Italie avverse di Carlo Tullio Altan

Italie avverse DEMOCRAZIA E PAR AFEUDALE SIMO Italie avverse «Oltre alle miserie moderne, ci opprime tutta una serie di miserie ereditarie, che sorgono dal vegetare di modi di produzione antiquati e sorpassati, che ci sono stati trasmessi col loro corteggio di rapporti sociali e politici anacronistici. Le nostre sofferenze vengono non solo dai vivi, ma anche dai morti. Le mort saisit le vif!» (K. Marx // Capitale, dalla Prefazione alla prima edizione). «Perché, onorevoli colleghi. l'Italia è quale la storia e la natura l'hanno format-.: è tuttora un paese, in cui due civiltà continuano a coesistere in un sol corpo di nazione». (G. Fortunato, dal Discorso alla Camera dei Deputati del 3 luglio 1896). Queste due enunciazioni, che ci pervengono da persone così diversamente collocate nella storia politico culturale del loro tempo, non sono mai' state seriamente utilizzate per capire ciò che noi stiamo vivendo ora. in questi anni, in Italia. Il loro significato è tuttavia molto chiaro: si può dare il caso, che spesso si verifica, della contemporanea esistenza di due diversi modi di produzione — che Giustino Fortunato chiamava genericamente «civiltà» — in un unico spazio geografico e sociale, e che si trovano in conflitto fra loro. Questo dualismo, in una certa formazione storico sociale, è un fenomeno che ha attratto da' tempo l'attenzione della sociologia dei paesi latino americani. Ma una certa boria nazionale, e un senso attualmente ingiustificato di superiorità culturale, ostacolano l'applicazione di questi concetti anche all'analisi del caso nostro italiano, che ne è forse l'esempio più notevole, per i fenomeni che provoca, per i suoi sviluppi e per le sue conseguenze. In Italia infatti, a fianco di un settore economicamente e socio-politicamente inserito nel concerto delle democrazie europee industriali avanzate, si mantiene una realtà di tipo parafeudale la quale, se ha perso quasi totalmente orinai la sua struttura agricola fondiaria latifondistica di base, ha tuttavia conservato una notevole quantità di elementi culturali e di strutture e articolazioni sociali che erano proprie di quel modo di produzione, e che sopravvivono alla sua fine storica a causa del differente ritmo di trasformazione, caratteristico delle diverse componenti di ogni formazione storico sociale. * ★ Una delle fondamentali conseguenze di questo dualismo di struttura è data dal fatto che nella dinamica di una tal formazione, accanto ed assieme alla lotta delle classi, che costituisce, con il progresso tecnologico, uno dei motori fondamentali della storia della società democratica industriale, si sviluppa un conflitto fra modi di produzione incompatibili fra di loro, una lotta di «civiltà», per dirla con le parole di quello che fu forse il più insigne dei nostri meridionalisti. Il combinarsi di queste due forme di lotta dà luogo a conflitti ambigui, in cui si alterano profondamente i termini di una lotta di classe con esiti creativi, e si producono fenomeni di disintegrazione sociale. Il significato complesso di questi fenomeni sfugge sia a chi tenti di inquadrarli nello schema canonico della lotta che oppone borghesia e proletariato, sia ai fautori di una generica modernizzazione, che scorgono, sì. il conflitto fra le due civiltà, ma trascurano nella loro ottica l'ineliminabile elemento costituito dalla lotta delle classi, che è essenziale per comprendere la dinamica di trasformazione della moderna società industriale occidentale, e questo nel nome di un interclassismo ideologico e conservatore. Perché la lotta di classe si snatura quando si manifesta in una tale situazione come quella italiana, e non unicamente italiana? Soprattutto perché lo scontro avviene solo di rado fra forze sociali che tendono chiaramente a difendere e a consertare un certo ordine, e altre che tendono a sovvertirlo ispirandosi ad un progetto alternativo. E infatti l'aggregazione dei gruppi che si oppongono fra di loro sul terreno politico si attua in gran parte sulla base di interessi corporativi e settoriali, riflette cioè l'emergere di una visione delle cose particolaristica e frammentata, che è data dal sopravvivere di prospettive culturali e politiche legate al modo di produzione arcaico e parafeudale. con le sue tipiche espressioni clientelari. In Italia il processo degenerativo del settore politico di governo, che è naturalmente il più esposto in tali casi, nel corso degli ultimi vent'anni. si è accompagnato ed ha favorito, come ormai è ben noto, processi degenerativi in tutti gli altri settori della vita nazionale. A che serve il lamento funebre sulla «morte dei valori» (quali?), o il pianto rituale sulle ceneri dell'arcaica società contadina, parte integrante e consustanziale della società parafeudale. fonte inesauribile di miti di evasione? Tutti questi discorsi anacronistici servono solo a mascherare le vere ragioni di fondo del fenomeno rappresentato dall'attuale disintegrazione sociale, ragioni che sono di ordine storico e strutturale. * * Senza una tale messa a fuoco conoscitiva, le forze politico culturali progressive sono destinate a restare al palo, sprovvedute di ogni indicazione operativa seria. E questo dà* luogo a fenomeni tragici quando, fidando nei soliti schemi e negli strumenti teorici rozzi ed elementari che sono stati loro forniti, i giovani ri danno a far politica secondo quelle prospettive. L'inevitabile fallimento li porta alla disperazione della cieca violenza o li confina nell'abulia e nella rinuncia. Ma il torto non è loro, perché