Trentaquattro anni fa l'incarico ad un laico

Trentaquattro anni fa l'incarico ad un laico QUEL GOVERNO CON FARRI E LA MALFA Trentaquattro anni fa l'incarico ad un laico Il richiamo a Parri è d'obbligo, in questi giorni, dopo il mandato a La Malfa. Trentaquattro anni fa. si consumò l'ultimo incarico di un capo dello Stato ad un esponente della democrazia laica (incarico con successo, perché due anni dopo il mandato conferito da De Nicola a Nitti. nella lunga crisi del maggio '47. servi solo a favorire il ritorno di De Gasperi). Pochi hanno ricordato che il capo dello Stato, nel giugno '45. era il luogotenente Umberto di Savoia, contestato dai partigiani del Nord, fischiato nelle vie di Milano, interprete di un potere logorato nella coscienza popolare, frutto di un ingegnoso compromesso elaborato a Napoli tra il '43 e il '44. al di fuori dei sentimenti e del vento del Nord; pochi hanno ricordato che la scelta di Parri per il Viminale, a due mesi dalla liberazione di Milano, seguiva a un profondo travaglio delle forze riunite nel Cln. non sanzionava una unità di schieramento ma piuttosto prefigurava le divisioni e le distinzioni del futuro imminente... Parri. La Malfa Ecco due nomi che la storia ha spesso intrecciato. In quello stesso governo, il primo dell'Italia liberata, accanto a Maurizio presidente, troviamo La Malfa ministro per la prima volta: titolare del ministero ridotto nelle peggiori condizioni, specchio di un'Italia distrutta, i Trasporti, con una rete ferroviaria quasi inesistente, una rete stradale dissestata, ponti e viadotti saltati, un parco ferroviario annientato (Calamandrei aveva chiamato la rivista delle speranze azioniste «Il ponte" proprio per evocare la distruzione tedesca degli storici ponti di Firenze, per prefigurare una funzione di saldatura «neo-risorgimentale» fra le forze che si accingevano a ricostruire l'Italia sulle rovine del fascismo). Entrambi. Parri e La Malfa, esponenti del Partito d'azione, l'unica forza politica nuova nel paesaggio dell'Italia liberata, pur con quel richiamo ostentato e patetico al retaggio del riscatto nazionale. Riuniti anche nella stessa corrente, quella di democrazia riformatrice e radicale, con lontane origini o vibrazioni amendoliane. contrapposta all'eresia socialista rappresentata da Emilio Lussu. il «leader» del Partito sardo d'azione. La Malfa allievo di Giovanni Amendola. Parri antico redattore del «Corriere della Sera» albertiniano. uscito dal giornale di via Solferino dopo il colpo di mano del cambio di proprietà imposto dal regime fascista, a fine novembre 1925. Nella scissione del Partito d'azione, che liquiderà ai primi del '46 tutti gli incantesimi della vigilia. Parri e La Malfa attestati sulla stessa posizione di «no» alla caricatura neo-socialista, sia pure con diversità di atteggiamenti tattici; accomunati nella scissione che porterà alla effimera costituzione del gruppo di «democrazia repubblicana», il trust dei cervelli ex azionisti, con Salvatorelli e De Ruggiero e Omodeo e Vinciguerra. Parri e La Malfa, ancora: soli deputati che. grazie al collegio unico nazionale, riescono a sopravvivere alla magra affermazione elettorale di quella pur gloriosa testata, neanche 100.000 voti nelle elezioni per la Costituente del 2 giugno 1946. Ed entrambi ancora, dopo la diaspora dell'azionismo. dopo lo scioglimento di «democrazia repubblicana», alla fine del '46. destinati a confluire nello storico partito repubblicano, aperto alla dissidenza ex azionista, allora, contro le resistenze dell'ortodossia mazziniana, dalla volontà di Pacciardi Due destini diversi nel pri: solo pochi anni di convivenza da parte di Parri. che abbandonerà l'edera per protesta contro l'adesione repubblica¬ na alla alleanza maggioritaria voluta da De Gasperi per le elezioni del 7 giugno 1953. fallito argine al congiunto pericolo dell'estrema sinistra e dell'aggressiva destra riaffiorante. Una «leadership» all'inizio contrastata e poi. dopo la svolta degli Anni Sessanta, assisa saldamente alla guida di un partito repubblicano concepito come erede dell'azionismo, come punto di riferimento e di coagulo di una forza laica, riformatrice, progressista, di sinistra non socialista, non marxista, pragmatica e realizzatrice, innestata sui problemi concreti di una società in sviluppo, incompatibile con le vecchie e le nuove retoriche. Due destini, quelli di Parri e di La Malfa, che si separano dopo il '53. quasi in rapporto all'asprezza dei problemi che travagliano l'Italia e la democrazia italiana. Quella successiva alla crisi del centrismo non meno di quella di dieci anni prima. Una storia, quella del Partito d'azione, ancora