Ladri acrobati spogliano dei gioielli il quadro della Vergine alla Consolata di Renato RizzoEzio Mascarino

Ladri acrobati spogliano dei gioielli il quadro della Vergine alla Consolata Nella notte, calandosi dal lucernario una ventina di metri sopra l'altare maggiore Ladri acrobati spogliano dei gioielli il quadro della Vergine alla Consolata Rubate le corone d'oro, gli orecchini, il collier e la stella di brillanti, i due anelli, il braccialetto - «Tutti oggetti autentici, ma di scarso valore» - Scomparse anche le aureole di diamanti: sono copie, eseguite a Parigi - Gli originali, assai preziosi, «sono altrove» - L'arcivescovo: «Il gesto addolora tutta la città» Il quadro spogliato dei suoi ori sull'altare maggiore della Basilica della Consolata è ora coperto con un drappo viola come in periodo quaresimale. La gente, dopo che la notizia del furto sacrilego s'è diffusa come una folata, giunge al santuario come in pellegrinaggio: è mossa da una tristezza che dipinge sguardi dolenti sui volti fissi alla cornice alta sopra il tabernacolo. • E' come se mi avessero derubato d'un ricordo intimo e prezioso — dice un fedele —. Questa Madonna è sempre stata per i torinesi un simbolo di amore, una ragione di speranza. Vit'fajno tempi assai bui se, oggi, dobbiamo subire questo insulto». E' un furto, come conferma il rettore della Basilica, monsignor Antonio Bretto, alla Consolata da 35 anni, che trascende il valore intrinseco dei pezzi rubati: «Ogni oggetto, ogni frammento di quei gioielli era una testimonianza di fede. E' impossibile stabilire cifre: nulla era inventariato ma, sicuramente, i gioielli non valgono più di una decina di milioni. Molti erano già qui quando arrivai io, ciascuno ha la sua storia: offerte del Vaticano, ex-voto di gente che ha voluto restare anonima». E' lo stesso monsignor Bretto che, accompagnandoci attraverso la chiesa fra il mormorio delle preghiere di chi vuole riparare l'offesa alla Vergine con la propria devozione, ci indica la strada seguita dai ladri per raggiungere il «tesoro». «I portoni della chiesa si chiudono alle 19,30 per riaprirsi alle 6 del giorno successivo. 1 ladri hanno avuto tutta la notte per agire indisturbati, ma il sacrilegio non deve aver richiesto più di 40-50 minuti». Il «commando», per arrivare sino all'altare maggiore, ha scelto una via difficile ma sicura. Questa la cronaca del furto ricostruita attraverso i segni lasciati dai ladri. E' notte quando i malviventi, forse due, giungono davanti al cancclletto in ferro accanto all'ingresso della Basilica. Un colpo di cesoie fa saltare il lucchetto ed ecco i ladri che appoggiano al muro una scala smontabile in legno (gli investigatori la ritro- veranno dopo il furto) lunga circa 12 metri. Rapidi e silenziosi si inerpicano sino ad un primo cornicione, di qui salgono sul tetto della chiesa. Devono percorrere una cinquantina di metri lungo le quattro cupole prima di trovarsi di fronte al lucernario che s'apre sopra l'altare maggiore. Ancora un colpo di cesoie, cede la serratura. Dalla finestrella aperta i ladri acrobati si calano su una piccola balaustrata e.a queste sbarre di metallo ancorano una scala di corda lunga circa 20 metri ed un resistente filo di nylon. Si calano ad uno ad uno nella Basilica immersa nel silenzio, gli stucchi ed i legni dorati luccicano sotto i fasci luminosi delle loro pile. Ma la scaletta ondeggia per il peso: uno dei ladri ur- ta l'angelo ligneo poggiato alla sinistra del quadro della Madonna. La statua cade e si spezza in tre parti sul pavimento. Un particolare: se fosse finita sull'altare, avrebbe fatto scattare un segnale d'allarme. Ma il tonfo sul marmo non provoca sirene: i ladri poggiano i piedi su una sporgenza, evitano di scendere nella parte anteriore del presbiterio per non incappare nella cellula fotoelettrica che protegge la tela della Vergine. Aggirano l'ostacolo, sollevano, da dietro, lo sportellino in ferro dove sono i comandi dell'occhio elettronico e li mettono fuori uso tagliando i fili. Ora il quadro è alla loro portata, ma non è facile raggiungerlo: uno