MORTALE FABBRICA DELLA SALUTE di Guido Ceronetti

MORTALE FABBRICA DELLA SALUTE MORTALE FABBRICA DELLA SALUTE L'orto, il vigneto e gli antibiotici Una timida costernazione si è diffusa tra la gente dei paesi e delle campagne di una zona agricola del Bresciano (Pontevico. Alfianello. Chiesuola. Manerbio) sui quali pende una lugubre rapina industriale che i suoi perpetratori e complici vorrebbero fosse accolta giubilando, invece che con smorfie e paura: ma perché, cari amici, vi esprimete ? segni e occhiate, perché fate gesti da sordomuti, invece di ruggire come tigri? Perché, nelle campagne, siamo in terra di vinti, e anche le tigri, oggi, offrono un pietoso spettacolo, e un contadino italiano ha sulla schiena una vistosa croce di abolito, come il braccato indiano amazzonico. Neanche il trattore e i veleni chimici sparsi fermano la sua cancellazione: valgono meno di un arco e di un pugno di frecce al curaro. I sogni annunciano fame, ma ai granai si dà fuoco per fare posto ai tubi di polistirolo e ai vapori di cloruro di vinile. Si cede, si rinuncia, si scappa come da una guerra, ma con denaro industriale nei cassetti traslocati. Muoio di rabbia per tanta impotenza a difendersi di queste debolezze condannate. Ned Ludd. perché non sei che un fantasma? Sono stufo di fare il cancelliere clandestino, impotente anch'io a difendere questi naufraghi e morituri, di grandi misfatti asciutti per i quali non ci sarà mai un giudizio. La minaccia su Pontevico sono il solo a chiamarla con nomi adeguati: misfatto, rapina, distruzione. Pare che l'aggettivo fine unito a chimica la renda specialmente allettante. Chimica Fine sarebbe una dama piena di garbo, che distribuisce soltanto favori. I giornali, per lo sbarco di Chimica Fine, si mettono al collo ghirlande hawaiane. Chi l'ha chiamata in quei luoghi? L'imperturbabile Regione lombarda in lega con due o tre sindaci estremamente sensibili a tutto quel che è fine, il consorzio industriale della Bassa bresciana e gli immancabili sindacati. Così l'Ankelfarm. raggio celeste della Glaxo, impedita di estendere i suoi beneficii nell'Eden di Cinisello Balsamo, ha avuto via libera per abolire d'un colpo 300 mila metri quadrati di spazio agricolo tra Pontevico e Alfianello. quasi tutto già venduto o espropriato, e piantarci (è chiaro, con garanzie di Rispettoper-l'Ambiente più estese delle prescrizioni talmudiche sulla Purità) un suo albero di morte: un trionfale, bellissimo, finissimo Stabilimento per la produzione di antibiotici. Antibiotici uguale Bene: raffreddori subito decapitati, ernie che rientrano, morbilli sbaragliati, ascessi cremati... Tuttavia, ce ne sono in commercio, e se ne prescrivono, molto più del necessario; un certo terrorismo antibiotico fa vittima tra i bambini eccessivamente imbottiti dai pediatri, le immunità naturali decadono, nuove malattie insorgono da una antibioticomania che da parecchio tempo ha messo in allarme le sentinelle disinteressate. Ma certamente i nuovi antibiotici Ankelfarm di Pontevico avranno colori più intensi e brillanti (biossido di titanio di Scarlino: là gode il mare). Per la sua vocazione fila atropica, questa cugina della Glaxo darà lavoro e paghe a 120 nuovi occupati entro 5 anni: 120 fanno, se non sbaglio, due compagnie in più nel disciplinato esercito del sindacato unitario, che non vuole nessuno /'/; borghese, ma solo gente nei ranghi, nei ranghi.. Centoventi occupati dentro Ankelfarm: e. fuori, quanti asfissiati, uomini, bestie, piante, dai fumi di Chimica Fine? Quanti polmoni filantropicamente corrosi, quante lesioni cancerose produce una fabbrica della salute? Quanta malattia ambientale regala un'industria farmaceutica, prima