Mosca: i cinesi non se ne vanno

Mosca: i cinesi non se ne vanno Mosca: i cinesi non se ne vanno DAL NOSTRO CORRISPONDENTE MOSCA — Soltanto in tarda serata, molte ore dopo l'annuncio del governo di Pechino, l'agenzia Tass e poi radio e televisione sovietiche hanno ripreso la notizia del ritiro cinese dal Vietnam. Questo lungo silenzio ha rappresentato il dato politico saliente della giornata. Prevaleva l'impressione che non fosse dovuto alla consueta lentezza del sistema d'informazione, né ad una generica prudenza. Tanto più che intanto veniva concesso ampio spazio alle dichiarazioni in senso contrario rilasciate dai dirigenti di Hanoi: «Gli aggressori cinesi fanno tentativi accaniti di penetrare più profondamente in territorio vietnamita sul fronte di Lang Son. di Cao Bang e su altri fronti...!'. Il commento che ha accompagnato la diffusione della notizia lascia infine intendere che al Cremlino restano scettici circa le vere intenzioni dei cinesi: comunque, per il momento, non si intende dare credito alla loro parola. «Ricordiamo che più di una dozzina di divisioni dell'armata regolare cinese (e non delle unità di frontiera, come afferma il comunicato dell'agenzia Nuova Cina) sono penetrate in Vietnam il 17 feb-'l braio scorso...», scrive tra l'altro la Tass. Aggiungendo subito dopo: ../ prossimi giorni mostreranno che cosa significa, in effetti, la dichiarazione di Nuova Cina. E' diffìcile dimenticare le pretese territoriali cinesi sul Vietnam... Inoltre Nuova Cina non spiega come sia possibile conciliare l'annuncio di ritirata delle truppe con l'invio durante gli ultimi giorni di nuove grandi unità dell'esercito regolare ■ nella zona dei combattimenti, oltre che alle frontiere con il Vietnam e il Laos. Per il momento, non ci sono informazioni che confermino il reale inizio della ritirata...». La Tass non nasconde la soddisfazione sovietica per gli esiti politici dell'aggressione cinese al Vietnam, giudicati del tutto pregiudizievoli per l'immagine internazionale del governo di Pechino. «La perfida invasione scatenata contro il Vietnam socialista ha sollevato un'ondata di indignazione e di protesta nel mondo intero. Nessuno ha osato sostenere apertameli te gli avventurieri di Pechino...», osserva. cvlYssc coincidendo con quanto aveva affermato sulla Pravda l'autorevole articolista Yuri Yukok. per il quale «gli ultimi sviluppi dell'aggressione lianno un poco raffreddato le teste calde di Washington...». A Mosca sono convinti che il saldo politico del conflitto cino-vietnamita risulti oggi del tutto favorevole per l'Urss e i suoi alleati. L'Unione Sovietica ha dimostrato di avere i nervi saldi, come si addice a una grande potenza: il Vie-, tnam non è più tanto agli òcchi del mondo il nuovo militarismo espansionista del SudEst asiatico, quanto soprattutto un Paese vittima di una rinnovata aggressione. La Cina, che abbia raggiunto oppure no gli obiettivi militari che si era prefissa attaccando il Vietnam, ha rivelato nei fatti la sua vocazione aggressiva e il suo primitivismo politico. E ciò nel momento in cui era impegnata a rompere l'isolamento Livrio zanotti

Persone citate: Cao Bang, Lang Son, Yuri Yukok