Rognoni: Sapevo di contatti con le Br Ormai certa l'inchiesta delle Camere di Gianfranco Franci

Rognoni: Sapevo di contatti con le Br Ormai certa l'inchiesta delle Camere Un dettagliato rapporto svolto ieri dal ministro dell'Interno Rognoni: Sapevo di contatti con le Br Ormai certa l'inchiesta delle Camere Conferma di aver fatto mettere in stato di preallarme, all'epoca delle «rivelazioni», un reparto militare speciale - Avrebbe dovuto catturare i brigatisti che si erano riuniti a Salice Terme: ma l'incontro non ci fu per l'improvvisa morte del pontefice Paolo VI - Il partito comunista ha espresso riserve e perplessità ROMA — Il ministro dell'Interno, Rognoni, ha ammesso, nel suo rapporto alla Camera ieri mattina, che il senatore Vittorio Cervone lo aveva informato dei contatti avuti con un misterioso «brigatista pentito». Ha confermato di aver impartito al capo di Stato Maggiore della Difesa, d'accordo con il ministro Ruffini, l'ordine di mettere in preallarme un reparto militare speciale (pare della Marina) per una eventuale operazione contro i massimi esponenti delle Br che si diceva stessero per incontrarsi a Salice Terme. Ma Rognoni ha negato che in via Fani abbiano sparato anche carabinieri che temevano di essere riconosciuti dalla scorta di Moro. L'ammissione che esiste in Italia un corpo speciale con compiti di ordine pubblico e antiterrorismo, o comunque il possibile impiego di certi reparti in attività cosi rischiose, ha suscitato immediate critiche e polemiche fra i membri delle commissioni Interni e Difesa, davanti alle quali il ministro ha cominciato a leggere il suo rapporto attorno' alle 11. in un'atmosfera di tensione e di grande attesa. Falco Accame, socialista ed ex presidente della commissione, Difesa, ha definito «gravissima» la presenza di un tale reparto come se «nessuno degli'. 80 mila carabinieri e degli 80 mila poliziotti sia in grado di sostituirlo». Rognoni ha parlato per quasi mezz'ora e ha detto che il governo, che pur in precedenza si era pronunciato diversamente per non intralciare le indagini, non ostacolerà la costituzione di una commissione parlamentare di inchiesta, della cui opportunità tutte le forze politiche si dichiarano ora convinte. Rognoni è stato molto preciso e ha dato l'impressione di non voler sottacere nulla anche se ha affermato di rispondere solo dei fatti a sua conoscenza, accaduti sotto la sua gestione ministeriale. Ha riferito che l'il agosto scorso ebbe un colloquio riservato con il sen. Cervone il quale lo informò di quanto gli aveva detto un presunto «brigatista rosso» entrato in contatto con lui tramite il giornalista di «Radio Montecarlo», Ernesto Viglione. Il senatore aggiunse che avrebbe potuto sapere con precisione la data, il luogo e l'ora dela riunione dei capi brigatisti. Rognoni ha detto di essere rimasto incredulo e diffidente dinanzi alla «notizia» e riluttante a considerare che massimi responsabili dell'organizzazione fossero due politici e un esponente del Vaticano. «Valutai tuttavia — ha aggiunto — che era mio dovere non trascurare qualsiasi indizio. Mi posi il problema della reazione delle forze dello Stato di fronte a queste notizie. Considerai che qualsiasi misura di sorveglianza, anche la più attenta, poteva impedire ulteriori contatti fra Cervone e il presunto brigatista». Il ministro decise allora di mettere in preallarme il reparto militare specializzato il cui impiego, ha affermato, non è «abnorme», poiché nell'ambito delle misure contro il terrorismo tali reparti fanno capo al ministro degll'Interno e possono procedere ad arresti in stato di flagranza. Nell'impartire l'ordine al capo di Stato Maggiore della Difesa si parlò genericamente della eventualità di un intervento di reparti militari e soltanto se l'operazione fosse stata decisa (secondo il misterioso brigatista la riunione saltò perché il personaggio «legato al Vaticano» non poteva muoversi da Roma in seguito alla morte del Papa) sarebbero scattati tutti i meccanismi previsti dalla legge, compresa la richiesta di autorizzazione da parte dell'autorità giudiziaria. Quando il ministro seppe del «rinvio» della riunione crebbe in lui l'originaria diffidenza e chiese al generale Dalla Chiesa di mettersi in contatto con il senatore Cervone. Precisando che le notizie gli furono fornite dal generale, il ministro ha raccontato dei colloqui avuti da Dalla Chiesa con il senatore democristiano e con il giornalista di «Radio Montecarlo», degli inutili tentativi compiuti per identificare il «brigatista pentito», di cui si sapeva soltanto che fosse stato compagno di carcere di Cavaliere Nel lungo dibattito che è seguito sono intervenuti una ventina di deputati, in rap-' presentanza di tutte le parti 'politiche. Zamberletti, per la de, ha dato atto al ministro di aver fatto comunicazioni «puntuali e particolareggiate» riportando nella «giusta luce» le rivelazioni giornalistiche. Zamberletti ha annunciato che anche il suo gruppo, al pari di tutti gli altri, è favorevole alla commissione parlamentare di inchiesta. Il comunista Di Giulio, pur apprezzando la relazione del ministro, ha manifestato perplessità per una «vistosa» lacuna nel rapporto: che cosa è accaduto nei circa tre mesi intercorsi fra i primi contatti di Cervone con il brigatista ed il colloquio con Rognoni? Gianfranco Franci

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