La partecipazione sì ma senza chiacchiere di Giuseppe Galasso

La partecipazione sì ma senza chiacchiere SCUOLA, SANITÀ', QUARTIERI La partecipazione sì ma senza chiacchiere Con il varo della riforma sanitaria l'amrrinistrazione della cosa pubblica si è arricchita, nel nostro Paese, di una nuova articolazione territorialmente e funzionalmente decentrata.' Prosegue così quel processo di revisione della struttura verticale di competenze, di giurisdizioni, di servizi che caratterizzava in maniera pressoché esclusiva la fisionomia dello. Stato nazionale e liberale uscito dal Risorgimento. Alla basefa la sua comparsa una nuova figura della geografia amministrativa: l'unità sanitaria locale, a sua volta suddivisa in distretti sanitari di base. Mentre, però, l'unità sanitaria locale ha una sua autonomia giuridica, altrettanto non accade per i distretti sanitari, che ne sono semplici divisioni tecnico-funzionali. L'unità sanitaria locale si presenta, così, come l'analogo, nel suo campo, di ciò che in altri campi sono i distretti scolastici, i consigli di quartiere, le comunità montane, i comprensori e così via. C'è. in questa nuova figura, quale la legge l'ha definita, un particolare interessante. Essa è. infatti, gestita da un organo collegiale formato non attraverso una elezione diretta, bensì attraverso una procedura elettorale che si può definire di secondo grado, poiché prevede la designazione dei suoi componenti da parte dei consigli comunali o delle comunità montane territorialmente interessati. Abbiamo qui. cioè, una ripulsa di quel ricorso a un'ampia base elettorale, che si è. invece, affermato nettamente nel caso, a esempio, dei consigli di quartiere e. soprattutto, negli organi dell'autogoverno scolastico E' un bene? Vi hanno influito soltanto ragioni di ordine tecnico? O si è anche tenuta presente l'esperienza fatta nelle scuole e nei consigli di quartiere? O. infine, ha fatto premio su tutto la spinta corporativa della classe politica ad assicurarsi attraverso i Comuni un nuovo spazio di potere, che si aggiunge a quelli che essa già detiene per le competenze e per le nomine comunali in numerosi enti, aziende, servizi ecc.? Forse un poco di tutto ciò ha concorso nel determinare la configurazione degli organi di gestione dell'unità sanitaria locale così come si è avuta. E for-1 se. anche, l'occasione è buona per qualche brevissima considerazione sul tema del decentramento e della partecipazione nell'Italia di questi anni. Sia per il decentramento che per la partecipazione la motivazione di gran lunga prevalente ha costantemente ondeggiato fra due istanze: da un lato, si è detto, ragioni di funzionalità: dall'altro, ragioni di democratizzazione. In questo modo l'ammodernamento delle strutture pubbliche appariva strettamente congiunto al conseguimento dell'elemento che più di ogni altro caratterizza un regime di libertà e ne è a fondamento: e. cioè, il coinvolgimento sempre più largo dei cittadini nella gestione degli affari e dei servizi pubblici Si è cominciato con le Regioni, attuate a oltre vent'anni dall'entrata in vigore del testo costituzionale che le istituiva, ma — bisogna riconoscerlo — con un profilo più complesso di quanto la Costituzione non prevedesse Non si trattava più. infatti, di una semplice istanza autonomistica e di un parallelo sfoltimento della congestione amministrativa romana. Le Regioni si configuravano come organi fondamentali per tutta una serie di nuove e più moderne istanze dell'azione, dalla programmazione economica nazionale ai servizi sociali di fondamentale importanza. Poi si è andati avanti. La scuola è stata un campo di elezione per l'esperimento dell'autogoverno: dai consigli di classe a quelli che sono oggi i consigli di distretto scolastico non è rimasto livello della scuola primaria e secondaria che non ne sia stato investito Nello stesso tempo, attuandosi, la nuova istituzione dei consigli di quartiere, si passava rapidamente dalla loro designazione ad opera dei consigli comunali alla loro elezione diretta col