Il caro bar non è troppo?

Il caro bar non è troppo? I nostri soldi Il caro bar non è troppo? di Mario Salvatorelli Guardo una tabella in cui sono affiancati, in bello ordine, i costi d'acquisto, le dosi, i prezzi di vendita al pubblico e i margini di guadagno dei bar, al lordo delle spese generali, e rimango trasecolato. Si va da un minimo dì 110 lire, pari al 122 per cento, per ogni «brioche», a un massimo di 1908 lire, pari al 558 per cento, cioè più di cinque volte, per un litro di Coca Cola o di aranciata. Chiesta conferma di questi dati a Vincenzo Dona, presidente dell'Unione nazionale consumatori, cui si devono inchiesta e tabella, vorrei segnalarli a chi di dovere, come esempio di quella necessità di un «controllo» ■dei prezzi (l'ho messo tra virgolette, per sottolinearne la differenza da un «blocco» dei prezzi), che da tempo vado sostenendo. Prima di esaminare la tabella, mi sembra opportuna una premessa. E' vero che i margini di guadagno che se ne ricavano sono al lordo delle spese generali: di personale, di affitto, d'imposte, di energia elettrica, eccetera. Ma è anche vero che i negozi dì alimentari si accontentano di un ricarico, cioè di un margine tra costi di approvvigionamento e prezzi di vendita ai consumatori, del 20-30 per cento in media, pur non avendo spese generali così diverse da quelle dei bar, a parte l'orario più prolungato di questi ultimi, con la conseguente necessità di un doppio turno di personale, maggiori consumi di energia e, in genere, maggiori tasse. Limito, ora, l'esame della tabella ai prodotti di più largo consumo. Un aperitivo nazionale analcoolico, che costa al gestore del bar poco più di 108 lire, ha un prezzo di vendita al pubblico di 500 lire, nel nuovo listino, con un margine, quindi di 391 lire e centesimi, pari ad oltre il 361 per cento. Un litro di latte, che costa al barista dalle 404 alle 460 lire (prezzi di Roma), a seconda se il bar ha una latteria annessa, quindi è rifornito dalla Centrale, oppure negli consente cinque dosi, al prezzo di vendita di 250 lire luna, per un totale di 1250 lire, e un margine lordo che va dalle 790 alle 946 lire, cioè dal 171 al 209 per cento. Una bottiglia d'acqua minerale, da un litro, parte con un costo di 80 lire e arriva con un prezzo di vendita di 500 lire, calcolando cinque dosi a 100 lire l'una, con un margine lordo di 420 lire, pari al 525 per cento. Della Coca Cola e dell'aranciata abbiam già detto. Tutto il resto è in proporzione. L'Unione nazionale consumatori ricorda, poi, e sottolinea, la caduta dei prezzi del caffè sui mercati internazionali, per respingere la tesi che questi aumenti sono stati apportati, non solo per adeguare i prezzi ai nuovi costi, ma anche per non rincarare la tazzina di caffè, con il nuovo listino. Sono andato a controllare, ed effettivamente c'è stato non una caduta, ma un crollo dei prezzi. Sul mercato di Londra, che detta legge in materia, la quotazione della qualità «robusta», una delle più trattate, dopo aver superato le 4000 sterline la tonnellata nel marzo 1977 (pari a 6 milioni 100.000 lire, cioè 6100 lire il chilo, al cambio di allora), è scesa in questi giorni a 1374 sterline (pari a 2340 lire il chilo circa, al cambio attuale), cioè a poco più di un terzo. Una flessione, ovviamente, di cui il consumatore non beneficerà. Forse anche l'esercente ne ha tratto poco vantaggio, tanto esigua è la quantità di caffè contenuta in una tazzina, ma è certo die l'averne mantenuto inalterato il prezzo, ammesso die l'abbia fatto, non è stato un sacrificio. Un'altra prova della necessità di controllare quanto succede nel commercio degli alimentari e delle bevande me la segnala un lettore di Borgomaro (Imperia), che mi prega di non fare il suo nome, «perché il paese è piccolo». Si tratta dell'olio di oliva, per il quale con il 1 aprile andrà in vigore l'aiuto della Comunità europea, pari a circa 300 lire il chilo, al netto delle spese. In previsione di questo aiuto, mentre i consumatori si attendono un ribasso in proporzione, l'olio d'oliva, rettificato ed extra-vergine, denuncia il lettore, sta rincarando, e sembra che entro il 1 aprile raggiungerà, se non supererà, come rincaro, l'aiuto delle 300 lire, trasformando, aggiungo io, il ribasso al consumo in un «pesce d'aprile». // lettore di Borgomaro conclude: «Sarebbe bene che gli organi competenti si interessassero un po' della cosa, senza attendere le lamentele dell'opinione pubblica». Sono pienamente d'accordo, anche se dubito molto che gli «organi competenti» siano sensibili alle lamentele del pubblico che, come si dice per i ragli dell'asino, non salgono in Cielo.

Persone citate: Mario Salvatorelli, Vincenzo Dona

Luoghi citati: Borgomaro, Imperia, Londra, Roma