Washington molto preoccupata No all'invio di truppe in Iran di Ennio Caretto
Washington molto preoccupata No all'invio di truppe in Iran «I due incidenti non facevano parte di un piano preordinato» Washington molto preoccupata No all'invio di truppe in Iran DAL NOSTRO CORRISPONDENTE NEW YORK — / due gravissimi episodi di Kabul e Teheran che sottolineano la tensione politica dell 'Asia centrale e l'ondata di antiamericanismo che la percorre, non sono collegati. Il portavoce del Dipartimento di Stato Hodding Carter ha dichiarato a Washington che «si è trattato di una straordinaria coincidenza». «Non crediamo che esistesse un piano preordinato — ha detto —. Le situazioni nei due Paesi erano troppo diverse». Il Dipartimento di Stato attribuisce l'assassinio dell'ambasciatore Dubs agli irredentisti musulmani che da un anno, cioè dal ••golpe- comunista in Afghanistan, conducono una spietata guerriglia contro il regime filosovietico. Gli assalitori dell'ambasciata Usa a Teheran sarebbeo invece legati parte al terrorismo palestinese, parte all'ala armata del pc iraniano. Sia il governo di Kabul sia quello di Teheran hanno già pesentato le loro scuse al dipartimento di Stato per i «tragici incidenti». // presidente Carter, che ieri è partito per una visita di tre giorni in Messico, si è dichiarato «colpito e addolorato» dalla morte dell'ambasciatore Dubs, definendola «un atto di brutale violenza». Carter ha esaltato la figura del diplomatico, «caduto al servizio della patria lontana»; il ministro della Difesa Brown, che si trova in Israele, ha dichiarato a proposito dell'attacco all'ambasciata di Tefieran di aver chiesto all'ayatollah Khomeini l'autorizzazione di inviare aerei per l'evacuazione dei cittadini americani in territorio iraniano. «Escludo l'invio di para o di marines.'e l'intervento della nostra aviazione e marina militari per la salvezza dei nostri connazionali — ha asserito —. Essa ci è stata garantita personalmente dall'ayatollah». A Washington si teme che l'assalto rientri in uti pii' ampio disegno di eversione della nascente repubblica islamica, per trascinarla nell'orbita sovietica. Esso sarebbe stato sferrato non appena delineatasi la possibilità di un comgroìnesso tra Bazargan e il Dipartimento di Stato. Dopo che il presidente Carter aveva espresso la propria disponibilità a collaborare con /'ayatollah Khomeini, Teheran aveva infatti indicato alla Casa Bianca di volere «una relazione stabile e costruttiva con Washington ». L'ambasciatore Sullivan, anche per ridimeìisìonare l'incidente, lo ha definito «cose che capitano, un giorno si vince l'altro si perde», e ha riferito al segretario di Stato Vance che l'atteggiamento dell'ayatollah era rassicurante. Nel corso di una deposizione al Congresso, a Washington, il sottosegretario di Stato Saunders ha annunciato die «gli Stati Uniti hanno espresso la loro gratitudine a Bazargan per l'intervento suo e delle truppe». Saunders ha ribadito le dichiarazioni del ministro della Difesa Brown: «Mandare nostri soldati in Iran sarebbe controproducente. Abbiamo continuato a sgomberare i nostri connazio¬ nali negli ultimi giorni, e contiamo che si possa stabilire adesso un ponte aereo». // sottosegretario di Stato ha aggiunto che «nessuna previsione è possibile sul futuro a Teheran», e che gli Stati Uniti sperano che Khomeini riesca a riportare l'ordine e a raddrizzare la produzione di petrolio e l'economia. Sotto l'apparente calma, il governo americano nasconde però un'aspra controversia tra ••falchi- e ••colombe-. Da più parti si sono levate accuse — ingiustificate — contro ia «politica delle mani pulite» in Iran del presidente Carter. Anche per questo non si esclude che se a Teheran scoppiasse una nuova crisi Carter sarebbe costretto ad adottare misure forti. Dal Golfo Persico alle Azzorre, e dall'Italia alla Turchia, unità navali e aerei militari sono in stato d'allerta. Un contingente di marines e grossi elicotteri sono pronti a intervenire da una località segreta. Il pericolo di uno scossone della superpotenza esiste. Sembra che per l'ennesima volta questo sia stato fatto presente all'Urss. Ennio Caretto
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