Bakhtiar fuggito, Bazargan al potere

Bakhtiar fuggito, Bazargan al potere Mentre l'ayatollah Khomeini esorta i vincitori a deporre le armi Bakhtiar fuggito, Bazargan al potere NOSTRO SERVIZIO PARTICOLARE TEHERAN — Dopo due giorni di combattimenti che hanno fatto oltre 300 morti e circa un migliaio di feriti, la capitale iraniana era ieri interamente controllata dai sostenitori armati dell'aj/atotlah Khomeini. Nella mattinata la Guardia imperiale, che presidiava il palazzo dello Scià e che si era acquartierata nella caserma Niavaran (a Nord di Teheran) si è arresa innalzando una bandiera bianca. Un comunicato dello «Stato maggiore provvisorio delle operazioni militari» del governo provvisorio islamico diffuso ieri dalla radio «liberata» di Teheran ha lanciato un appello alla calma, domandando alla popolazione di non attaccare le caserme e gli edifici dell'amministrazione statale perché «la rivoluzione ha vinto» e «lo Stato Maggiore generale, la Guardia imperiale e gli altri corpi dell'esercito si sono uniti al movimento popolare». Scontri sporadici si regi- stravano tuttavia in alcuni quartieri della capitale tra alcuni reparti rimasti fedeli al regime e i sostenitori armati di Khomeini, che ieri mattina si erano impadroniti anche della prigione di Evin dopo aver occupato la sera precedente il centro carcerario di Qasar e il comando della Savak. la famigerata polizia politica del regime dello Scià. Il «Governo provvisorio rivoluzionario», presieduto da Mehdi Bazargan, ha lanciato a sua volta un appello alla popolazione chiedendo di «restituire le armi» che erano state distribuite in precedenza dai militari dell'aviazione che venerdì sera si erano ribellati contro i comandi delle forze armate. Rispondendo all'appello di Bazargan. migliaia di armi sono state effettivamente consegnate al quartier generale de\V ayatollah Khomeini, posto nella ex scuola di Refah. Ma migliaia di altre armi restano ancora ai giovani civili che celebrano la vittoria. Nel pomeriggio Bazargan si è installato nel palazzo della presidenza del Consiglio, e ha nominato tre vice primi ministri, oltre al nuovo capo di Stato maggiore delle forze armate e al nuovo capo della polizia. Una pesante incertezza continua ad avvolgere la sorte del primo ministro dimissionario. Shahpur Bakhtiar. Alcune informazioni diffuse dalla radio iraniana nella tarda serata di domenica indicavano che Bakthiar si sarebbe ucciso dopo aver saputo che lo Stato maggiore dell'esercito aveva deciso di cedere agli insorti. Ma secondo le notizie raccolte ieri dalla «Afp», l'ex capo del governo si sarebbe invece rifugiato «in un luogo sicuro» e «sarebbe in contatto con Bazargan», il primo ministro del governo provvisorio islamico. Si ignora anche la sorte dell'ex premier Hoveida e dell'ex capo della Savak. che sarebbero stati catturati domenica sera in una caserma situata nel centro della città dove erano detenute numerose personalità del passato regime. Le informazioni provenienti dalle altre città iraniane rimangono per il momento frammentarie. Secondo la radio. 150 persone sarebbero state uccise e altre 600 ferite in seguito agli scontri avvenuti domenica a Tabriz. A Shiraz altre 40 persone sarebbero morte e 300 ferite nell'assalto dato dai dimostranti alla prefettura. Nel tentativo di ristabilire gradualmente un clima di normalità, ieri lo «Stato maggiore del governo rivoluzionario provvisorio» ha chiesto ai piloti e ai tecnici della compagnia «Iran Air» di riprendere i collegamenti aerei e di cessare lo sciopero per «partecipare alle operazioni di soccorso in provincia». Ecco, in base ai dispacci delle agenzie, la cronologia degli avvenimenti di ieri. ORE 8.30 — Nella base militare di Lavizan. a una decina di chilometri dal palazzo imperiale, le guardie e altri militari issano bandiere bianche' sulle armi e sui carri armati. E' il segnale convenuto con Khomeini. il quale ha promesso in cambio di impedire alle bande di giovani armati di attaccare le installazioni militari. ORE 9.30 — La Guardia imperiale del palazzo dello Scià si arrende. I militari, dopo avere opposto un'ultima resistenza nel recinto del palazzo imperiale di Niavaran, escono dalla caserma uno alla volta, in borghese. Le loro armi sono state confiscate. Sui carri armati sono state issate bandiere bianche. Tutto il palazzo dello Scià è ormai controllato dalla popolazione. ORE 10 — La città è completamente in mano ai giovani rivoluzionari armati di Khomeini. Il capo della rivolta iraniana lancia appelli alla calma e soprattutto a non usare le armi «se non costretti». ORE 10,30 — L'aeroporto di Teheran è deserto e sorvegliato da meno di una dozzina di «poliziotti islamici» di Khomeini. Nessuno sa quando lo scalo aereo sarà riaperto, ma le guardie dell'ayatollah dicono agli agenti di sicurezza di «sorvegliare molto attentamente per evitare che ben noti elementi corrotti tentino di lasciare il Paese con danaro o altri preziosi». Il governo del primo ministro Bazargan ammette che gruppi di teppisti hanno esautorato le autorità locali di Teheran e Karaja, giustiziando un imprecisato numero di ufficiali di polizia. ORE 12 — Un comunicato dello Stato maggiore delle forze armate, diffuso dalla radio, annuncia che «tutte le Copyright -Le Monde» e per l'Italia -La Stampa» (Continua a pagina 2 in terza colonna)

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