Sta cambiando la mappa del potere industriale di Marco Borsa

Sta cambiando la mappa del potere industriale I privati e la grande crisi chimica Sta cambiando la mappa del potere industriale MILANO — Qualunque sia la sorte della Sir, Nino Rovelli è destinato ad uscire dal novero dei grandi imprenditori privati italiani. L'immagine dello scalatore della Montedison, di cui avrebbe potuto diventare presidente oltre che maggiore azionista, è tramontata per sempre. Non è il solo, però, a cadere. Il suo avversario tradizionale, Eugenio Cefis, lo ha preceduto dando tempestivamente le dimissioni dal vertice Montedison quasi due anni fa. Raffaele Ursini, terso incomodo della grande chimica, è passato attraverso un inandato di cattura per i bilanci Liquigas ed ora si sta battendo per mantenere probabilmente il controllo della Sai, l'ultimo dei suoi gioielli e forse il più prezioso, su cui pende la minaccia di fallimento Liquigas-Liquichimica. Nel giro di tre anni la crisi della chimica ha spazzato l'io un intero gruppo imprenditoriale lasciando orfani diverse migliaia di miliardi di investimenti. Un profondo rimescolamento delle carte che non riguarda solo la chimica. Attilio Monti, dopo aver fatto fortuna come raffinatore indipendente negli anni dell'espansione dei consumi petroliferi e della collocazione dell'Italia come raffineria dell'Europa, vuole vendere ora all'Eni quelle pompe e quelle raffinerie che, non sema spavalderia, gli alleva soffiato nel 1974. Seguendo la strada tracciata negli ultimi 15 anni da quegli imprenditori privati che, trovatisi alle strette per ragioni obiettive o a causa dei loro errori, hanno ritenuto vantaggioso vendere le aziende allo Stato (alla Gepi, alla Sme dell'Iti, all'Egam, etc.) anche Monti preferisce disertare il campo dell'iniziativa privata. Persino Carlo Pesenti, industriale e banchiere, da sempre profondamente ostile all'intervento pubblico in economia, al centro delle più solide alleanze imprenditoriali e finanziarie private, è stato costretto a vendere una delle sue banche ad un istituto pubblico, l'unico in grado di pagargli i 220. miliardi richiesti. Il caso di Pesenti è diverso dagli altri perché non si tratta di un gruppo minato dai debiti o messo alle corde dall'evoluzione del mercato. E' ancora solidissimo dal punto di vista finanziario (fra banche e aziende l'impero Pesenti non vale meno di 1500 miliardi) ma si è come fossiliz¬ zato negli ultitni dieci anni attestandosi su posizioni sempre più difensive. Una crisi da obsolescenza. Quali che siano le ragioni delle crisi resta il fatto che l'intera mappa del potere e degli equilibri industriali e finanziari priimti in Italia dovrà essere ridisegnata alla luce degli sviluppi degli ultimi tre anni e di quanto accadrà nei prossimi mesi. Un primo risultato potrebbe essere puramente e semplicemente un allargamento del settore pubblico, che nessuno vuole, neppure le sinistre, politiche e sindacali, ma che diverrà inevitabile se i privati non sapranno trovare le risorse, le idee e le energie necessarie a prendere in mano l'iniziativa. Sir e Liquigas verranno probabilmente pubblicizzate attraverso le banche, Pesenti potrebbe vendere un'altra banca ad un istituto pubblico, e Monti la sua attività petrolifera all'Eni. All'elenco si può aggiungere in via di ipotesi, il settore fibre (Snia e Montefibre) difficilmente recuperabile senza un intervento pubblico, e la stessa Snia Viscosa. L'argine a questa frana è la Montedison, la linea del Piai'e dell'iniziativa privata in Italia, come sembra vada dicendo l'amministratore delegato di Mediobanca, Enrico Cuccia. Attualmente, il più grosso gruppo chimico italiano ha, come azionista principale la Sogam, la finanziaria che raccoglie le partecipazioni Iti e Eni, mentre al secondo posto c'è un investitore arabo sconosciuto che agisce attraverso una banca parigina. I grandi privati italiani sono in rotta. Monti, Pesenti, Ursini, Rovelli, nessuno di loro ha i mezzi o la volontà di impegnarsi con nuovi capitali nella Montedison. Nessuno appare credibile all'esterno per un rilancio dell'iniziativa privata che giunga fino alla Montedison. Occorrerebbe quindi sostituirli. La nuova mappa del potere industriale e finanziario che si dovrebbe delineare nei prossimi mesi potrebbe consentire un'offensii>a dell'iniziativa privata, non più minacciata alle spalle da gravi defezioni, il cui punto di arrivo dovrebbe essere una più soddisfacente sistemazione della questione Montedison. Senza offensive ci penserà lo Stato ad occupare lo spazio lasciato libero dai privati in rotta. Marco Borsa

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