La guerra comunista e l'America debole di Arrigo Levi

La guerra comunista e l'America debole Solo un successo diplomatico in M.O. ridarà forza a Carter di fronte a Mosca e Pechino La guerra comunista e l'America debole Prima dell'invasione del Vietnam c'erano in Occidente due posizioni principali su come si dovesse reagire all'ingresso impetuoso della Cina di Teng sulla scena mondiale. C'era chi puntava su un'intensa collaborazione economica, politica e militare tra l'Occidente e la Cina, per ridimensionare e disciplinare la potenza sovietica. C'era chi sosteneva invece che la chinese connection non poteva essere perseguita al punto da compromettere il rapporto speciale, oscillante tra il confronto regolato e la distensione, che l'Occidente era riuscito faticosamente a stabilire con la superpotenza sovietica. Queste due posizioni non erano cosi inconciliabili come da principio apparvero. Anche chi. come Kissinger. vedeva, con non troppo dolore. l'Unione Sovietica degli Anni SO soverchiata da un raggruppamento di potenze tAmerica. Europa. Cina. Giapponel enormemente superiori da tutti i punti di vista, non per ciò sottovalutava l'importanza dell'Urss: anzi, avvertiva che si era aperto un periodo di alcuni unni di «massimo pericolo». Era infatti possibile che l'Urss. preoccupata per l'avvenire, decidesse di agire subito in varie direzioni, sfruttando la sua temporanea superiorità militare per spezzare il grande cerchio che le si stava stringendo attorno. Altri faceva osservare che l'Occidente non poteva rinunciare, per giocare la misteriosa carta cinese, alla politica perseguita con tenacia da quasi cent'anni per portare gradualmente l'Unione Sovietica sulle posizioni di «potenza d'ordine», sostenitrice e non sovvertitrice, cioè, dell'ordine mondiale. Dal dibattito in corso su queste scelte ta Washington i «filo - cinesi» sembravano far capo a Brzezinski. i «filo - sovietici» a Vance: i governi europei erano anch'essi divisi, e co.vi lo stuolo di cremltnologi e sinologi) stava forse già emergendo un compromesso, consistente nel pungolare l'Urss con l'arma cinese, ina non per rompere, bensì per rafforzare l'equilibrio globale, cercando dì spingere russi e cinesi insieme verso politiche responsabili, più confacenti a così grandi potenze. Si incominciava a riconoscere che nei tempi lunghi conveniva forse di più all'Occidente una distensione cino - sovietica che non una pericolosa guerra fredda tra Mosca e Pechino. Ma d'un tratto è scoppiata la nuova guerra del Vietnam, stimolata dall'imprudente invasione vietnamita (Mosca plaudendo) della Cambogia. A questo punto il dibattito, da teorico che era. è diventato urgente e drammatico. Affiorano ancora le due tendenze precedenti, ma è in sostanza emersa più in fretta del previsto, nell'iniziativu americana al Consiglio di Sicurezza, quella politica mediana che già si intravedeva, attraverso la proposta del ritiro di tutti gli eserciti da tutti i territori e dell'avvio di una trattativa. Questa posizione è ineccepibile. Sarebbe anzitutto assai utile se. attraverso una duplice ritirata, si fosse data una lesione ai russi e ai loro «cubani d'Asia», dimostrando quanto sia insostenibile e pericolosa per la pace mondiale la presunzione sovietica dì governare con le armi, direttamente o attraverso i propri agenti, ogni Paese «a regime comunista». Bisogna dire con forza che anche questa nuoi'a guerra comunista è figlia della dottrina della «sovranità li¬ mitata», che i russi pretendo-1 no di imporre a tutti i Paesi che abbiano la sventura di essere compresi entro «le sacre frontiere delia comunità socialista». E' nell'interesse di tutti (compreso il pei. che pur sembra ignorarlo), che quella sciagurata «dottrina» sia una buona volta contestata e respinta nei fatti. Ma sarebbe anche bene che la Cina venisse richiamata al rispetto delle regole basilari dei rapporti internazionali. Sappiamo troppo poco dell'enigma cinese per puntare tutto il nostro capitale sulla ruota di Pechino, compromettendo quel tanto di ordine e di collaborazione che. pur fra tante delusioni, esiste nel nostro rapporto con l'Urss (..L'Urss e Occidente, e un giorno dovrà riconoscerlo». sostiene Edward Crankshaic). Sarebbe nell'interesse di tutti richiamare ambedue le grandi potenze comuniste al rispetto delle buone regole dei rapporti internazionali. L'alternativa, a cui può condurre l'ardore bellico, nazional - ideologico, dei contendenti, è una vera catastrofe. Un confronto diretto Cina - Urss rischierebbe oltretutto di dividere nuovamente l'Occidente tra filo - cinesi e filo - sovietici. Purtroppo, se l'Occidente fa giuste proposte, queste hanno l'aria di non pesare abbastanza per ricondurre alla ragione i nemici comunisti. Questa grande crisi, figlia dell'arroganza sovietica come della presunzione cinese, oltre a confermare quanto sia esiziale l'assolutismo ideologico del comunismo, rivela anche la relativa debolezza dell'Occidente: compresa l'America. Forse soltanto un successo clamoroso del negoziato medio - orientale potrebbe restituire oggi all'America la sua immagine di prima potenza del mondo, e conferire a Carter quel grande prestigio personale che occorre perché i suoi appelli e moniti a cinesi e sovietici non siano ignorati. Ma, proprio perché l'immagine dell'America é in crisi, anche il negoziato tra Egitto e Israele è di nuovo sull'orlo della rottura: la posta per cui Carter si batte é dunque altissima, al di là della stessa pace nel Medio Oriente. Mai come ora che sembra debole, ci rendiamo conto di quanto sia insostituibile l'America quale principale sostegno dell'ordine e della pace mondiale. Arrigo Levi

Persone citate: Edward Crankshaic, Kissinger, Occidente, Teng