Un film e il Sud di Carlo Levi di Giulia Massari

Un film e il Sud di Carlo Levi «CRISTO SI È FERMATO A EBQLI», REGISTA ROSI Un film e il Sud di Carlo Levi Pertini commosso all'anteprima - «C'è rispetto per il libro» dice Linuccia Saba, in polemica con Samperi che ha inventato un finale per «Ernesto», tratto dal romanzo omonimo ROMA — La signora Laura Ingrao senza il presidente Pietro, la signora Maria Pia Fanfani senza il presidente Amintore, la signora Niki Berlinguer senza gli onorevoli Enrico e Giovanni, il presidente della Repubblica Pertini senza la signora Carla prendono posto nelle file della autorità, ma un gruppo di uomini separa il Presidente dalle signore, e sono il segretario generale del Quirinale Maccanico e il capo ufficio stampa Ghirelli, il presidente della Rai-tv Grassi e il regista Franco Rosi. Un grande applauso ha accolto Pertini, frettoloso, l'aria vispa anche in questa giornata, giovedì, non certo tranquilla. Tutte queste autorità, e altre ancora, dagli onorevoli Colombo e Biasini, al ministro Ossola (con la signora Gilberte), sono nel cinema Fiamma per assistere alla proiezione del film che Rosi ha tratto da Cristo si è fermato a Eboli dì Carlo Levi. 'A Milano, è stato un grande successo», dice chi viene dall'anteprima milanese, ma diverso è il successo a Roma, città di macchine blu, di smodata smania cinematografica e di «presenzialisti» di ogni tipo, tant'è vero che si devono aprire anche le porte dell'attiguo cinema Fiammetta. Poliziotti hanno circondato tutta la zona, com'è giusto, con molta eccitazione di un certo genere di signore che ancora in questa città persiste, e che non sembra aver vita al di fuori dei propri, e altrui, salotti. La televisione, poi, dà il tocco finale, chiedendo, a chi capita, che cosa pensi del film che si vedrà tra poco. -Sono commossa», dice Linuccia Saba, che da alcuni anni, cioè da quando sono morti i due artisti a lei cari che si chiamarono Umberto Saba e Carlo Levi, cerca di tenerne in vita la memoria con un rispetto e una delicatezza che a ogni erede si vorrebbe richiedere. «Le mie lettere non le leggerà nessuno, si rammaricava talvolta Ungaretti, perché non ho una figlia come Linuccia». -Sono tanti quadri di Levi». mormora Linuccia. guardando i lividi paesaggi di monti e di campagne, i paesini di pietra che sembrano crollare da un momento all'altro, e i neri uomini, le nere donne di un Sud forse lontano nelle immagini, ma non certo nei problemi, che sono gli stessi che colpirono l'intellettuale Levi, quando nel 1937 fu confinato in Lucania. Mentre preparava il film. Rosi è stato più volte in quella Fondazione Carlo Levi che Linuccia Saba ha messo su a Roma, e da cui altri centri già proliferano, in varie città d'Italia. Guardava e guardava, quadri, lettere, disegni, come volendo imprimersi negli occhi ciò che poi la sua macchi¬ napisoricneneti teracaqupouopoesRgimnomdammsebiinFscsorausisaco• ClibnNreliba p ,na ha reso con una eleganza più sommessa e discreta del solito, del tutto priva di retorica. Il presidente Pertini alla fine ha gli occhi rossi. I fascisti, nel film, non sono ridicolizzati né enfatizzati. -Non è più il tempo delle denunce», dichiara infatti Rosi. Ma ciò che accadeva, fascista non essendo, quel senso di umiliazione impotente, cosi doloroso per un uomo d'azione, a Pertini riportava i suoi tempi, le sue esperienze. -E' un bel film di Franco Rosi, dice Linuccia appoggiando al mio braccio le sue mani, che tremano, di uccellino. Non poteva essere fatto meglio. Volontà però è diverso da Carlo. Guarda tutto e tutti, mentre Levi non guardava mai, però vedeva, anche le cose più piccole, più inafferrabili». Forse il film poteva meglio intitolarsi Contadini