Sadat: «Restano da superare alcuni malintesi» Carter: «E' difficile dire se avremo successo» di Igor Man

Sadat: «Restano da superare alcuni malintesi» Carter: «E' difficile dire se avremo successo» Ancora tra tensione e incertezze i colloqui in Egitto del presidente Usa Sadat: «Restano da superare alcuni malintesi» Carter: «E' difficile dire se avremo successo» □AL NOSTRO INVIATO SPECIALE GERUSALEMME — Più che a preparare un'accoglienza festosa a Carter, Israele sembra impegnato in una colossale operazione logistica: alloggi per i 200 e passa giornalisti americani, più 60 egiziani e diversi europei, linee dirette con tutto il mondo, • telefoni rossi» tra l'Hotel King David, dove alloggerà il presidente a?nericano e la Casa Bianca, un imponente servizio di sicurezza, continue prove generali all'aeroporto e lungo la via che porta a Gerusalemme. L'uomo della strada che nelle grandi occasioni preferisce ripararsi dietro la viaschera dell'indifferenza e del sangue freddo piuttosto che dar libero sfogo ai sentimenti, manifesta per la visita di Carter una mancanza di interesse che colpisce gli osservatori. E' da dubitare che folle inneggianti accolgano fra poche ore Carter. Gli israeliani che. dopo la visita storica di Sadat, 16 mesi fa, han visto uno sconcertante succedersi di docce fredde, rimangono convinti che la pace sia inevitabile ma non credono più ai colpi di scena. La pace verrà, prima o poi,ma non certo domani, dice la gente. Begin ostenta ottimismo. Ieri le sue relazioni al Consiglio dei ministri, alla commissione Esteri del Parlamento, al gruppo parlamentare del Likud, sono state incentrate sulla convinzione che Carter riuscirà a far riflettere Sadat. ,T Prudenza su tutta la linea, per contro, al Cairo. Prudenza velata da scetticismo. Ieri mattina, sul treno speciale che conduceva Carter e Sadat ad Alessandria, lungo un tragitto interrotto da «fantasie» e acclamazioni da parte dei contadini del Delta, il Ralss ha dichiarato ai giornalisti americani, preoccupati delle controproposte egiziane, die in fondo «è solo questione di qualche parola qua e là, di malintesi da superare. Spero di firmare presto la pace. Se ciò non accadrà non sarà per colpa nostra». Più cauto Carter, che pure appariva toccato dall'entusiasmo popolare: «Dovrei essere in Israele sabato sera ma sono pronto a rimanere ancora in Egitto per parlare con Sadat. Cosa può contare nella vita di un uomo un giorno di fronte alla pace?». «L'atteggiamento egiziano non mi ha sorpreso — ha soggiunto il presidente —, non ritengo di dover inviare un messaggio a Begin poiché rimangono in piedi numerosi problemi da superare. Non posso proprio dire che il successo sia garantito». // pessimismo registrato giovedì sera in seno alla delegazione americana, dopo le controproposte egiziane, è. cresciuto ieri di fronte al tono della stampa egiziana. Una frase basta a riassumere l'insieme dei commenti: «Dobbiamo ragionevolmente attenderci che non si riesca a raggiungere risultati positivi». Questo scrive l'ufficioso Al Ahram, facendo seguito alle parole sui «diritti sacri del popolo palestinese», pronunciate da Sadat nel suo discorso di benvenuto a Carter. (E il presidente ha dovuto improvvisare, facendo anche lui un breve accenno ai palestinesi). Il fatto, poi, che gli egiziani chiedano di modificare «realisticamente» le proposte di Carter, già accettate da Israele, permette di affermare oggi, senza pessimismo eccessivo, come a meno di concessioni dell'ultima ora da parte di Israele, Carter sia ben lontano dal guadagnare la posta. Una volta ancora il negoziato si trova di fronte al problema di fondo: autonomia ai pa¬ lestinesi e carattere prioritario degli impegni interarabi dell'Egitto. Sadat non può firmare, sema tagliarsi fuori dal mondo arabo, un trattato che non garantisca una data precisa per l'autonomia dei palestinesi. Non può accettare che sia consacrata, in virtù di una terminologia giuridica per quanto sottile possa essere, la priorità del trattato fra Israele e l'Egitto sui suoi «impegni arabi». Non l'ha fatto quando il contesto geopolitico nuovo creato dalla crisi iraniana non aveva ancora dato al mondo musulmano coscienza della sua forza potenziale. E'quindi lecito interrogarsi sulle ragioni che hanno spinto Carter a correre il rischio, definito «drammatico» in America, di uno scacco. Certo, un po' tutti sono convinti che il presidente non sia venuto in Medio Oriente a mani vuote. Ma le tentazioni finanziarie e militari che può aver fatto lampeggiare saranno sufficienti per convincere Sadat? Sarebbe facile per Sadat osservare che un indebolimento dell'Egitto in seno al mondo arabo non favorirebbe certo la «nuova politica» di riassestamento globale in Medio Oriente postulata da Carter. Indubbiamente il Ralss si trova a un bivio. Uno scacco di Carter avrebbe carattere più decisivo delle esperienze negative sofferte dopo il viaggio a Gerusalemme. Ma le conseguenze di uno scacco sarebbero, in ogni caso, infinitamente meno gravi per l'Egitto che non per Carter. Al limite, infatti, l'Egitto può rassegnarsi allo stato di non guerra-non pace che conosce attualmente. Se, con grande soddisfazione della maggioranza dei Paesi arabi, Sadat rifiutasse di firmare per non avere avuto strette garanzie sull'avvenire dei palestinesi, è probabile che troverebbe presso i ricchi Paesi del Golfo un aiuto finanziario molto più importante di quel che finora gli è venuto dagli Usa. In un simile caso non può essere esclusa una revisione totale della politica egiziana. Igor Man