ha dato ai produttori un controllo del mercato che non intendono perdere, anche perché una «scarsità pianificata» di greggio prolungherà la vita di questa loro ricchezza. La delegazione iraniana ha informato che. nei prossimi due mesi, spera di portare la produzione a 4 milioni 600 mila barili al giorno e di esportarne quattro milioni. E' un annuncio incoraggiante, ma il cui calore è smorzato dal varo di una nuova strategia Opec diretta a -coordinare i livelli di produzione». Per ora, è soltanto un gentlemen 's agreement: ma il suo primo risultato sarà quello di preservare lo squilibrio tra domanda e offerta. Gli iraniani produrranno di più: ma sauditi, kuwaitiani e irakeni produrranno di meno. I quattro Paesi si sono già accordati, l'hanno detto rappresentanti di Teheran e di Baghdad. Grazie a questi e ad altri accordi, mancheranno dal mercato quei due milioni di barili che lo tengono in stato di tensione. In futuro, tale strategia sarà forse istituzionalizzata e discussa con l'Occidente. E' stato un convegno istruttivo, questo di Ginevra. Dovrebbe ranunentare all'Europa e all'America che. in realtà, sono i loro consumi a determinare i prezzi, e che il risparmio d'energia è ormai un obbligo che non ammette più indugi. Mario ( 'iridio {A pag. 14: piani d'emergenza negli Usa per la crisi dell'energia).