sistema proporzionale Dietro l'ampliarsi del decentramento non c'è stato soltanto un orientamento della classe politica Nell'Italia della prima metà degli Anni Settanta il valore della partecipazione larga e diretta dei cittadini al governo della cosa pubblica è stata una richiesta che si è colta diffusamente un po' in tutti gli strati della società L'abbinamento di modernizzazione e di democratizzazione che ne serobrava conseguire andava nel senso più congeniale a una società che alimentava la partecipazione, che rivendicava i diritti civili (episodio massimo il di¬ vorzio) con sempre maggiore decisione, che nel raggiungimento di agi e di benessere sempre più ampi vedeva anche la via per la realvzazione di un grado più alto di libertà individuale. Era mal concepita e mal diretta questa spinta? Soltanto pavidità e demagogia hanno portato la classe politica a favorirla? Per quanto si sia pessimisti sull'Italia di oggi, bisogna rispondere che non è stato così. Sia il decentramento che la partecipazione rappresentano valori altamente positivi non solo in generale, ma proprio in particolare per un Paese come l'Italia, del quale la tendenza pendolare a passare in continuazione dal polo dell'autoritarismo e del paternalismo al polo del particolarismo più frenetico e dell'individualismo più atomistico è una tendenza secolare. Certo, la realizzazione non è stata quella che si poteva desiderare. Basti pensare al trattamento selvaggio che una irresponsabile demagogia e un rivoluzionarismo da strapazzo hanno fatto degli organi dell'autogoverno scolastico. La gente si è presto disaffezionata e stancata di organismi che erano palestre di chiacchiere interminabili, di pretese assurde e di comizi reboanti e che non svolgevano il servizio reale e ' \ L F f possibile per il quale erano stati istituiti. Con i consigli di quartiere siamo sovente allo stesso punto Inoltre, la revisione delle strutture tradizionali è stata e è assai discontinua: forte nel campo scolastico e. ora. in quello sanitario, lo è assai meno in altri campi. Basti pensare, per quanto riguarda il territorio, al fatto che le Province proseguono la loro sempre più stanca e meno comprensibile esistenza, mentre non hanno ancora riconoscimento realtà vive e vitali come sono le aree metropolitane del Paese. Infine, all'aumento dei livelli di partecipazione non ha corrisposto, a lungo andare, un aumento proporzionale dei partecipanti. Poche persone si sono viste in giro nei vari consigli: stesse facce, stessi discorsi, stesse pretese di surrogare competenze della pubblica amministrazione o degli organismi politico-amministrativi. Con tutto ciò è da augurarsi che la democrazia partecipata e decentrata adombrata dalle spinte della società italiana degli anni scorsi rimanga in piedi come il modello, come la via italiana alla modernità politica e sociale e allo stesso avanzamento tecnico e civile Dietro i richiami alla tecnica e all'ordine che si sono fatti sempre più frequenti vi sono, indubbiamente, ragioni validissime E tecnica e ordine debbono riacquistare per intero gli spazi chela demagogia, l'incapacità di guardare lontano e giusto, l'irresponsabilità hanno sottratto a essi con danno gravissimo del Paese e della sua stessa vita quotidiana. Ma né la tecnocrazia, né le gerarchie possono costituire valori accettabili di per sé. E tanto meno possono essere accettati come strumenti di reviviscenze peraltro improbabili Nonostante tutto e con tutte le revisioni e le critiche necessarie, è solo su un allargamento reale della partecipazione di tutti alla discussione sulle cosedi tutti o alla loro gestione che può fondarsi una grande democrazia moderna e si può respingere la seduzione e il mito del Moloch paternalistico o collettivistico cui. su spondeopposte, si sono rifatti e si rifanno i totalitarismi, anch'essi congeniali a una civiltà di macchine e di masse e alle innegabili spinte dissolutrici che vi si possono innegabilmente riscontrare Giuseppe Galasso

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