«Correte, c'è un ladro»: poi le raffiche

«Correte, c'è un ladro»: poi le raffiche I poliziotti attirati nel mortale agguato davanti a un bar di Borgo San Paolo con una telefonata «Correte, c'è un ladro»: poi le raffiche I terroristi di «Prima linea» si erano impadroniti del bar, sequestrando i proprietari, e attendevano con il mitra spianato - Appena il capo-equipaggio è sceso, una scarica lo ha colpito - Contemporaneamente altri colpi sono partiti da una «131» parcheggiata sulla strada - Presi fra due fuochi, gli agenti hanno tentato una disperata difesa: quasi certamente anche uno degli aggressori è stato colpito - Il «commando» è fuggito sulla radiomobile della polizia - Poi hanno rapinato un tassì, con cui sono riusciti a dileguarsi -Signora, due caffè per favore-. E' cominciato cosi, con queste parole pronunciate da due terroristi nel bar-bottiglieria di via Millio 64/A. il terribile pomeriggio di fuoco, paura, sangue e morte, destinato a iscriversi fra i momenti più bui e tragici della Torino recente, pugnalata con frequenza crescente dagli strateghi dell'eversione. -Sembravano due clienti normali — racconta Lilia Lorenzi, 51 anni che igestisce col marito Marco Pizzato 59 anni, il bar di via Millio 64./A —. Giovani entrambi, camelli biondicci l'uno, scuri l'altro, poco più che ventenni-. Mancano pochi minuti alle 13 e i due coniugi con il figlio Adriano. 30 anni e la nuora Mara Bortot. 26. stanno pranzando nella retrobottega, il televisore acceso sta per trasmettere il telegiornale sul secondo canale. Quando entrano i due falsi clienti, s'alza da tavola la signora Lilia Lorenzi e alla richiesta, formulata con gentilezza, si prepara a caricare la macchina del caffè. Non fa in tempo, si trova puntate le canne di due pistole. ' La donna alza istintivamente le mani: » Volete i soldi? Prende.teveli, sono qui- balbetta. «Siajrao compaoni — è la risposta dei jdue giovani — i soldi non c'interessano. Non aver paura, non ti Ifacciamo del male, ma seguici-. 'Lilia Lorenzi non fa a tempo a ìconnettere. si trova sospinta a jforza nella retrobottega con i ^familiari annichiliti. Ai due scoinosciuti armati s'aggiunge subito dopo un terzo che regge una grossa radio, la posa su un tavolo, alza l'antenna e accende. Mentre tutti i componenti la famiglia Pizzato vengono legati, dalla radio sentono distintamente le comunicazioni della polizia. Ricorda la contitolare del bar bottiglieria: -Io continuavo a non capire nulla, le pistole, la radio sintonizzata sulla banda della questura... Poi hanno appiccicato un adesh'o alla parete, c'erano le foto di due e la scritta "Prima Linea"...-. Altri manifestini in serigrafia con le immagini di Matteo Caggegi e Barbara Azzaroni. uccisi dalla polizia in una sparatoria il 28 febbraio scorso in un bar di via Paolo Veronese, vengono lasciati per terra. Un terrorista, ora. compone un numero con il disco del tele¬ fono. I quattro legati sentono distintamente le parole: -Polizia, pronto, pronto. Venite in via Millio 64, c'è un ladro che ha rubato sulle auto, qui, l'abbiamo preso...-. Un inganno preparato con freddezza spietata: si parla di un episodio banale, un ladro e non una rapina, perché gli agenti non indossino i giubbotti antiproiettile. Il «telefonista» ritorna nella retrobottega e con calma invita i quattro legati a non spaventarsi: -Tra un po' sentirete sparare, se state buoni non ri succederà nulla-. Comincia la lunga attesa. Dalla radio ricevente si sente la voce del centralinista della questura: «Volante undici, recatevi in via Millio 64. furto... ripeto, via Millio 64. furto...». Passa una ventina di minuti, nel locale entra una cliente. I terroristi le saltano addosso, la fanno stendere a terra. Poi si appostano dietro la porta, i mitra spianati. Ancora pochi minuti e arriva in via Millio la volante numero 11 con tre uomini, comandati dall'appuntato Gaetano D'Angiullo. 