Julien Green racconta un'ossessione di Giovanni Bogliolo

Julien Green racconta un'ossessione Julien Green racconta un'ossessione Un angelo pecca Julien Green: «L'innocenza ambigua», trad. di Elina Klersy Imberciadori, ed. Rusconi, pag. 226, lire 5500. Si prova un indefinibile senso di spaesamento alla lettura di quest'ultimo romanzo di Julien Green. La piccola Louise attorno a cui si addensa la trama di passioni morbose e di voglie inconfessate di tutti gli altri personaggi sembra una reincarnazione delle Clarisse, delle Justine, delle Marinine del romanzo settecentesco: come loro, è la vittima incolpevole della propria bellezza e del proprio candore, l'eroina incontaminata che patisce tutte le disastrose conseguenze della virtù e insieme è diabolica provocatrice, materializzazione del desiderio, personificazione del male che incombe sull'umanità. Altrettanto convenzionali sono i suoi antagonisti, privi di qualunque spessore psicologico che non sia quello della loro sensualità, fantasmi senza tempo e senza luogo che interpretano le diverse figurazioni del desiderio, da quello brutale del satiro a quello sublimato ed ambiguo dell'angelo custode. L'atmosfera,' greve di tensione erotica, si stempera in un alone di favola tra il tepore ovattato di palazzi e limousines e il gelido squallore della tana dell'orco per dissolversi alla fine in allegoria, con la ragazza che, alle soglie dell'adolescenza, svanisce nel biancore di una notte di neve. Si sarebbe tentati di leggere il romanzo come uno straordinario pezzo di bravura, la rivisitazione di uno dei più consacrati temi romanzeschi risolta senza il ricorso a superficiali attualizzazioni, ma col solo ausilio della perizia dello stile, della finezza del tocco, della misura dell'invenzione, e si potrebbe attribuire il nostro disorientamento al voluto e forse polemico anacronismo dell'operazione ed al raffinato sfasamento che Green ha calcolato tra la concretezza drammatica delle situazioni e l'evasività di un registro espressivo castigato ed elegiaco, classicamente parsimonioso e sospeso tra la libera deformazione della fiaba e l'allusiva astrattezza dell'ape logo. Si spiegherebbe li. questo modo l'aria decisamente démodée, il senso di déja vu e il dimenticato piacere di una sorvegliatissima scrittura che molte pagine trasmettono, ma si mortificherebbe il significato di questo inatteso ritorno all'invenzione narrativa da parte di uno scrittore che sembrava ormai di 'mitivanitine approdato alla riflessione diaristica. Bisognerà dunque ricollegare L'innocenza ambigua ai precedenti romanzi greenia- ni, a cui lo legano d'altronde stretti rapporti di affinità tematica (l'ossessione della carne, l'insopprimibilità degli istinti, l'angoscia dei desideri frustrati), tentando di capire la ragione del rovesciamento di prospettiva che quest'opera inaugura. In Mont-Cinère, Adrienne Mesurat, Moira e in tutte le altre pagine d'invenzione, le ragioni della sensualità esplodevano infatti tragicamente in un clima di rigoroso ascetismo e stavano a testimoniare lo strapotere del peccato contro le labili difese dell'educazione e della fede; l'orrore, tutto cattolico, del sesso si giustificava nella contrapposizione ad un impossibile angelismo. Qui il peccato campeggia solo e incontrastato in un mondo che ha abbattuto tutti i freni inibitori della morale, ma la sua forza nefasta non ne risulta attutita: anziché esprimersi nella gioia di una raggiunta liberazione, diventa ossessione maniacale, voglia insoddisfatta, nevrosi e perversione. Per dirci che il sesso è male anche fuori della concezione cristiana. Green lo rappre¬ senta nelle sue forme più contorte e morbose e gli contrappone abilmente, sotto la specie delle convenzioni sociali, una sorta di morale naturale che ferocemente lo condanna e lo contrasta. Prigioniere di queste convenzioni, l'austera e querula Gertrude e l'appassionata signorina Réau, si struggono in un mortificante voyeurismo; Brochard e Gustave che invece vi si ribellano, tentano invano di infrangere i tabù dell'innocenza e dell'incesto: l'uno raccoglie beffe e disprezzo, l'altro delusioni cocenti e infine la morte. n capovolgimento della problematica greeniana è dunque soltanto apparente e identica rimane la sua visione manichea: la risonanza inedita di questo suo nuovo romanzo si attutisce ben presto per lasciare posto alla riconoscibile musica del suo inquieto moralismo, che qui però, nel tentativo di oggettivarsi in apologo in temporale, appare meno sofferto e partecipe e quasi a disagio in quello che il titolo originale chiama il mauvais lieu di un mondo scristianizzato. Giovanni Bogliolo

Persone citate: Adrienne Mesurat, Brochard, Green, Julien Green, Mont