Soltanto uno degli imputati parla gli altri sei abbandonano l'aula di Claudio Cerasuolo

Soltanto uno degli imputati parla gli altri sei abbandonano l'aula Il processo al gruppo di «Prima linea» per gli attentati del 1977 Soltanto uno degli imputati parla gli altri sei abbandonano l'aula Dicono: «Non accettiamo il contraddittorio» - Il pentito è Rambaudi, che conferma la confessione: «Era Fagiano che ci dava appuntamento al tram e ci distribuiva le pistole» Sei dei sette imputati detenuti al processo che si svolge in corte d'assise contro il gruppo di «Prima Linea», ritenuto responsabile di numerose azioni terroristiche compiute a Torino tra 11 1976 e il giugno del 1977, si sono allontanati dall'aula, quando il presidente Barbaro ha chiesto loro se intendevano rispondere all'Interrogatorio. Marco Scavino, considerato l'«ideologo» del gruppo, ha detto: «A precisazione di quanto non hanno scritto e non hanno capito i giornali dei nostri comunicati dell'altro giorno (quelli che avevano letto all'inizio del processo, n.d.r.), faccio questa dichiarazione, mia e di altri cinque compagni (Giulia Borelli, Enrico Galmozzi, Valeria Cora, Barbara Graglia, Riccardo Borgogno, tutti accusati di costituzione di banda armata, n.d.r.): Non intendiamo accettare il contraddittorio del processo, al quale ci riserviamo di partecipare nelle forme che riterremo opportune-. Scavino e gli altri cinque si sono allontanati dall'aula, salutati da qualche timido pugno chiuso che si levava in mezzo al folto pubblico. Il settimo imputato detenuto. Cesare Rambaudi, 20 anni compiuti il 5 febbraio scorso, invece ha accettato l'interrogatorio e confermato la confessione che aveva reso al momento dell'arresto, accusando parecchi dei complici. Dalla sua deposizione emerge sempre più chiaramente la fisionomia del gruppo che viene processato oggi dall'assise di Torino. Dentro c'era un po' di tutto: dagli affiliati dell'ultima ora, come alcuni degli imputati a piede libero, che, interrogati ieri dal presidente Barbaro, hanno negato di aver mai fatto parte dei «Comitati Comunisti per il Potere Operaio» e tanto meno di «Prima Linea», agli organizzatori delle azioni terroristiche, come il latitante Marco Fagiano, che, nonostante la giovane età (19 anni) sembra rico¬ prisse il ruolo di capo riconosciuto, oltre a disporre delle armi usate nelle aggressioni. L'incerta e ambigua zona di frontiera tra il partito armato e la contestazione studentesca organizzata in seno a Potere Operaio prima, e quando questo fu disciolto, ai «Comitati Comunisti», correva in via della Consolata 1. a due passi dal palazzo di giustizia, nel vecchio centro storico di Torino, dove veniva stampato il giornale «Senza Tregua», diretto da Enrico Gaimozzi, uscito da Lotta Continua dopo il Congresso di Rimlni del novembre del 1976, passato a Milano dove ha militato per qualche tempo in Autonomia Operaia, per poi approdare a Torino. Qui si ritrovano gli studenti come Rambaudi e Giorgio Corraratl, 18 anni (stessa classe, allievi di Giuseppe Pilidoro, 27 anni, professore di materie tecniche, anche lui imputato a piede libero) per dibattiti politici, ai quali partecipano Scavino e Marco Fagiano. Qualche volta spuntano facce nuove, come Felice Maresca (altro latitante del processo, «Non ricordo se l'ho mai visto in via della Consolata», dice ai giudici Rambaudi). Dopo i dibattiti, le azioni «dimostrative». ' «Fagiano mi telefonava e mi dava appuntamento al capolinea del tram-, ha detto ai giudici Rambaudi. Pres. Barbaro: «Ma lei sapeva che cosa sareste andati a fare?». Rambaudi: «Nell'azione contro il deposito degli automezzi della Satti, il 2 giugno del 1977, sapevo che avremmo messo fuori uso i pullman, tagliando le gomme con l'accetta. Quando arrivammo all'appuntamento, a Palazzo Nuovo, all'Università, c'era il Fagiano, Riccardo Borgogno, "Silvia" (il nome d'arte scelto da Valeria Cora "per ragioni di segretezza", come lei stessa ha ammesso), un altro coi baffetti (Scavino li ha, n.d.r.), e Giorgio Corrarati. Fagiano ha tirato fuori quattro pistole e le ha distribuite-. Barbaro: «E' vero che Fagiano le disse: "Se arriva la polizia, io ti dico: spara, tu spari"?». Rambaudi: «Forse mi è scappato nell'interrogatorio, mi sono confuso. E' vero invece che, quando arrivò la polizia. Fagiano mi caricò l'arma-. Barbaro: «In un'altra occasione, un appuntamento con altri imputati del processo, al monumento all'Artigliere al Valentino, lei riferì che si parlò di Prima Linea». Rambaudi: «Erano solo discorsi-. Barbaro: «Lei ha anche detto al giudice istruttore che Prima Linea è una diramazione dei Comitati». Rambaudi: «L'avevo sentito dire da Carlo Favero (altro imputato a piede libero, che verrà a testimoniare oggi pomeriggio, n.d.r.). Il presidente cerca di approfondire le motivazioni del gruppo armato, ma senza molto successo. Barbaro, rivolto a Giorgio Corrarati: «Nell'attentato del 2 giugno volevate protestare contro le festività abolite, nell'incendio della Marus. contro il lavoro nero, ma con l'irruzione allo studio degli avvocati Galasso, che cosa intendevate dimostrare?». Corrarati: «A me avevano detto si trattava di una azione dimostrativa-. Barbaro: «Ma Fagiano era armato. Come aveva giustificato l'attentato?». Corrarati: «Era un gesto dimostrativo di disapprovazione delle idee politiche come quelle di Galasso- (deputato dell'msi. n.d.r.). Dopo Corrarati vengono sentiti Marco Corrado, Egle Junin Tridente e Giuseppe Filidoro. Negano di aver mai avuto a che fare con i Comitati Comunisti, provengono tutti da Potere Operaio. Il processo continua oggi con l'interrogatorio di altri imputati. Claudio Cerasuolo

Luoghi citati: Milano, Torino