31 anni. E' lui a scendere per primo dalla «Giulia», ed è subito un crepitare di colpi. Fanno fuoco i tre nel bar, sparano con pistole e mitra almeno altri due loro compagni «di sostegno», (una è una donna, bionda) che sono scesi da una «131» verde parcheggiata in seconda corsia. E' l'auto con la quale probabilmente sono giunti i terroristi e che dovrebbe servire loro per la fuga. Presi fra due fuochi gli agenti tentano una disperata difesa. Solo uno ha la «mitraglietta». gli altri due soltanto pistole. Nel giro di un paio di minuti si sparano non meno di una settantina di colpi, un tiro incrociato di proiettili che mandano in frantumi cristalli, sforacchiano le auto in sosta, sibilano vicini a passanti che si gettano a terra e a curiosi che s'affacciano alle finestre. Il primo ad essere colpito è stato l'appuntato D'Angiullo. appena messo piede a terra. Colpito al ventre, alla coscia sinistra e alla gamba destra, s'accascia, ma trova la forza di indietreggiare una cinquantina di metri, fino all'angolo con via Malta dove sarà soccorso dai passanti. Gli altri due agenti, riusciti nel frattempo a ripararsi tra le auto in sosta, sostengono lo scontro a fuoco. La gente spaventata s'affaccia alla finestra, non capisce, telefona ai carabinieri e alla polizia. E' a questo punto che un proiettile vagante colpisce un ragazzo. Emanuele Iurilli. 18 anni, che sta rientrando dalla scuola e sbuca dall'angolo di via Lurisia per imboccare via Millio. dove abita con i genitori al numero 64. Ca¬ de tra una Fulvia e una «850» parcheggiate proprio sotto casa. La madre. Elvira Aimasso, 46 anni, insegnante elementare alla scuola di via Malta, è alla finestra, richiamata dagli spari, e vede il figlio accasciarsi. Si precipita giù. col cuore in gola, sente il ragazzo rantolare, vede che respira a fatica. Ora gli spari sono finiti, le sirene delle ambulanze alzano un altro coro angoscioso. Ma la corsa all'ospedale con la Croce Verde è inutile. Lo studente muore tra le braccia della madre pochi minuti dopo il ricovero al pronto soccorso delle Molinette. Era figlio unico, frequentava l'ultimo anno della scuola perito costruttori aeronautici all'Itis di via Veronese. Il padre Alfredo. 50 anni, operaio Fiat, apprende la notizia dalla gente sotto casa, mentre torna dal lavoro. Nella sparatoria rimane al suolo anche un componente del «commando» terrorista, s'accascia vicino alla «131». perde sangue, abbandona la sua pistola, una Browning. I compagni se ne accorgono, approfittano di qualche attimo di tregua di fuoco per soccorrerlo, lo caricano sulla «Giulia» della polizia con la quale fuggono. Speravano di scappare sulla loro «131». ma l'auto è inutilizzabile, ha le gomme afflosciate e i cristalli infranti dai proiettili. Non fanno molta strada a bordo della «volante», anch'essa con le gomme forate. L'abbandonano in piazza Sabotino, i sedili sono intrisi di sangue del terrorista ferito. Poi costringono un taxista a prenderli a bordo e a portarli fino in via Montevecchio. Prima di fuggire costringono il taxista a consegnare i documenti e intimano il silenzio: «Altrimenti sei finito-. Marco Pizzato, proprietario del bar e la moglie Lilla sequestrati dai terroristi per quasi un'ora La «volante» rapinata dagli sparatori: un proiettile ha bucato una gomma

Luoghi citati: Borgo San Paolo, Lilla