Scroppo tra emozione e fantasia di Angelo Dragone

Scroppo tra emozione e fantasia A TORINO LA SUA OPERA: DAL NATURALISMO AL CONCRETISMO Scroppo tra emozione e fantasia In una mostra antologica, i momenti più significativi del pittore valdese - L'approdo astratto - La preziosità materica dei dipinti sottilmente perseguita con le tempere e gli oli TORINO — Con una serie di mostre, inaugurate da quella di Filippo Scroppo ordinata da Marco Rosei nel foyer del Piccolo Regio (dove rimarrà aperta sino al 14 aprile), l'assessorato all'Istruzione e cultura della Regione Piemonte s'è proposto di far meglio conoscere alcune personalità di pittori o scultori viventi, per il contributo da loro dato allo sviluppo dell'arte contemporanea. Quella di Scroppo é figura assai nota nell'ambiente artistico subalpino nel quale capitò nel 1934 in occasione d'un convegno. Vi giungeva da Riesi, in Sicilia, dov'era nato nel 1910, in una famiglia valdese. Laureato in lettere, continuò a coltivare liberamente la pittura, apprezzato anche da Casorati che nel dopoguerra lo volle come assistente all'Albertina. A distinguerlo tuttavia fu quella specie di vocazione ..pastorale» (termine che anche meglio d'altro gli si addice se si pensa al «predicatore laico» ch'egli è nella comunità valdese) per la quale nessuno più di lui senti sempre la necessità di lavorare per gli altri. Tale suo esemplare impegno divulgativo è d'altra parte ben documentato dalle vicende dell'annuale mostra che da oltre trent'anni Scroppo organizza a Torre Pellice offrendo un altro «test» della sua disponibilità per promuovere una più estesa comprensione dell'arte in cui crede: un'arte non cristallizzata in forme codificate, ma strumento vivo di comunicazione visiva, pronto a svilupparsi secondo una propria logica formale, cosi che anche la sua scuola favori la stessa libertà di espressione di cui egli non avrebbe potuto essere che il convinto assertore. La mostra corrisponde ad una vasta antologia della sua opera, dal 1926 al '78. Le danno avvio il fresco Autoritratto del '26 con la copia d'una testa di Antonello da Messina e un paesaggio siciliano, dipinti, sostenuti da una istintiva emozione pronta nel 1938-'39 a recepire gli impeti di Spazzapan, rincalzati da certe cadenze espressioniste. Sotto il probabile influsso di Corrente, le marcate strutture d'un paesaggio inclinano al neocubismo attraverso il quale maturava la crisi che doveva condurre anche Scroppo ad un rigoroso sintetismo e all'approdo astratto. E' questo il momento dell'esperienza vissuta insieme con Galvano, Biglione, Parisot e agli amici milanesi della galleria Salto, con Gianni Monnet, nell'ambito del Movimento Arte Concreta. Anche in quel periodo di rigorose ricerche formali, Scroppo non rinunciava però all'intuizione spontanea, ad una organica struttura dell'immagine fantastica che rimarrà il suo legame, magari sottinteso, con la natura. Con quella libertà interiore che, al di là dei motivi che l'avevano condotto sui versanti figurali delle geometrie care ad un Magnelli o a Soldati, egli appare quindi portato alle inquiete cromie di certi grovigli appena toccati dalla poetica dell'informale per preludere invece alle successive arborescenze che insieme con la vitalità del gesto accoglievano ormai anche l'impulso d'una condizione esistenziale destinato a dare un senso nuovo alle sue visioni primordiali, alle scansioni, Me forme organiche. Né si può dimenticare la preziosità materica di quei dipinti più sottilmente perseguita attraverso i colori a tempera, su fogli d'ogni formato e con un abbandono sorgivo che rivelava la più ricca vena del suo temperamento. Ancora un passo e la pittura di Scroppo degli Anni Settanta — il colore ad olio spruzzato con l'areografo sui fondi scuri dei supporti —saprà di quel «misterioso mondo che ci circonda». Ancora una volta — come potè notare Giovanni Romano nel presentarne le opere di quest'ultimo periodo — il pittore confermava di non appartenere al tipo dell'intellettuale portato a chiudersi nella sua torre d'avorio. Ben salda, anzi, continuava ad essere in lui, come ha notato Rosei, la «tradizione del contemporaneo, dell'avanguardia contemporanea». Ed era la stessa meta che per tanti anni Scroppo non s'era stancato di indicare alle nuove generazioni, spingendole sulla linea più avanzata e promettente che potesse impegnare una giovane avanguardia. Sicché all'uomo che in tal senso aveva operato con esemplare coscienza, va pur riconosciuto il titolo che si deve ad un autentico «maestro». Angelo Dragone

Luoghi citati: Piemonte, Riesi, Sicilia, Torino, Torre Pellice