I mesi rubati al piano Pandolfi di Francesco Forte

I mesi rubati al piano Pandolfi Da triennale sta diventando biennale I mesi rubati al piano Pandolfi E il piano triennale? L'Italia sembra essersi dimenticata di questo grosso argomento, di cui tanto si era discusso: prima nel settembre dell'anno scorso, quando Pandolfi aveva preannunciato, con un proprio coraggioso documento, il piano triennale: e poi. all'inizio di quest'anno, quando questo era stato finalmente presentato. Erano dunque fiumi di inchiostro e di parole sprecati? Perché tanto lambiccarsi e contendere su quelle cifre, riguardanti il futuro dell'Italia? Erano forse «fasulli», i grandi problemi — disavanzo pubblico, pericolo di inflazione, crescita produttiva insufficiente per risolvere le questioni della disoccupazione e del Sud — che nel piano venivano affrontati, magari con discutibili soluzioni? Temo proprio che la risposta sia negativa: i problemi c'erano e sono rimasti. A Napoli in particolare. Ciò che è purtroppo venuta meno è l'attenzione ad essi, per il sopravvenire di quel che. in gergo, viene chiamato il ..mutamento del quadro politico... Cosi i primi mesi del 1979 sono stati sciupati. I tempi di azione della manovra economica, quando sono rapidi, sono di almeno trequattro mesi: e ciò ci porta a ridosso del Ferragosto, in cui il paese va tradizionalmente in ferie. Insomma, quasi tutto il primo anno del piano triennale se ne è andato. In pratica, questo piano, ai fini del dibattito, che ci si augura voglia riprendere, è diventato .biennale... Certamente. Andreotti sbagliò nel presentare al paese il piano triennale non già ai primi del dicembre 1978, bensì solo dopo l'Epifania del 1979: quasi fosse un dono dei «re magi < della programmazione, questo sogno che inseguiamo Vi è anche da aggiungere che un piano di tre anni è più esposto a questo genere di cri¬ tiche, che uno di quattro o di cinque, come quelli che si facevano una volta. In ogni caso, rinnovazione che. cosi, si è voluta compiere, forse per il gusto di «far le cose in modo diverso» (oltreché il concetto del ..nuovo modo di fare l'automobile» si doveva esser diffuso quello del «nuovo modo di fare il piano») non è stata fortunata. Ma adesso, che si deve fare? Bisogna prendere atto che il «boom piccolo piccolo», che si è ora sviluppato e che è pervaso di inflazione, non è sorto sotto il controllo del piano. Esso è nato in modo autonomo e sta camminando per conto proprio: presto si porrà la questione se si debba scegliere fra una inflazione preoccupante e la prosecuzione «anarchica» del piccolo boom oppure una stretta monetaria. Questo comporta di studiare tempestivamente gli eventuali freni al disavanzo pubblico, da applicare come alternativa alla tradizionale stretta del credito: evitando di ridursi alle «stangate fiscali... inique e controproducenti, a cui altre volte si è fatto ricorso, accampando l'emergenza. Altra cosa da fare: prolungare il piano al 1982. considerando che il 1979 è quasi perso. E vedere come procedono il disavanzo pubblico, l'occupazione e la disoccupazione, le faccende della bilancia dei pagamenti e della lira, nel quadro delle ipotesi previste dal piano, aggiungendovi il 1982. La fetta del credito lasciata a disposizione delle imprese, da parte del piano, appariva ad alcuni seri commentatori come troppo scarsa, soprattutto sul finire del suo periodo di riferimento. Come si può rimediare a questo? Ad esempio, si è proprio convinti della realizzabilità e dell'utilità di tutte le spese per grandi opere pubbliche e per grandi investimenti pubblici, che il piano prevede? Altro argomento. Si è rilevato che questo piano devolve all'industrializzazione del Sud. all'agricoltura ecc. somme ingentissime superiori a quelle che In passato si riuscirono a spendere: ma non si preoccupa di sveltire le procedure di spesa, che sin qui hanno ostacolato consimili iniziative. Ed ancora: il piano dà ingenti mezzi alle imprese a partecipazione statale, ma non indica alcuna direttiva per la loro condotta. Si deve pensare che esse abbiano «carta bianca»? Le esperienze degli ultimi anni non mi pare costituiscano un valido titolo per questa soluzione. Vi è ancora da chiarire quali aumenti di retribuzione si intendono dare al pubblico impiego: e come si vogliono collegarli all'aumento dell'efficienza della pubblica amministrazione: senza la quale é difficile far funzionare egregiamente la nostra ansimante macchina fiscale e tante altre nostre affaticate istituzioni burocratiche. Intanto, la contrattazione ira sindacati e organizzazioni degli industriali procede senza poter fare riferimento ai principi del piano triennale, perché questo è privo di gestore politico. Ho elencato alcuni argomenti. Mi sono sforzato anche di indicare alcuni compiti urgenti. Mi si può rispondere che queste sono osservazioni velleitarie, perché al presente non abbiamo governo, con pienezza di poteri e stiamo avvicinandoci — forse — alle elezioni. Replico che se il piano triennale diventa biennale e poi svanisce e che se questo autunno od inverno si scopriranno delie condisioni di emergenza economica, bisognerà dire che — questa volta almeno — l'emergenza economica non è dovuta agli errori degli italiani, ma a quelli della classe politica. Francesco Forte

Persone citate: Andreotti, Pandolfi

Luoghi citati: Italia, Napoli