Un anno fa veniva assassinato il maresciallo di ps Berardi

Un anno fa veniva assassinato il maresciallo di ps Berardi Commovente cerimonia in largo Belgio angolo corso Regina Un anno fa veniva assassinato il maresciallo di ps Berardi Ricordandolo, il giudice Violante ha detto: «Se un giovane ha impugnato un'arma, non è un compagno che sbaglia, è un assassino» -E' un mattino di marzo, un timido sole riscalda i platani ignudi dopo il lungo inverno. Un uomo aspetta il tram, sta per recarsi al lavoro. Discendenti di Caino, con vigliaccheria, pongono fine al suo onesto, semplice cammino-. Questo un brano della poesia, scritta da un operaio della officina Ricasoli e letta ieri mattina, con le lacrime agli occhi, da una studentessa, in largo Belgio angolo corso Regina Margherita. Si ricordava la morte del maresciallo Rosario Berardi. assassinato un anno fa. da un commando delle Bierre. Doveva essere la commemorazione di quel tragico giorno: è stato invece un momento di riflessione e analisi sul terrorismo, sulle sue cause o le sue radici. Un momento di verifica e di impegno per stroncarlo. C'erano oltre 200 persone, i giornali in tasca con la notizia dell'ennesimo agguato in via Millio. Sul palco Maurizio Puddu. consigliere provinciale de. ferito dalle Br il 13 luglio '77: la madre di Roberto Crescenzio, lo studente-lavoratore arso vivo al bar «Angelo azzurro», il 1 ottobre dello stesso anno; Dante Notaristefano. consigliere comunale de. contro il quale i terroristi esplosero il 20 aprile '77 otto colpi di pistola, senza colpirlo. In piazza, rappresentanti di tutti i partiti, di molti consigli di fabbrica, del consiglio del distretto scolastico. «Con Berardi, dobbiamo ricordare tutti i morti di questa folle guerra: gli agenti Lorusso, Lanza. Porceddu e lo studente Emanuele Iurilli, 18 anni, caduto venerdì pomeriggio-: Maria Ghisaura. presidentessa del comitato di quartiere «Vanchiglia- -Vanchiglietta». che ha promosso la manifestazione, non è riuscita a trattenere le lacrime: -Voglio che tutti i cittadini prendano coscienza di cosa è il terrorismo, del dolore che esso semina. Non servono le commemorazioni, non servono le lacrime-. Ha poi preso la parola il magistrato Luciano Violante. - Ho lavorato per molti mesi con il maresciallo Berardi. era un uomo forte e onesto. La realtà di oggi è grave. Cosa fare? Dobbiamo parlare, discutere, confrontarci. Nelle scuole, nelle fabbriche, negli uffici. Molta gente non sa cosa significa essere liberi, non sa cosa sono i terroristi. Le armi dell'eversione sono la paura e il panico. Nel '78 abbiamo avuto un attentato ogni tre minuti: ma abbiamo retto. Nello stesso anno è stato sequestrato ed ucciso Aldo Moro: ma la democrazia, il paese ha retto. Perché? Perdié la gente, il popolo, ha rifiutato la violenza-. La folla ha interrotto più volte il magistrato con calorosi applausi. -Certo, diciamo no al terrorismo, ma per farlo dobbiamo costruire una cultura, un movimento di idee, di aspirazioni, contro i terroristi. Poi occorre grande chiarezza, soprattutto su nodi e punti equivoci. Spesso si sente parlare di "compagni che hanno sbagliato": se un giovane ha un'arma in mano, non è un compagno, non ha sbagliato: è un assassino. Per questo dobbiamo collaborare con le forze dell'ordine e la magistratura. Dobbiamo denunciare ogni atto sospetto. Altrimenti è omertà mafiosa con il terrorismo. La denuncia non è delazione. Come giustificare, capire la morte di giovani di 20 anni, crivellati solo perché indossavano una divisa? Ci sono dei limiti, oltre ai quali non si può andare: la violenza è questo argine invalicabile-. Si è soffermato sul questionario preparato dai comitati di quartiere: - Compiliamo, rispondiamo alle domande. Ma discutiamo tra noi: cosa significa questo momento? Cosa vogliono dire sette magistrati assassinati in pochi anni? E tutti gli agenti uccisi a raffiche? Il terrorismo cerca lo scontro frontale: vogliono farci barricare nelle case, timorosi ed impauriti. Rispondiamo con la partecipazione, con le armi della cultura, in un dibattito civile che ci deve coinvolgere tutti. Con queste armi della cultura abbiamo distrutto le ultime frange del vecchio fascismo, con queste stesse armi liquideremo questo nuovo fascismo-. Ha concluso: -Le istituzioni senza partecipazione della gente sono apparati burocratici: non chiudiamoci nella paura, occupiamo anzi culturalmente i molti spazi liberi che ci sono nelle scuole, nelle fabbriche, nella società. E' in impegno sociale. Dimostreremo cosi che i morti di questa folle guerra, Berardi e gli altri, non sono caduti invano-. La testimonianza di Adriano Bianchi, capo gruppo de alla regione, a nome del comitato antifascista ha concluso la cerimonia. Due corone di alloro sono state poste accanto alla lapide del maresciallo Berardi. La studentessa leggeva le ultime frasi della poesia di un operaio: -...in quel marciapiede, in quel punto, una testolina bionda depone qualcosa: una bimba ti ha porlato un mazzetto di mimose-. Ezio Mascarino Parla il giudice Violante