si aggrappa, probabilmente, alla staffa in ferro che unisce il retro del dipinto al muro: una piroetta e l'uomo vi si siede sopra. Con uno scalpello fa saltare la barra metallica che attraversa longitudinalmente la parte posteriore dell'opera. Temendo che, durante l'operazione, il dipinto possa crollare, il complice ha anche l'accortezza di legarlo al filo di nylon. I gioielli sono fissati alla tela con piccole graffe in metallo: basta sollevarle e nelle mani dei ladri cadono le due corone d'oro, gli orecchini di brillanti, il collier, la stella con brillantini. i due anelli, il braccialetto del Bimbo e lo smeraldo incastonato nel suo collo. II furto è concluso. Come gli svaligiatori di Topkapi i ladri tornano, volteggiando sulla scaletta, sino alla balaustrata. Di qui. attraverso i tetti, raggiungono la piazzetta e si calano in strada. Fuggono nel buio. Sono le 6 meno qualche minuto quando il sacrestano, andando ad accendere le luci dell'altare maggiore, si accorge dell'assalto notturno e dà l'allarme. Si avverte il rettore che. a sua volta, avvisa l'arcivescovo. Alle 6,15 mons. Ballestrero è alla Consolata. -E' un gesto che ci addolora profondamente — dirà più tardi — non tanto per il valore degli oggetti quanto per l'offesa fatta alla Madonna che, in questa città, è un punto di riferimento cosi vivo e presente. Per i fedeli il dolore è veramente grande. E' un furto che ferisce la città in uno dei suoi sentimenti più profondi. Tanta storia di Torino è segnata dalla presenza di questo santuario, tanti personaggi illustri hanno pregato davanti a questa Madonna. Quest'atto ci richiama ad un esame della nostra dignità e coscienza di uomini ed all'amore per i fratelli». Giunge, intanto, alla Basilica la squadra mobile guidata dal dott. Fersini: i ladri hanno lasciato le scale a pioli all'esterno della chiesa e quella a corda all'interno. -Non hanno leso irreparabilmente la tela della Vergine — commenta il rettore Bretto — ed in questo credo di cogliere quasi un gesto di rispetto». Probabilmente gli autori del furto speravano in un «colpo» sensazionale, forse avevano letto la «Storia» del Buscaglioni che parla di «settecento diamanti nelle 12 stelle delle aureole della Madonna e del Bambino». Ma i diademi rubati non sono che copie fatte da un artigiano parigino, i cui originali -si trovano — come dice mons. Bretto — altrove». Vere, invece, le corone d'oro (una sottile lamina preziosa su uno scheletro in legno) e tutti gli altri monili. «Non parliamo quindi — ribadisce il rettore della Consolata — di cifre sbalorditive. Sarebbe criminale tenere veri e propri tesori inutilizzati quando, attorno a noi, c'è gente che vive nella miseria e nella disperazione». A questo proposito il sacerdote ricorda che tutti gli ex-voto -senza particolare valore storico ed artistico» donati alla Consolata, sono stati venduti nel 1967 dietro invito di Papa Paolo VI per andare incontro alle necessità delle popolazioni alluvionate di Firenze. Stasera alle 18,30 l'arcivescovo celebrerà nel santuario una messa «di riparazione» di fronte al quadro spoglio della patrona di Torino. Anche il presidente della Regione, Viglione, s'è associato alla condanna che si leva da tutta la città: -In una comunità profondamente offesa dalla violenza politica e terroristica — ha detto — Quest'atto aggiunge una nota di.amarezza nell'orizzonte che ci sta dinnanzi. I malviventi hanno agito contro un bene che rappresenta, al di là del valore economico, il simbolo di un legame ai valori dello spirito. Valori importanti in una società che soffre duramente il destino dì una sempre più accentuata disumanizzazione. Il significato del gesto ha steso un velo di tristezza non retorica anche per i non credenti: è stato offeso un bene che fa parte della tradizione comune». Renato Rizzo Ezio Mascarino Cosi appariva, fino all'altra sera, il quadro della Madonna - Cosi è apparso ieri mattina agli sbigottiti occhi del rettore don Bretto

Persone citate: Antonio Bretto, Ballestrero, Bretto, Fersini, Paolo Vi, Viglione

Luoghi citati: Firenze, Parigi, Torino