DOPO I NUOVI FILOSOFI, UN ALTRO FENOMENO A PARIGI di Giovanni Arpino

DOPO I NUOVI FILOSOFI, UN ALTRO FENOMENO A PARIGI DOPO I NUOVI FILOSOFI, UN ALTRO FENOMENO A PARIGI Sono romantici ma tirano ai quattrini Il corifeo del movimento è un uomo ancora giovane, dai lunghi capelli alla Oscar Wìlde, effeminato e grottesco Ogni sera da Radio Europe 1 consola camionisti, baby-sitter, nottambuli - Attorno a lui si muove una banda composta da un «coiffeur», un sarto, un paio di scrittorucoli che fomentano polemiche e un forsennato «business» DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE PARIGI — Tutto ciò che è nouveau si trasforma felicemente in fric. La novità fa grana, possiamo tradurre. C'è un torrente — prima sotterraneo poi all'aperto, esplosivo — che a Parigi rivoltola e produce 'novità- ad ogni stagione. Gli onesti gli scettici, i bennati temono che, proseguendo di questo passo, il ritmo delle ^novità- culturali acquisti una cadenza semestrale, come le campagne dei grandi magazzini, oggi le lenzuola e domani le sedie di legno bianco per una fantomatica terrazza estiva. L'etichetta Cosi sono nati a Parigi i -nuovi romantici-, dopo i -nuovi filosofi-, ormai dispersi, e i -nuovi economisti-, rientrati nei ranghi del travettismo scolastico di provincia. L'etichetta di -nuovo romanticismo- Ita già fomentato polemiche. Sono piovute accuse di business spudorato, di monetizzazione inferocita e plateale, di drugstore d'inchiostri e parole. Ma intanto gli pseudo-romantici si valgono anche di questa pubblicità negativa. Ogni sera, o quasi, il nuovo corifeo del movimento parla dalle stazioni radiofoniche di Europe 1 in una cosiddetta -emissione culturale-. E' un uomo ancora giovane, dai lunghi capelli alla Oscar Wilde, effeminato e grottesco. Tira i suoi colloqui fino a tardi, rispondendo a telefonate di camionisti, baby-sitter, nottambuli, giovinastri sfottenti Il suo checchismo detta legge di comportamento, fa sgangherare dalle risa gli ascoltatori che possiedono ancora testa tra gli orecchi. Si chiama, costui Gonzague Saint-Brìs. ha naturalmente pubblicato un suo libro — naturalmente intitolato Le romantisme absolu — e fornisce linimento psicologico, dettati consolatoriì, interpretazioni morbide ad ogni possibile richiesta. Piccolo e malaggraziato incantatore di serpenti, ripete che Gesù fu il primo dei romantici, offre ricette per curare la calvizie. dà una mano all'eterno camionista che tornando a casa nottetempo trova l'eterna moglie con il solito eterno amante. Roba da feuilleton di quart'ordine — con un tocco in più di pederastia — ed il gioco, il business, il fric che è grana, si consolida. Per almeno sei mesi durerà. Scadendo, ma durerà. Intorno a questo Gonzague si muove una discreta banda: composta da un coiffeur (coinè dubitarne?), da un sarto (Jan Giudicelli che non è certo di massima serie), da un paio di scrittorucoli che stendono testi radiofonici a metri quadrati, da un paio di attori famelici. Roba da trivio, vacuo e banale, ma che funziona. Anche la famosa presse de coeur ha le sue varianti, modernizzate allo spasimo. E si tratta di mestatori ai quali va benissimo che il severo Le Monde affibbi marchi d'infamità: persino la condanna li aiuta presso i poveracci e i gettonisti d'un telefono notturno. Proprio un titolo apparso sul quotidiano parigino — -Spazziamo i romantici!- — che riecheggiava la protesta urlata nel 1830 dai fautori della tradizione contro la -banda- capeggiata da Victor Hugo, li riempie di gioia. Pensate: un coiffeur che. a modo suo. ed iti maniera equivoca, si sente alla pari con l'autore dei Miserabili.' Gonzague Saint-Bris continua a versare miele nei microfoni, la baby-sitter abbocca, gli affari prosperano, un'altra -novità- dimostra die il mercato tiene: è sufficiente avere un'idea, non importa se sordida e mistificante. D'altra parte bisogna convenire che. anche qui Parigi denuncia vitalismo, offre scelte continue. Sarà pure ridotta ad una capitale per giapponesi, ma vive e fa vivere. Questi giapponesi si alzano alle sei del mattino, e trovano negozi con scritte e commessi appositi. Da Louis Vuitton, in avenue Marceau, ie giapponesine fanno la coda un'ora prima dell'apertura, e potranno acquistare solo una borsa (di plastica, lire duecentomila) a testa. Una commessa che ti dica -no- per una seconda borsa è già frut¬ to d'un colpo di genio commerciale. Di questo passo, si arriverà a rifiutare una seconda fetta di camembert. Le leggi del mercato o vivono di puro estro o sono destinate a morire tra i -saldi-: Parigi docet. Per tutto il giorno i giapponesi non demordono. Con i loro yen hanno obbligalo anche i ristoranti più severi a servirli in ore inconsuete, che avrebbero inorridito i parigini di ieri l'altro. Li vedi matigiare dietro i vetri delle terrazze alle cinque del pomeriggio, oppure alle otto del mattino. E li scopri in divisa: tutti con l'impermeabile acquistato nella precedente sosta a Londra, tutti con