ancora che i suoi prodotti, affidati al discernimento di professionisti sempre meno preparati a discernere, laureati più in scioperina che in medicina, entrino nel giro enorme e sospetto delle ricettazioni mediche? M'informano gli amici di Pontevico che, nella zona da beneficare, non ci sono 120 disoccupati Né cento disoccupati. E neppure venti. Agricoltura e altro — immagino, un'equilibrata demografia — fanno questo miracolo: una zona senza disoccupati. Ma i sindaci locali pensano al futuro! I giovani li vogliono offrire a Chimica Fine, in un paesaggio sconvolto Li vogliono preparare in scuole apposite: come se ad Atene avessero preparato, in scuole specializzate, i giovani destinati al pasto del Minotauro! Che ottimi padri! Spero in una profonda, nerissima ingratitudine dei loro beneficati In attesa che i giovani del luogo siano pronti. l'Ankelfarm dovrà occupare dei pen¬ dolari. Fortuna se questi non saranno che tecnici malthusiani! Se arriveranno anche immigrati dal Sud. mai poveri di prole numerosa e altra famiglia, l'equilibrio demograficoterritoriale salterà in pochi anni Quanto al consorzio industriale? Cercherà d'impiantare altre industrie... C'è già qualche domanda d'iscrizione... Dietro Chimica Fine, arriveranno altri dinamitardi del campo, altri sradicatori... Sul posto, finora, c'è una sola industria, microscopica ma micidiale: la Stimos, che occupa un paio di tecnici per irradiare sementi con barre di Cobalto 60. Qui. il 13 maggio 1975. l'operaio Vincenzo Mattarozzi. rimasto esposto per tre minuti alle radiazioni, ne riportò orribili, mortali ustioni. Ricordiamoci anche di lui. quando si parla di industrie nucleari. Quel pezzo di Bresciano agricolo può vedere il futuro che gli è promesso, in questo ricordo di Johann Huizinga: «E così una regione dopo l'altra finisce col non essere più creatrice o conservatrice di civiltà. Di questo fatto non mi resi mai così dolorosamente conto come nel 1926. quando il professor Marshal dell'università di Chicago condusse il mio compagno di viaggio. Luigi Einaudi, e me attraverso Gary. un'escrescenza della gigantesca città sulle rive del Michigan. Vedemmo allora una bruttezza infinita e sconsolata: avevamo davanti una regione paurosa, perduta per ogni vera civiltà». H grado di tossicità di una lavorazione è sovente variabile, quasi mai prevedibile. Sui livelli minimi e massimi di pericolosità c'è una ragnatela di confusione e di frodi. Quando siano noti, ma ancora non palesi, gli effetti, l'omertà li lascia operare al buio. L'insediamento è deciso sempre secondo criteri che mettono la tossicità all'ultimo posto, facciamo la fabbrica, poi si vedrà... Fatto l'insediamento, la macchina mortale si ferma soltanto dopo un disastro Icmesa: un po' tardi per ripensarci. Dopo quanta strage di vesciche d'uomo si è fermata l'Ipca di Ciriè? Tutta l'industria chimica è tossica, e se il grado di tossicità contasse qualcosa, queste industrie sarebbero dappertutto dei vascelli fantasma, degli spettri vagabondi, respinti anche dai cimiteri Che cosa vi aspettate? Dietro il vento distruttore che brucia le nostre ultime campagne pulite c'è l'inferno puro, non un maggio fiorito. Chi ve lo porta, è un emissario dei Luoghi Bassi; perfettamente rasato, sicuro di sé. dolce, fermo nel persuadere... Ma per schivare quel fradicio epiteto di Apocalittico che mi viene di solito grattugiato sulla schiena come pronta chiusura di argomento, mi proverò ora a ragionare in termini di umilissimo buon senso. C'è o non c'è crisi nelle industrie in questa sfringuellante Repubblica? Ce ne sono che chiudono, altre che tirano avanti come maratoneti all'ultimo chilometro, stuoli di occupati che rischiano