«Giorno di lotta, non di festa» di Marina Cassi

«Giorno di lotta, non di festa» «Giorno di lotta, non di festa» A Torino, ieri a mezzogiorno il ■ saccheggio» delle mimose era ultimato: malgrado il prezzo i tralci sono andati a ruba, donati da fidanzati e mariti o da donne ad amiche, mamme, figlie. Non è stata però una giornata soltanto floreale, malgrado l'allegra passeggiata in bicicletta delle ragazze dell'Udì per il centro cittadino con mimosa e volantini. E' stata, come scelto dal movimento delle donne, una giornata di riflessione e di impegno politico. In decine di fabbriche, scuole e quartieri si sono tenute assemblee e dibattiti. Tra i tanti abbiamo scelto la riunione delle ferroviere. Alle 10 puntuali circa cento donne sono arrivate nell'austero salone del dopolavoro ferroviario di via Sacchi. Volantini, casse, nemmeno a dirlo, di mimose, libretti di spiegazione della legge sull'aborto. Chi si aspettava un dibattito teorico o politico è senza dubbio stato deluso: la riunione ben presto e divenuta una chiacchierata tra donne, un continuo racconto di esperienze vissute in prima persona. «// primo giorno di lavoro, quando mi sono presentata, il capo sezione mi ha guardata e ha detto sconsolato: "Oli, no, io volevo degli uomini"», Milena, una giovane signora bionda racconta con ironia il suo incontro con il mondo del lavoro. Le la eco Nadia, da qualche anno impegnata nel sindacato, timida, un viso dolce: -Quando mi presentavo nei posti di lavoro mi chiedevano subito se ero incinta e se intendevo in seguito avere figli. Però queste sono cose che sappiamo tutte: io. vorrei, invece, capire perché le donne partecipano poco: perché in famiglia chi fa politica è sempre il marito-. ■ Le donne hanno troppe responsabilità in questa società: anche molte mie colleghe oggi mi hanno detto: "Verremmo all'assemblea, ma dobbiamo fare la spesa e recuperare due orette ci fa sempre comodo"-. Vera, una ragazza combattiva, parla con enfasi ed aggiunge: «ilfa la colpa non è loro, io non mi arrabbio con queste donne, la colpa è dell'organizzazione della famiglia-. Prosegue raccontando, come si usa dire, il suo "privato". -Io ho sempre partecipato al sindacato: poi ho avuto il bambino E allora è diventato tutto più difficile. Una fatica tremenda: la casa, il marito, il figlio, il lavoro, l'impegno. E poi come se non bastasse ti senti anche dire- "Si ma tu non sei mica una vera mamma, perché con tuo figlio stai poco tempo". Cercano anche di colpevolizzarci, oltre alla fatica che facciamo-. I! discorso colpisce; una signora giovane, incinta, con lunghi capelli biondi aggiunge: ■ Questo 8 marzo non è una festa, sarà una festa per gli uomini che magari per dimostrare che sono dei compagni sensibili ci regalano anche la mimosa: ma per noi è una giornata di lotta per cambiare la nostra situazione. Io sono incinta e cosi certi lavori non li posso più fare e il mio capo dice: "Vede, signora, lei è un peso per noi"-. Quando Mariuccia Vernetto dell'Udì inizia a parlare è quasi mezzogiorno. Ricorda rapida che malgrado i problemi la condizione della donna è cambiata: leggi importanti si sono conquistate, il costume si è in parte modificato. Affronta i problemi del terrorismo che - vuole ricacciare indietro anche noi, farci chiudere in casa-. Lancia un appello all'organizzazione della solidarietà tra donne perché -stare insieme è bello, creativo, impor'ante-. Conclude ricordando l'iniziativa del «tribunale 8 marzo- e sottolinea che le testimonianze possono essere discusse insieme, in riunioni. Poi, rapidissime, le donne lasciano la sala e tornano alle case, ai figli, alla spesa da tare. Marina Cassi Gli scolari della Gemelli escono festanti con il mazzolino di mimosa da portare alla mamma

Persone citate: Mariuccia Vernetto

Luoghi citati: Torino