il foulard di grido assunto durante la prima peregrinazione nel Faubourg Saint-Honoré. Ripartiranno domattina, sempre all'alba, per un ritocco del guardaroba a Roma. Restiamo ancora un attimo a Parigi, in quella Parigi che conta. Si parla molto dell'arrivo di Strehler all'Odèon. E' un'idea tanto giscardiana. che piace, ma solleva dubbi nello sterminato esercito degli -addetti ai lavori- teatrali. Un teatrino Ha scritto di recente Eugène Ionesco: «Se io guardo una messa in scena di Strehler, sono sopraffatto dalla sua perfezione. Tuttavia mi ritraggo davanti a questa abilità, a questa arte eccessiva. Il perfezionismo, l'eccesso di teatralità sono la morte! del teatro. In nome della vita, in nome delle passioni viventi, in nome dell'ispirazione, in nome del diritto alla goffaggine, io credo di dover combattere il perfezionismo». E' un avvertimento esplicito e crudo: e del resto anche il grande Peter Brooke. da un anno a Parigi e con un teatro a disposizione (sempre secondo progetti giscardiani di «grandeur» culturale) ha finito per deludere. Dopo sovvenzioni enormi, naturalmente. La metropoli sa creare i miti, sa ingrassarli per poi inghiottirli meglio. Persi¬ no questa sua implacabilità fa storia. «Io ho sbagliato, ad esempio, quando ho messo in scena Gramsci e Sciascia, proprio mentre Parigi parla e studia Gramsci e Sciascia». confida Attilio Maggiulli, direttore de -Il Teatrino-, un minuscolo locale di Montparnasse che offre in cartellone solo autori italiani: «Ho creduto di poter giocare seriamente, su nomi e fatti d'attualità, ed invece ho perso. Mentre ho indovinato con Aretino, con Goldoni e altri autori nostrani. Ma chi poteva mai sospettare che un testo di Sciascia sarebbe statot accolto con il vuoto totale?». /( caso del -Teatrino-, di cui ebbi occasione di parlare già un anno fa. è sintomatico. E A ttilio Maggiulli mi mostra le lettere che Jean-Luis Barrault, Ionesco, Roger Blin, Italo Calvino hanno scritto al nostro ministero degli Esteri perché questa singolare iniziativa venisse in qualche modo aiutata. Centinaia di milioni vengono versati, in mille modi per -stabili- di ogni genere e tendenza, per teatri velleitari. Al 'Teatrino- italiano di Parigi, carissimo a tutti coloro che si occupano di cultura, a tutti gli -italianisti- universitari. dall'Italia, dal ministero degli Esteri, è arrivato, oggi come oggi, un milione di lire. Come dire: l'elemosina lasciata cadere sui gradini d'una chiesa. Lo stesso Ente Teatrale Italiano (curioso: in una lettera non firmata) ha scritto nel settembre scorso a Maggiulli della «assoluta indisponibilità finanziaria in cui versa l'Ente», pur se l'iniziativa del -Teatrino- ha «raccolto vivi consensi e si inquadra nell'ambito delle proposte portate avanti dal nostro servizio di scambi teatrali con l'estero». E' un piccolo ma emblematico pateracchio giocato sui -no- ufficiali, anche se poi gli autori italiani corteggiano sfacciatamente Maggiulli. e i personaggi del giro artistico lo considerano l'unico ed autonomo -ambasciatore- di cultura nostrana a Parigi. Ma certo tradurre sulle assi scricchiolanti d'un piccolo palcoscenico di Montparnas- se Machiavelli e Pavese non è sufficiente per coloro che dirottano quattrini a palate verso una biennale qualsivoglia o uno stand arlecchinesco purchessia. Maggiulli continua ad allineare pile di critiche che si felicitano con lui da ogni quotidiano di Francia, ma in Italia, oggi, non sa neppur più a chi indirizzare una lettera. Buoni affari Fa fresco, in questo finir di febbraio, corrono nuvole e ogni tanto ballano fiocchi di neve incapaci di posarsi a terra. I -nuovi romantici- belano, i teatranti litigano, i giapponesi assaggiano con molta prudenza zampe di porco ben impanate, al -Beaubourg- si susseguono manifestazioni che oscillano tra il folklore medioevale e la più arcigna accademia. Parigi digrigna per le preoccupazioni: gli scioperi siderurgici fanno discutere anche chi non sa nulla di acciaio, nei negozi privilegiati le piccole tribù che attorniano gli sceicchi del petrolio gareggiano in spese colossali, schiodano al riso anche i più truci proprietari e le più corazzate cassiere. Ma tutti già dicono: verranno i cinesi a spendere, chissà cosa potremo inventare per loro. Un francese astutissimo. Pierre Cardin. è stalo ira i primi ad andare in Cina, a investigare, appiccicare marchi e sussurrar proposte. Quale ombelico del mondo, Parigi ha i suoi sensibilissimi termometri per tirar diagnosi programmare il futuro, studiare svolte e scodellare inevitabili - novità-. Con tutte le pezze che abbiamo, die irò e davanti, come criticarla? La tigre va rispettata proprio perché, al momento buono, mostra denti ed unghioni. Magari a solo scopo dimostrativo. E Parigi sempre tigre è. All'occorrenza, fa il salto mortale, l'inchino, infila alla perfezione il cerchio di fuoco, e accetta il domatore, se costui sta alle regole. Non morirà mai di antichi o nuovi romaticismi Giovanni Arpino