il congedo. I salvataggi statali sono altrettante sedie messe di traverso su un vuoto sempre un po' più largo di quanto non sia lunga la sedia. E non è in profilo sull'orizzonte una stretta, una penuria del combustibile che fa muovere i colossi industriali? Che cosa succederà, ad aumentarne stupidamente il numero? Nuove industrie per divorare energia, che sappiamo scarseggerà: un'imbecillità da capogiro! Facciamo industrie che non riusciranno forse mai ad avere un bilancio in attivo, che nascono già malate, quando si potrebbe ancora proteggere dal contagio, se ne esistano, le sane. Una società estera, che nelle sue decisioni supreme non dipende dall'intrico dei problemi politici e sociali che avviluppa ogni chiusura di stabilimento, mantiene in vita le sue industrie finché ne abbia convenienza: questo è più chiaro di un pugno. Può darsi che l'unico incentivo per una società estera ad investire da noi sia la licenza che gli è data d'inquinare, dato che il costo del lavoro sta arrivando anche qui a livelli europei, con resa molto minore: allora, basterebbe un inciampo alla sua convenienza di scaricare veleni nell'ambien¬ te per indurla a desistere o a sloggiare. E la Glaxo è una società estera. La perdita di forza dello Stato ospite è un altro buon motivo per ripensarci. Che cosa abbiamo in vista, quanto a forza effettuale, non immaginaria, del potere pubblico? In vista, sotto gli occhi di tutti, c'è. magistralmente guidato dai suoi conduttori politici, uno Stato centralizzato che perde centro, impedito di agire da troppi poteri corporativi e feudali, schierato ormai in difesa, con poche cbatices di contrattaccare con successo. E ci sono tranquille valanghe di scioperi. Veramente, d'incoraggiante non c'è che la libertà d'inquinare. II riflesso più probabile di una situazione come questa sul futuro dell'industria di Pontevico è la sua chiusura precipitata, prima che siano passati i cinque anni previsti per l'assorbimento della manodopera. Ma un'industria che chiude, che cosa lascia? Rancori, piaghe aperte, bruttezza E ogni nuova zona industriale che cosa calamita? Delinquenza, infelicità, paura e soprammobili, che non consolano dell'aria perduta. Ditemi se non è questo il momento di riconvertire, di rieducare al lavoro agricolo e al rispetto della terra quanti più è possibile degli occupati nelle industrie più malandate e malsane? E di persuaderli con incentivi, con esenzioni... Se non è il momento di premiare con una statua equestre (non troppo costosa) l'operaio chimico che lascia il posto per curare un ulivo, il metallurgico che si licenzia per ridare colore alla vigna di suo padre, abitata dalle streghe sulla collina? Un uomo che ha un orto e una vigna vivrà e farà vivere i suoi; e se gli dai anche un campo, due mucche e tre galline, farà vivere anche altri. Un popolo che ha intorno a sé sempre più terra bruciata dalle industrie, e dipende per qualsiasi cosa che riguardi la fame da botteghe a cui può venir meno da un momento all'altro il flusso dei prodotti, può dire di essersi scavato la fossa con le proprie mani. Ma un orto, un campo, una vigna, bisogna conservarli puliti, tenerne lontani i mostri che li attossicano. Mi fermo qui. Vorrei che il caso di Pontevico nel Bresciano e dell'Ankelfarm Glaxo non si chiudesse nell'omertà e nella rassegnazione, come infiniti altri, ma diventasse un caso nazionale — e perfino, con l'Europa che batte le ali dalla nuvola, europeo: un bel caso di rigetto di un dono avvelenat-\ Spero, buona gente di quei paesi, che troviate la forza di resistere, di non farvi distruggere la vostra pace. Guido Ceronetti

Persone citate: Johann Huizinga, Luigi Einaudi, Vincenzo Mattarozzi