Tanassi ha lodato il «cibo abbondante» ma rifiuta di uscire per l'ora d'aria di Liliana Madeo

Tanassi ha lodato il «cibo abbondante» ma rifiuta di uscire per l'ora d'aria Come i «grandi» reclusi hanno trascorso la seconda giornata a Rebibbia Tanassi ha lodato il «cibo abbondante» ma rifiuta di uscire per l'ora d'aria L'ex segretario socialdemocratico ha ricevuto indumenti dai familiari - Poi s'è ritirato nella cella con due libri di storia -1 fratelli Lefebvre hanno chiesto «rasoi e sapone da barba» ROMA — Alle 9.30 di ieri laj moglie, le tre figlie e due ge-| neri di Mario Tanassi si sono' presentati al portone del carcere di Rebibbia recando un pacco di giornali e indumenti per il loro congiunto. L'incontro s'è svolto in un'apposita saletta, sotto gli occhi di un agente di custodia, separato dal gruppo da una vetrata. C'è stato un abbraccio, attraverso un lungo bancone. Poi un fitto conversare, per circa un'ora. Sbarbato, vestito con cura, la faccia seria ma tranquilla, l'ex ministro ha rasserenato tutti, fatto coraggio, spiegato che non ha bisogno di nulla, invitato ad avere pazienza. «Non ha parlato di Gui. né del processo — racconta la moglie —. Si è preoccupato di noi, sema mostrare alcun segno di debolezza. La seconda giornata di re- clusione di Tanassi s'è iniziata con questo appuntamento che lo riportava al mondo degli affetti e degli interessi privati, dopo il trauma della sentenza e la rapida sequela degli avvenimenti seguiti alla condanna. Alle 13.44 di giovedì aveva fatto il suo ingresso a Rebibbia. Nove minuti prima, a breve distanza l'uno dall'altro, condotti dai carabinieri e dagli uomini della Digos, erano giunti i suoi grandi accusatori, i fratelli Lefebvre. Era stata una processione di auto, di motociclisti di scorta, di telefonate, di sirene spiegate. Solo alcuni, nel carcere, avevano già saputo della condanna dei tre dalla radio e dalla televisione. Immediatamente la voce si era propaga-' ta per tutti i bracci dell'istituto. Nella direzione si affrontava il problema della sistemazione dei tre. di come evitare a loro contatti con gli altri reclusi, eventuali ostilità o dileggi. Venivano destinati al braccio G-8, un tempo adibito ai giovani adulti, nel '75 andato semidistrutto durante una rivolta, appena restaurato e ancora deserto. I tre si sono trovati gomito a gomito nella sala immatricolazione per le cerimonie di rito: impronte digitali, foto segnaletiche, visita medica, apertura di un fascicolo personale. E' stato allora che i fratelli Lefebvre hanno richiesto di stare insieme e di rimanere separati da Tanassi. «che russa». A metà pomeriggio prendevano possesso delle loro celle: Tanassi occupava quella contrassegnata dal numero 14. Identici lo spazio e gli arredi: 4 letti. 21 metri quadrati, servizi igienici annessi, impianto di televisione, acqua calda e fredda, panche, due abatjour. Tanassi subito tirava fuori i due libri di storia che si era portato da casa e li sistemava su una mensolina. quindi firmava la richiesta di una memoria illustrativa che denuncia la mancata applicazione di una disposizione della Corte Costituzionale, documento che i suoi difensori presenteranno nei prossimi giorni. I fratelli Lefebvre si sistemavano al numero 15. con il loro bagaglio di ottimi vestiti, pullover di lana finissima, e chiedevano un colloquio con il direttore del carcere. Lo stile dei tre «grandi» reclusi si definiva subito: cortesia, rifiuto di particolari privilegi, sorrisi, affermazioni improntate a serenità e forte capacità di adattamento. « Come due dolcissimi nonnini», come già li hanno definiti in carcere, i Lefebvre hanno ricevuto ieri la visita del gruppo di direzione, dichiarando con maniere squisite, per nulla imbarazzati dalle panche su cui erano costretti e dal locale spoglio in cui si trovavano, di stare «benissimo, di aver bisogno solo di rasoi e sapone da barba, di aver trovato persone affabili»: alla prospettiva di un eventuale trasferimento in una casa penale, protestavano con garbo, facendo presente che per loro questa sistemazione sarebbe del tutto soddisfacente per il tempo che toccherà loro passare in carcere. Tanassi non è stato da meno. Ha lodato il cibo. «abbo?idantee ottimo». Anzi, si è scusato per quello che ha dovuto rimandare indietro. Ha annunciato che ne approfitterà per sottoporsi a cura dimagrante, «la cura che fuori avrei sempre voluto fare e non mi è mai riuscito di portare avanti». Ha chiesto il vitto «in bianco»: a pranzo ha mangiato pastina al burro al posto della pasta e fagioli. Nessuno dei tre ha usufruito dell'ora di aria. Sono rimasti nelle loro celle, chiuse a chiave. Se temevano di incontrarsi con gli altri detenuti, la loro è stata una precauzione eccessiva. Il reparto è vuoto, infatti. Fra i reclusi di Rebibbia non ci sono stati i temuti lazzi. Solo disincanto e ironie. Alcuni hanno chiesto agli agenti di custodia e agli assistenti sociali: «Ma quanto tempo resteranno dentro, quelli lì?». «Fra quanti giorni si faranno ricoverare in infermeria?». «Ma una raeeoman-'' dazione, per quando usciamo, ce la faranno?». Il ricovero in infermeria forse è prematuro. E' invece un'autentica possibilità, prevista dal nuovo regolamento carcerario, l'uscita dalla prigione e l'affidamento al servizio sociale. La durata della pena loro inflitta lo prevede. Ovidio Lefebvre potrebbe chiederlo subito. Il fratello fra un mese. Tanassi. invece, soltanto fra tre mesi. Ma egli può ugualmente dirsi fortunato: se infatti la sua condanna avesse superato i due anni e sei mesi, avrebbe dovuto scontare la metà della pena prima di poter usufruire della semilibertà. Liliana Madeo

Luoghi citati: Rebibbia Tanassi, Roma