S. Gennaro ha detto no di Francesco Santini

S. Gennaro ha detto no Tre ore di preghiere S. Gennaro ha detto no Il sangue non si è liquefatto - Si aspettava il miracolo contro il male che colpisce i bimbi di Napoli NAPOLI — Alla terza ora di attesa il cardinale Ursi solleva la teca ma, nel presagio triste della sventura, il sangue di San Gennaro non si scioglie. Si affannano i fotografi, rompono il cordone dei chierici. Sono accanto all'altare maggiore, con i cronisti e le. lampade della televisione. Per il male oscuro che è alla settantunesima vittima l'arcivescovo di Napoli per tre volte ha inclinato la reliquia. Per tre volte, il liquido bruno che riempie l'ampolla più grande sino a metà, è rimasto scuro e immobile. Il mercoledì delle Ceneri, con il busto argenteo e la teca esposte al culto, è diventato una giornata di penitenza ancora «più straordinaria, ancora più triste». Il cardinale Ursi ha detto: -Il morbo, il flagello, il virus misterioso, nascono dai nostri peccati, dalle colpe degli uomini, da una civiltà die è scesa al di sotto dell'istinto delle belve». Le parole sono risuonate, gravi, in una chiesa semivuota. Napoli è apparsa diversa. Nessun isterismo, nessun grido tra le navate angioine, nello stupore di chi aveva preannunciato folle sterminate e piangenti in arrivo dai paesi della fascia costiera, dai bassi dei rioni più poveri, dai quartieri degli Spagnoli. La cattedrale non si è riempita. Il clima era quello di una funzione serale anche se cento erano i sacerdoti che sedevano sull'oratorio e il coro del seminario maggiore arcivescovile intonava un canto lento del repertorio gregoriano. E' stato lui, nella cappella del tesoro, a vestire il santo. Prendeva la mitra, il piviale rosso e il pettorale. Sembrava in trance: «Soltanto questo gioiello — diceva — due anni fa è stato valutato 800 milioni». Sperava nel miracolo, nel sangue che d'improvviso prendesse a ribollire e a farsi più rosso. Nella chiesa ancora deserta, alle 3 del pomeriggio, al marchese Sersale. della deputazione di San Gennaro, era toccato il privilegio di aprire la cassaforte nella quale si conservano le reliquie. Nessun frac per i nobil1. Soltanto un abito blu e una borsa con le chiavi. L'altra, per far scattare la doppia serratura, era custodita dall'abate Morelli che. accanto a mons. MUller. implorava i miracolo. «Speriamo, vedremo, chissà». E al mattino lo stesso segretario del cardinale, mons. Franco, aveva detto: «A volte il miracolo è all'ultimo minuto», consigliando i cronisti di non allontanarsi fin quando ampolle e teca non fossero state di nuovo riposte dietro l'altare, nella cassaforte dalle porte d'argento. Il seminarista Fatica s'era preparato anche a dirigere il «Te Deum» e con l'organista Raffaele Galdieri aveva concordato di intonare il ringraziamento al primo segno dell'ampolla. Nulla di tutto questo. Nulla di più di una messa Francesco Santini (Continua a pagina 2 In settima colonna)

Persone citate: Morelli, Muller, Raffaele Galdieri, Ursi

Luoghi citati: Napoli