Legati i dipendenti dell'impresa, i terroristi han dato fuoco alla benzina cosparsa ai loro piedi

Legati i dipendenti dell'impresa, i terroristi han dato fuoco alla benzina cosparsa ai loro piedi Senza pietà il commando che ha fatto irruzione negli uffici di corso Monte Cucco 131 Legati i dipendenti dell'impresa, i terroristi han dato fuoco alla benzina cosparsa ai loro piedi Pare che abbiano usato anche del fosforo - Tre impiegati fuggono prima che le fiamme blocchino le uscite, nella corsa uno si rompe un piede - Il nipote del costruttore rimane imprigionato dal fuoco in fondo a un corridoio: è all'ospedale in pericolo di vita - Lo sfogo di Giusepppe Navone: "In questa città non è più possibile vivere, viene voglia di lasciar perdere tutto" Sono le 10,30 del mattino quando il corpo martoriato di Marco Navone, 27 anni, entra in barella al Centro di terapia intensiva delle Molinette. I medici lo ricoverano con prognosi riservata i Una nuova vittima del terrorismo che flagella Torino, il tributo più grave che la famiglia Navone paga per l'attentato compiuto ieri mattina agli uffici di corso Monte Cucco 131. L'azione incendiaria, ultima in or¬ dine di tempo contro l'impresa edile dello zio di Marco, Giuseppe Navone. 73 anni, «colpevole» della costruzione del nuovo carcere alle Vallette, viene rivendicata alle 18,20 con una telefonata al centralino della Stampa: -Qui Squadre armate proletarie dell'esercito di liberazione comunista — dice una voce anonima — ieri sera flunedl, n.d.rj abbiamo distrutto la nuova caserma dei carabinieri in costruzione ad Orbassano, questa matti¬ na (ieri, n.d.rj abbiamo perquisito e distrutto lo studio di Navone, costruttore delle carceri alle Vallette». E' la consueta firma al terrore seminato poche ore prima da un «commando» di nove persone, che hanno fatto irruzione negli uffici dell'impresa, al piano ter-reno di corso Monte Cucco 131. appiccandovi il fuoco. In attesa angosciosa all'ospedale. Giuseppe Navone, ex vice presidente del Torino, ha uno sfogo amaro: «Cosi non si può vivere, non si può andare avanti. E' impossibile lavorare in questo Stato, vivere in questa città: viene il desiderio di chiudere baracca e lasciar perdere tutto». La stessa reazione di dolore e di rabbia condivisa dal figlio. Giorgio, cugino della vittima: «Da una parte le Brigate rosse, dall'altra voi giornalisti — esclama rivolto ai cronisti accorsi in ospedale — basta, lasciateci in pace». Ed ecco la ricostruzione dell'attentato avvenuto poco dopo le dieci negli uffici dell'impresa di Giuseppe e Ludovico Navone: un appartamento di otto stanze al piano terreno di un grande condominio, con finestre che si affacciano anche sul cortile interno, dove l'accesso è libero. Al momento dell'irruzione ci sono, cinque persone: il capo ufficio, geometra Greco, il genero di Giuseppe Navone. Momo Aspromonte Milardi, 30 anni, il, dottor Gianluigi Brancatelli, 39 anni, commercialista, il contabile della ditta. Giuseppe Sirzen, 46 anni e la segretaria, Renata Tessa. 34 anni. Dal portone di corso Monte Cucco entrano tre giovani eleganti, sui venticinque anni; mentre due di loro si dirigono verso la porta degli uffici, il terzo affronta la custode Laura Gino Bevilacqua, 38 anni, spingendola all'interno della guardiola. Con una mano sprofondata nella tasca del cappotto verde il terrorista mormora gentile: -Non gridi, sono armato. Faccia finta di niente. E' di Torino? — s'informa —. Quanto guadagna?-. Nell'androne c'è un viavai d'inquilini, che non notano nulla d'anormale. Pochi istanti più tardi gli altri due giovani suonano alla porta degli uffici come se fossero normali clienti ed entrano con le pistole spianate, immobilizzando tutti i presenti che vengono rinchiusi nella prima stanza ed imbavagliati con cerotto. Scatta la seconda fase dell'operazione. Altri tre terroristi con giacconi e borse di tela fanno irruzione nell'appartamento. Chiedono: -Dove sono gli archivi?