Perché sono obiettivi terroristici carceri modello e centri antidroga di Giorgio Martinat
Perché sono obiettivi terroristici carceri modello e centri antidroga Perché sono obiettivi terroristici carceri modello e centri antidroga I terroristi dichiarano di voler abbattere una società ingiusta. Intanto, distruggono quel che di giusto —poco o tanto che sia —altri tenta faticosamente di erigere. Hanno ucciso un sindacalista, Rossa; un magistrato che aveva messo sotto accusa la strategia di eversione fascista, Alessandrini: tentano di impedire, a Torino, la costruzione del nuovo carcere, che non sarà soltanto un luogo di custodia più sicuro, ma anche un luogo di detenzione più umano dogli attuali. Ora se la prendono con i centri antidroga, unico strumento di recupero dalla più odiosa e disperata emarginazione. Non è cecità, bensì un lucido disegno strategico, il vecchio slogan, «portare l'attacco al cuore dello Stato», è rinnegato. Non perché, come sostiene Sciascia, questo Stato non ha cuore né cervello, ma perché lo Stato deve funzionare ed essere sempre più oppressivo e repressivo, per fare II gioco del terrorismo: la «violenza delle istituzioni» genera un'altra violenza, eguale e contraria, disponibile ad arruolarsi sotto la bandiera della rivoluzione. Lo ha detto chiaramente Curcio, all'ultimo processo: «Hanno cacciato in prigione tutti i presenti al convegno di Roma sulle carceri? Benissimo. Al primo eravamo ottanta, al secondo otto¬ cento. Al prossimo, di questo passo, saremo ottomila-. Perché questo progetto si avveri, bisogna ridurre al silenzio tutti coloro che, con mezzi diversi dalla P 38, lavorando nei quartieri, nei sindacati, nei partiti, nella pubblica amministrazione o semplicemente nella loro professione, riescono a cancellare dai lineamenti dello Stato qualcuno del tratti più ottusi dell'arroganza per dargli un volto più umano, quello della sua Costituzione. Sono questi i veri nemici. Guai a lasciarli fare: ogni millimetro di spazio che riescono a conquistare alla giustizia, allontana il giorno in cui lo scontro si radicalizzerà fino al bagno di sangue della guerra civile. Perciò — i terroristi lo hanno, esplicitamente dichiarato — bisogna colpire proprio loro. I migliori, non i peggiori. Non il cuore dello Stato e delle istituzioni, ma coloro che si affaticano a migliorarlo. Uccidendoli, «disarticolandoli» o semplicemente inducendoll all'abbandono, a una ritirata nel «privato». Anche da questo nasce oggi il «riflusso», che è, per il terrorismo, una preziosa vittoria. Giorgio Martinat
Persone citate: Alessandrini, Curcio, Sciascia
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