E' scattata la grande battaglia Pechino ammassa nuove divisioni

E' scattata la grande battaglia Pechino ammassa nuove divisioni Long Son, Lao Cai, Cao Bang e Ha Ciang sono caduto in mano cinese E' scattata la grande battaglia Pechino ammassa nuove divisioni Altre sette divisioni affluite dalla Cina - Settecento aerei raccolti al confine Ora la linea d'invasione raggiunge da dieci a trenta chilometri di profondità DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE BANGKOK — Lanciata su un fronte di 160 chilometri che s'arrampica dal Tonchino alle montagne del Nord, la grande battaglia tra i due eserciti ora è cominciata. Come nell'inverno coreano di quasi trentanni fa. e poi ancora nel '62 contro l'India l'attacco cinese diventa un mare di soldati che. a ondate continue, va avanti travolgendo ogni resistenza. Sette divisioni fresche sono entrate in campo ieri, settecento aerei sono raccolti al confine. Una massa sterminata di uomini preme dalla frontiera del Guangxi verso Cao Bang e Lang Son. la Cina del miliardo di cinesi sta li con la forza della sua storia e la potenza del suo numero. L'invasione è cominciata una settimana fa. S'era fermata prima a sei chilometri, poi è passata a dieci. Ora la linea del fronte supera i venti chilometri, e a Cao Bang è già a trenta. Il paesaggio di montagne e di strette vallate ripide comincia ad aprirsi negli slarghi dei primi pianori. I cinesi avanzano ancora, ieri sera alle 7.30 è stata annunciata la caduta di Lang Son. città di cinquantamila abitanti. Le città occupate sarebbero dunque quattro: Lang Son, Lao Cai. Cao Bang e Ha Giang. Radio Hanoi trasmette: «I reazionari di Pechino vogliono occupare la nostra patria». Messaggi captati a un'emittente vietnamita segnalano l'inizio concitato d'un ponte aereo per il trasferimento di truppe dal Laos e dalla Cambogia. Il Vietnam aveva resistito finora con la guerriglia della milizia popolare, ma da ieri anche gli uomini del suo esercito sono a combattere in prima linea. Una parte delle divisioni poste a proteggere Hanoi ha viaggiato tutto giovedi verso il Nord. Dal Sud dal Laos e dalla Cambogia sbarcano rapidamente i rinforzi. Gli scontri d'artiglieria sono già durissimi, il pianoro e lo sbocco delle valli sono martellati dai cannoni da 130 mm. che hanno una gittata di 32 chilometri. L'escalation pare ormai inarrestabile. Il generale Giap manda un messaggio ai suoi uomini: «Il Vietnam combatterà fino all'ultimo, anche se la guerra diventa una guerra totale». Nulla lascia pensare ancora che Pechino voglia davvero una «guerra totale». Anche se la macchina da guerra cinese macina uomini e terreno con una costanza infernale, non c'è stata finora una sola minaccia reale ad Hanoi. L'esercito di Yanh Tech Chec muove avanti compatto, senza puntate troppo spinte. Dopo 10 sbandamento iniziale e la perdita, spesso, dei contatti tra le linee operative, ora scende verso Sud dopo aver consolidato le posizioni raggiunte. Lo scontro diretto, rimandato per tanti giorni, adesso è arrivato, ma Hanoi è ancora a più di cento chilometri. E comunque, più che la geografia, sembrano contare ancora le strategie politiche. Già sabato scorso, poco dopo aver lanciato all'alba le sue divisioni oltre la frontiera. Pechino comunicava ufficialmente di «non volere un solo centimetro del territorio vietnamita». La storia drammatica di anni anche recenti dovrebbe averci reso diffidenti di chi offre pace facendo la guerra. Tuttavia, pensare che la Cina intenda spingere la sua «lezione» fino a occupare 11 Vietnam significa accettare l'ingresso in guerra dell'Unione Sovietica, e l'esplosione d'una crisi internazionale che fino a questo momento resta solo politica. Giap ringrazia Appare tuttora più probabile, nella valutazione degli Indochina watchers che seguono da Bangkok questa nuova guerra sulla porta di casa, che l'obiettivo di Pechino sia dare una severa punizione al Vietnam e costringerlo al negoziato. Il ritiro del Vietnam dalla Cambogia e dal Laos. La punizione sta arrivando con l'avanzata progressiva della macchina da guerra cinese, il negoziato è subito dietro. Non è un caso che ieri, per la prima volta, la stampa di Pechino abbia accettato di stabilire nei suoi articoli sull'Indocina un legame diretto tra il contrattacco sui confini vietnamiti e l'invasione vietnamita in Cambogia. Il riconoscimento ufficiale imprime una svolta diplomatica alla guerra, e lancia un segnale politico. Ma il rischio è gravissimo ancora come prima. «Se i cinesi non bloccano la loro avanzata, diventa difficile per i russi continuare a fare solo parole», diceva ieri un osservatore militare americano a Bangkok. E ancora non sapeva notizia dell'inizio della grande battaglia di Lang Son. Nell'analisi che poi aggiungeva, metteva in mezzo l'eventualità anche d'un conflitto nucleare o l'intervento dei soldati russi a fianco dei vietnamiti. Il ponte aereo tra Vladivostok e Hanoi è stato provato nei giorni scorsi con il volo dei giganteschi Tupolev TU 95E. che sono passati sui cieli del Pacifico inseguiti dai caccia giapponesi. Ora potrebbe cominciare a ogni minuto lo scontro militare ancora limitato ai due paesi. Doveva essere uno scontro tra la forza del numero e la potenza tecnologica dell'armamento. Ma i confini limitati entro cui s'è svolto il conflitto ha finito per far entrare in campo solo il primo fattore. La tecnologia delle armi finora ha contato poco: i duelli aerei sono stati molto limitati, 1 missili Sam-3 restano ancora inattivi. E questo comporta il costante, anche se lento, avanzamento cinese dentro il Vietnam. Ma la grande battaglia tra i due eserciti ora è cominciata nella regione orientale, lungo le balze su cui si arrampica la strada che fino a ieri si chiamava «dell'amicizia». Fino alla notte lo scontro è stato quasi soltanto un bombardamento tra le artiglierie pesanti, la manovra delle fanterie e dei tank restava in retrovia. I grandi spostamenti di truppe hanno già portato le due linee al confronto diretto. Da oggi ci si batte per molto più che una vittoria sul campo. Mimmo Candito Lang Son. Una batterìa dell'artiglieri:! vietnamita difende la linea del fronte (Telefoto Ansa)