-. Minacciano: «Se la costruzione del carcere continua, vi uccidiamo tutti». Impedito dal bavaglio, Giuseppe Sirzen non può rispondere alla prima domanda, e i terroristi replicano: «Non vuoi dirlo? Allora bruciamo tutto». Quasi contemporaneamente, da una rampa di via Lancia 124/4. entra nel cortile un camioncino verde coperto da un telone, con altri tre uomini a bordo. Sono i complici incaricati di consegnare al «commando» negli uffici diverse taniche piene di cherosene e, forse, di fosforo: vengono notati dalle commesse del Micromarket e dai dipendenti di un deposito Mondadori, due locali che hanno il retro sullo stesso cortile. Sta per aver inizio l'ultima fase dell'attacco, quando suona alla porta degli uffici Marco Navone, 27 anni, via Bianzè 26, nipote di Giuseppe Navone. I tre terroristi ordinano all'impiegata Renata Tessa di aprire, poi immobilizzano il giovane e lo rinchiudono nell'ultima stanza in fondo al corridoio. Infine, sottratto il portafoglio al contabile della ditta, cominciano a spargere liquido infiammabile sulla moquette di tutti gli uffici e lanciano contro i muri altre bottiglie di benzina. -Dammi un cerino» chiede ad un compagno il capo del commando, ed è l'ultima frase udita dalle persone prigioniere nei locali. Mentre il furgone verde imbocca via Lancia, i terroristi appiccano il fuoco agli uffici, quindi fuggono a piedi attraverso l'androne gridando: «Siamo le Sauadre armate proletarie». Negli uffici è subito un inferno di fiamme e di fumo. Tre dei prigionieri riescono a fuggire prima che l'incendio blocchi .ogni uscita; Gianluigi Brancatelli e Giuseppe Sirzen tentano di raggiungere Marco Navone in fondo al corridoio, spezzano con le mani i vetri di una porta, ma sono respinti dal fuoco e si procurano leggere ustioni e feri' te guaribili in 10 e 15 giorni: si salvano uscendo da una fine stra. grazie alle scale poggiate contro il muro da alcune commesse del supermercato. Per Marco Navone, stordito dal fumo velenoso, non ci sono vie di fuga. Soltanto dieci minuti più tardi i vigili del fuoco, con maschere e corpetti di amianto, riescono a raggiungerlo tra le fiamme e a trarlo in salvo. Dopo una breve sosta al Centro Traumatologico, il ferito viene trasportato al Centro di rianimazione delle Molinette: ha il trenta per cento del corpo piagato da ustioni. ì vapori incandescenti hanno leso l'apparato respira¬ tpVOastd torio. E' In pericolo di vita. Ieri, a tarda sera, un altro dipendente dell'impresa, geom. Vincenzo Greco. 46 anni, corso Orbassano 354, è stato ingessato al Cto per un'infrazione al piede sinistro riportata durante l'attentato. Per le indagini soltanto una pista, la stessa rivendicazione dei terroristi. Ma si tratta di un'organizzazione fantasma che ha già rivendicato a Torino i ferimenti di quattro medici e di un architetto, oltre ad azioni di gruppo come quella contro la fabbrica dei biglietti Atm, senza che alcuno degli affiliati sia mai stato preso. Dopo il ferimento del dottor Grazio Romano, medico delle Nuove, e dopo le visite a Torino di funzionari del ministero di Grazia e Giustizia e dello stesso ministro Bonifacio, la strategia della «disarticolazione dell'apparato carcerario» ha compiuto una nuova tappa. Roberto Reale Alvaro OHI I vigili spengono le fiamme nella casa dell'attentato - Giuseppe Navone, sconvolto, lascia l'ufficio - Suo nipote Marco è gravissimo - Gianluigi Brancatelli e Giuseppe Sirzen

Luoghi citati: Momo, Orbassano, Torino