la nostra generazione, tutta, non è stata in grado di dirgli nulla di valido nel senso razionale, portando argomenti adeguati a far capire che cosa succeda attorno a loro. In questa condizione nasce inevitabilmente la «situazione fascista». Quando nelle formazioni storico sociali dualistiche, i residui del vecchio modo di produzione, interferendo distruttivamente negli sviluppi del modo di produzione moderno, conducono la società al marasma anarchico — e noi vi siamo dentro in pieno — si manifesta una prepotente tendenza, che gli esempi storici passati e presenti ci rivelano ormai senza ombra di dubbio. Questa consiste nell'aggregazione di interessi sociali, che si sono ormai legati strettamente allo sviluppo del processo di modernizzazione, attorno a una forza che mostri in apparenza di rappresentarli e di difenderli, anche a costo di eliminare dal gioco politico la dialettica democratica della lotta delle classi, dalla quale solamente quel processo potrebbe realmente e concretamente alimentarsi. Da questo fenomeno sono nati i fascismi neri di Europa e dell'America Latina, non solamente, ma se si guarda bene a fondo, anche le dittature burocratiche dei cosiddetti «socialismi reali», che mirano anch'essi alla modernizzazione industriale da conseguire con ogni mezzo, salvo quello della democrazia E tutti questi regimi non si potrebbero spiegare solo con l'imposizione prepotente di una minoranza, nemmeno di classe, perché hanno una loro base di consenso nel corpo degli interessi della parte più moderna della formazione storico sociale dualistica, colpiti dalla disgregazione anarchica, e che attraversano l'intero sistema delle classi. E' chiaro peraltro che. sopprimendo al loro interno il motore costituito dalla lotta politica delle classi, questi regimi sono storicamente condannati al fallimento, a più o meno breve termine. Questo processo, che la recente lezione cilena ha notevolmente chiarito, dice soprattutto una cosa alle forze politico culturali della sinistra: la cura degli interessi legati ai processi di sviluppo e di modernizzazione, che sono in grado di sanare la condizione dualistica delle formazioni storico sociali, non può essere lasciata in monopolio né ai conservatori, che ne fanno un problema esclusivamente tecnico ed economistico. senza profondità progettuale ed utopica, né ai reazionari che vi darebbero una soluzione sostanzialmente fascista, quale ne sia la nuova versione immaginata dalk fertile fantasia italiana, che già una volta ne ha dato al mondo la prima edizione autentica. Ciò significa che la lotta contro i nefasti residui di un passato che non vuol morire, e che afferra e soffoca noi che vorremmo vivere in modo diverso, come scrisse Marx, debba essere assunta in prima persona dalle forze politiche progressive, mirando concretamente ad alcuni precisi obietti- vi. Oltre alla ripulitura radicale delle proprie stalle clientelari — cosa non facile ma nemmeno impossibile — una serie di iniziative non andrebbero trascurate. Innanzitutto non basta premere sul governo e sulle forze imprenditoriali per dirottare al Sud il flusso degli investimenti industriali, senza agire anche direttamente sull'ambiente locale, per renderlo ricettivo a questo genere di attività, così lontane dalle tradizioni parafeudali. Ricordo solo, come obiettivi da combattere, l'organizzazione delle mafie più diverse, che taglieggiano le imprese, interferiscono nella vita sindacale delle aziende, portandole alla paralisi, attraverso l'anarchia di una microconflittualità permanente; l'assenteismo stimolato dalla pressione dell'ambiente contadino tradizionale, che oppone agli impegni del lavoratore di fabbrica quelli di una vita comunitaria paesana, con obblighi sociali e familiari alternativi e incompatibili con i primi: la pratica del sindacalismo «autonomo», svincolato da interessi collettivi di vasto respiro, contro cui si deve lottare senza ambiguità e collusioni; il dilagante fenomeno del terrorismo, tipico delle società dualistiche arretrate di Europa e d'America, e contro al quale va organizzata una difesa collettiva di massa. Questi sono solo alcuni esempi di ciò che le forze della sinistra dovrebbero fare, senza' per questo trascurare ovviamente i tradizionali compiti politici che loro spettano quali rappresentanti privilegiati del mondo del lavoro. Altre cose invece non si dovrebbero fare da parte di queste forze, che sovente si fanno: cavalcare la tigre dei movimenti locali di tendenza etnico separatista, in cui si fondono e si combinano, a seconda delle tradizioni locali e della collocazione geografica, nostalgie asburgiche o borboniche, clericalismo tradizionale, localismo asociale ed eversione anarcoide. Con simili manovre di «recupero», per non perdere qualche voto si rischia di perdere l'appuntamento con la storia. Sono solo alcuni esempi, per indicare il tipo di lavoro da svolgere per togliere di mezzo i più gravi ostacoli che la società tradizionale oppone ad un processo democratico di modernizzazione, fondato sulla dialettica creativa delle classi. Le alternative al successo di questa lotta e le conseguenze di un suo fallimento sono due: o una nuova probabile forma di fascismo mascherato, o meno, o la regressione verso una improbabile società ad economia silvo pastorale, capace di far vivere sul nostro territorio una decina di milioni di persone, o anche meno, come nel VI secolo, dopo l'invasione longobarda. A noi la scelta. Carlo Tullio Altan

Persone citate: Giustino Fortunato, Marx

Luoghi citati: America, America Latina, Europa, Italia