Nella città fiorisce il Poeta di Giulia Massari

Nella città fiorisce il Poeta IN 150 COSTITUISCONO LA «SOCIETÀ' DI POESIA» Nella città fiorisce il Poeta Sono Milano e Roma i centri in cui si organizzano dibattiti, conferenze, concerti, ma presto le iniziative si diffonderanno -1 promotori pagano quote da cento a seicentomila lire ROMA — «Un'assemblea di soci", ha definito Nanni Balestrini il convegno che si è tenuto a Milano, al circolo Turati, nelle giornate di sabato e domenica. Era l'assemblea della «Società dì poesia», sorta per iniziativa di Diego Paolini e Giovanni Raboni, e della casa editrice Guanda, da sempre attiva nel campo della poesia: suo programma, la pubblicazione di libri di versi scelti secondo criteri che verranno via via stabiliti dai soci (subito, 150, ma si spera che la cifra venga superata), i quali in questi due giorni di lavori avevano fra l'altro il compito di nominare un comitato di lettura di cinque persone, rinnovabile ogni anno, stendere un piano di lavorazione, discutere, confrontarsi. I 150 soci hanno accettato una clausola insolita, che giustifica il nome di «società», e cioè di quotarsi per una cifra non inferiore alle 100 mila lire e non superiore alle 600. Sette, otto libri al massimo dovrebbero essere pubblicati nel primo anno, poi, man mano, sempre di più, ma l'attività non dovrebbe limitarsi a questo, e già si accolgono proposte e si accettano suggerimenti e si dice di dibattiti, conferenze, concerti, un po' dappertutto in Italia, perché, si crede, i nuovi soci verranno anche da città diverse che non Milano e Roma: ma per ora, la Città è il luogo dove fiorisce il Poeta. Diffusione della poesia, dunque: questa diffusione che è il segno dominante di una quantità di iniziative, da almeno un paio d'anni. Librerie dedicate unicamente alla poesia, come quella di recente aperta a Roma e quella che fra poco aprirà a Milano, convegni che hanno titoli come sesso e poesia, psicoanalisi e poesia, la donna nella poesia, il bimbo nella poesia, il gatto nella poesia, o come quello, che si terrà a Roma il 7 marzo, intitolato alla «Parola nella poesia», letture di poesìa non più sporadiche ma stabilizzate come quelle che su iniziativa di Elio Pecora si tengono ogni venerdì a Roma in una cantina dalle parti di. piazza Navona, alternandosi sul palcoscenico Giorgio Bassani con la sua dizione sicura ma anche ironica, Alberto Arbasino nella veste di cultore dello sberleffo in poesia, Amelia Roselli che fa poesia come musica o canto, e il poeta un po' attore Dario Bellezza, e l'appassionata Maria Luisa Spaziani: ecco alcuni dei risultati del nuovo corso. «Sto accadendo semplicemente questo — dice Maria Luisa Spaziani —. Siamo stanchi di vivere in una logosfera, abbiamo bisogno di parole che non si degradino, co-, me di puri diamanti e di oggetti d'oro in tempo d'inflazione. A livello inconscio, è la speranza di recuperare la perduta certezza nella parola». Maria Luisa Spaziani con Danilo Dolci, e poi Giorgio Caproni, Giovanni Raboni, Mario Luzi e Giacinto Spagnoletti, sono gli ideatori del progetto finora più ambizioso, un centro internazionale di documentazione e iniziative, chiamato «MovimentoPoesia». Finora, si sono trovati alcuni fondi, provenienti da ministeri ed editori. Bisognerebbe arrivare al tetto di 40 milioni, e diventare fondazione, secondo Maria Luisa Spaziani. Lei ci pensa da dieci anni, per niente scoraggiata dal ricordo di un tentativo simile fatto da Ungaretti nel 1965, che si arenò, come il poeta disse, perché «annegato nel sottobosco». Cioè, sopraffatto da poeti e poetuzzi di ogni tipo: una delle ragioni per cui in Italia si legge poca poesia potrebbe anche essere che molti se la producono in casa. Dal «Movimento-poesia» dovrebbe nascere anche l'anno della poesia, probabilmente il 1982, se l'Onu e l'Unesco saranno d'accordo. «Io vedo in tutto questo fervore un desiderio di ritornare alla giovinezza, dopo tanta saturazione di razionalismo, o di quello pseudorazionalismo rappresentato dalla politica o dalla sociologia. L'uomo pri-'\ vato era stato dimenticato per l'uomo collettivo. Sono scettico ma spero che ne venga almeno un archivio degli scrittori moderni», sogna Giorgio Caproni. Brontola Giacinto Spagnoletti: «In Italia manca qualsiasi strumento di studio. Se a Renna si fanno cento tesi di laurea su uno scrittore, è probabile che si rifacciano all'Aquila e a Urbino, eguali. In Francia, la tesi di laurea viene depositata in un istituto centrale, cosa che da noi non esiste. E di tesi di laurea su scrittori moderni, se ne fanno: ce ne sono 340 su Cassola. 250 su Pavese, parecchie decine anche su un solo verso di Montale. Naturalmente, sono di più su romanzieri che non su poeti per la difficoltà di trovare bibliografie esatte». Maria Luisa Spaziani, infatti, ha raccontato di uno studente che voleva fare una tesi sul poeta Rebora: non avendo trovato materiali, l'ha l'atta 3Ul romanziere Fenoglio. «A mio parere — spiega Spagnoletti — questo fermento poetico si deve molto a! teatro. Sono almeno dieci anni che i vari Carmelo Bene leggono poesia. Si tratta di una dilatazione del mondo teatrale». Quanto a quell'interrogativo. Montale o Moravia, Spagnoletti è deciso: Montale, senz'altro. «In qualunque Paese parli di Montale, ti ascoltano, se parli di Moravia è probabile che sbadiglino. Montale è una coscienza con una perpetua consapevolezza. Naturalmente, nella scelta dei poeti conta anche il fatto politico, e allora Eliot non viene letto perché cattolico, per fare un grande esempio. Montale è certo considerato reazionario, ma molto molto serio, uno con cui si può venire a patti. An die Saba è letto e seguito. In genere agli intimisti si preferiscono gli apocalittici ma Saba è un grande solista che interpreta tutti i temi». «La poesia — ribadisce Caproni — obiettivamente dura di più ed esercita un'azione più profonda. E' noto quanto ha contato per tutta una generazione l'uscita degli Ossi di seppia. Conta ancora». Le stesse cose ha sostenuto, nelle giornate del convegno Balestrini, che è di un'altra generazione e di altre idee po litiche: «La generazione del '68 — ha detto —non ha avuto poesia, ma cultura politica, interesse politico, sogno di ri voluzione. Ora che questo in teresse è diminuito, si torna alla poesia. Fra Moravia e Montale: certo, quantitativamente il romanzo è più letto, ma il poeta fa un discorso intellettuale più alto, che alla fine incide, e dura di più». Ma un'altra considerazione si potrebbe fare: si legge più narrativa, è vero, e questo porta a constatarne, con amarezza, la mediocrità. Se si leggesse più poesia? Giulia Massari