del Sud? Franco Rosi non ha mai nascosto di aver voluto fare una sorta di ricerca antropologica, raccontando l'incontro di un uomo con uomini da lui diversi, il suo progressivo interessarsi ai loro problemi, dalla completa, nordica estraneità. • C'è un grande rispetto per il libro, continua Linuccia Saba. Ben diverso è il caso di Ernesto, il film di Samperi». Nella pellicola che il giovane regista Samperi ha tratto dal libro Ernesto di Umberto Saba, è stato aggiunto un finali- nomnepaaltrtissaKessuSafipoleunApapeCCcogianreintudoli vapesefetachmCcockdTnm i o o , a a i a no: il giovinetto ha una gemella, che l'uomo dal giovinetto attratto infine sposa, passando dalla omosessualità alla eterosessualità, in gran trionfo di matrimonio elegantissimo e di conformismo. «Ci sarebbe voluto un Losey, un Ken Russell», dice Linuccia. Nelle sue lettere alla figlia, esprimendo sempre dubbi sulla pubblicazione del libro, Saba a volte annunciava una fine, a volte un'altra. Non si potevano, forse, seguire quelle indicazioni? -Poteva essere un film aperto», commenta Aldo Marcovecchio, che da parecchi anni aiuta Linuccia per quello che riguarda sia Carlo Levi che Umberto Saba. Con lei firma infatti una raccolta consegnata in questi giorni a Mondadori, e di cui ancora non c'è il titolo. Sono venticinquemila lettere di Umberto Saba, raccolte in dieci anni di lavoro, con tutti i mezzi, persino lanciando appelli attraverso i giornali e la televisione. Saba scriveva molto. Il rapporto con le persone spesso lo feriva, quasi sempre lo deludeva. Da quelle ferite, da quelle delusioni, tutta la vita si è difeso: ecco, anche ricorrendo alle lettere, un mezzo più lento, più meditato. Ce n'è a Montale e a Muscetta come al suo amico Nello Stock, quello del cognac, e vanno dalla prima all'amico Amedeo Tedeschi per invitarlo al funerale di una gallina, all'ulti ma a Linuccia per raccomandarle di non prendere troppo sole. Il nome di Saba, e il nome di Carlo Levi, parlando con Linuccia, continuamente s'intrecciano. Lei è stanca, stanchissima. Sta sveglia di notte, ma anche di giorno dorme poco, occupata con la televisione, con la gente che continuamente arriva, con la fondazione. In televisione, martedì prossimo, si potrà vedere uno sceneggiato di Mario Carbone su Carlo Levi, poi, non si sa quando, uno di Sergio Miniussi, un vero e proprio documentario girato insieme con Carlo Levi nell'ultimo suo viaggio in Lucania nel 1974. Ma anche il film di Rosi arriverà alla televisione: eguale, ma diverso. Sarà infatti in quattro puntate, e la quarta puntata consisterà in un incontro fra Rosi e Levi, il vero Carlo Levi, in cui si discutono i problemi del Sud. E in cui si arriva a una conclusione amara, cioè che Carlo Levi non capisce i politici: di oggi, come di un tempo. In questa quarta puntata, dunque, si vedrà Levi sereno, anzi olimpico, come era nella realtà, lo si sentirà parlare in quella sua maniera magica, come se raccontasse favole, ciò che non è nell'interpretazione del pur bravissimo Gian Maria Volontè che del resto non si è proposto di imitare lo scrittore. Non si vedrà il Levi ultimo, quello colpito dalla malattia nella parte che più gli era cara, gli occhi. Operato di cataratta. Levi negli ultimi tempi aveva escogitato un sistema per continuare a scrivere, o a .tracciare segni: una specie di tavola, con dei fili mobili, e un'altra tavola come guida, su cui stando disteso riusciva a tracciare qualcosa. Anche questo manoscritto, se cosi è dato chiamarlo, è stato ricostruito da Linuccia Saba e da Aldo Marcovecchio. S'intitola, e il titolo commuove. Quaderno a cancelli. Lo pubblica Einaudi. Giulia Massari s

Luoghi citati: Eboli, Italia, Lucania, Milano, Ossola, Roma