tutta da scrivere, che riflette nelle sue contraddizioni, nelle sue accensioni, nelle sue cadute, gran parte delle speranze laiche riaffiorate al momento della caduta del fascismo, e poi smentite. Lo stesso avvento di Parri. l'uomo nuovo, il comandante partigiano circondato dall'aureola della liberazione di Milano, alla presidenza del Consiglio in una Italia semidistrutta, sottoposta ad una rigida occupazione alleata, condizionata dal permanere del potere monarchico fortemente appoggiato da almeno una delle due potenze anglosassoni, quell'avvento non era stato privo di contrasti, e di dilaceramenti, all'interno dello stesso schieramento laico. Aveva protestato l'ala socialista del Nord, che puntava ad un Presidente del psi; Nenni. il candidato naturale di quella parte, era rimasto deluso e amareggiato. Nella sua intervista con Ronchey. La Malfa racconta di una sua visita a Nenni. in un certo sabato di quel drammatico giugno 1945 (il 20 Parri formò il governo, dopo la designazione del Cln settentrionale) per scongiurarlo a non mettersi in corsa. La Malfa è uno dei pochissimi uomini della sinistra italiana, soprattutto allora, che abbia senso realistico e pragmatico. Il suo obiettivo prioritario è l'abbattimento della monarchia, la confluenza delle forze, anche cattoliche, sul fronte della pregiudiziale istituzionale. Sullo sfondo: l'obiettivo di una grande forza di democrazia laica e progressista capace di bilanciare la prevedibile influenza cattolica. A La Malfa, che pure non è sospetto di debolezze filo-democristiane, a La Malfa, che ha sopportato una dura polemica con Togliatti proprio sui valori morali rappresentati dall'azionismo rispetto a quelli della tradizione cattolica (privilegiati dal «leader» comunista), la candidatura di Nenni appare debole e pericolosa. «Quando io compresi — confessa nell'intervista — che al Nord volevano arrivare a Nenni. mi dissi: "Qui torna il fascismo". Perché sai come era massimalista allora: è diventato saggio dopo. Quindi combattei subito quell'indicazione». Ecco perché decise di far visita al «leader» socialista nella sede di via del Corso. Seguiamo il suo racconto. «Senti. Pietro, qui bisogna fare De Gasperi presidente del Consiglio». Era la mossa per saldare la de alla causa della Repubblica, per spezzare le tentazioni moderate sui cattolici. Risposta di Nenni: «Fanimici pensare». pPo'i — è ancora La Malfa che parla — tornato da un comizio a Firenze, eccitato dalla gran folla che aveva visto, mi rispose: "Non possiamo mandare al governo un cardinale"». La candidatura di Nenni fu mantenuta; non passò, nono¬ stante l'appoggio di Pertini. Prevalse Parri. come punto di mediazione: non sgradito ai comunisti, subito dai socialisti, salutato con entusiasmo dalla parte laica della nazione, gli antenati di quella che oggi si chiamerebbe ('«Italia della ragione». Era il momento in cui il «Corriere della Sera» di Mario Borsa accoglieva nelle sue colonne il meglio dell'intelligenza azionista. Eppure La Malfa, col suo intuito politico, scorse i rischi dell'operazione, non fece nulla per spingere Parri ad accettare.'Anzi. Il futuro «leader» del pri non voleva esporre la sinistra ad una prova di governo in quelle condizioni, che erano di sovranità limitata (e limitata in mille sensi), e tanto meno della sinistra il partito più debole, più esposto. Il Paese non si era contato; solo nel settembre del '45 comincerà a funzionare, dopo esitazioni infinite, una Consulta, in rappresentanza presuntiva delle forze antifasciste riunite nel Comitato di liberazione. Il Partito d'azione era una grande speranza, cui mancava un retroterra di base. Aveva con sé quasi tutti i rettori di università, gran parte dei giornalisti, molti avvocati, esponenti delle profes-' sioni liberali e della cultura. Aveva dato alla Resistenza un contributo di sangue e di energie, appena secondo a quello dei comunisti, certo maggiore di quello dei socialisti. Ma non esistevano ancora le condizioni politiche per il successo di quella forza. Agli inizi del '45. prima della liberazione del Nord. La Malfa aveva proposto a Nenni un'alleanza fra socialisti e azionisti, un grande cartello di centro-sinistra come perno dell'articolazione di una democrazia avanzata e moderna, capace di bilanciare la confederazione democristiana che stava nascendo. «Nuovi equilibri», era il titolo dell'articolo di La Malfa. sull'«Italia libera», il 25 gennaio 1945. Da quasi trentacinque anni la democrazia italiana è impegnata nella ricerca di quegli equilibri, allora intuiti ma mai concretamente realizzati. Giovanni Spadolini Ferruccio Parri in un recente incontro con Sandro Pertini