Napoli I due terroristi catturati a mentre minano una casa di 9 piani di Francesco Santini

Napoli I due terroristi catturati a mentre minano una casa di 9 piani Scoperta una «base» a Pozzuoli, sequestrati importanti documenti Napoli I due terroristi catturati a mentre minano una casa di 9 piani L'edifìcio ospita una caserma dei carabinieri, dove è solito giungere il generale Dalla Chiesa durante le operazioni in Campania - Due giovani sono stati bloccati mentre stavano innescando un ordigno - Secondo gli inquirenti, le «unità combattenti comuniste» hanno perso in città un commando di primo piano (Segue dalla 1* pagina), cato. il mese scorso, il ferimento alle gambe di un giovane medico e l'attentato a un traliccio dell'Altasud. Da venti giorni la Digos ha rafforzato la perlustrazione. Sono le 3.45. Una «Volante» si avvicina a una «Simca 1300». A bordo, due giovani. Stanno mettendo a punto l'ordigno. Il congegno ha due possibilità d'innesco: chimico ed elettrico. Il rapporto della polizia sostiene che i terroristi fossero già sul portone d'ingresso: un cancello in alluminio anodizzato. Mostrano una chiave inglese e dicono: «Tentavano di scardinarlo-. I due arrestati si difendono negando. L'auto è stata rubata a Napoli il 29 gennaio. «Abbiamo trovato la Simca parcheggiala in via Lepanto — hanno dichiarato al magistrato —. Siamo saliti a bordo per scambiare due chiacchiere e rìpa- rarci dal freddo. Nulla sapevamo dell'esplosivo-. Nelle loro tasche sono stati trovati alcuni volantini: propagandano la «lotta alle istituzioni dello Stato-. Nell'operazione, il personaggio chiave è Giovanni Orlando. Nel suo appartamento di Pozzuoli, due stanze, quarantacinquemila lire di affitto mensile, la Digos si è trattenuta per molte ore. E' uscita con due valige zeppe di documenti. Non è questo piccolo alloggio, a pochi metri dalla strada ferrata, l'unica abitazione di Orlando e di sua moglie: saltuariamente, i due giovani venivano ospitati in un appartamento di via Lepanto 105. a pochi passi dalla sede dei carabinieri. E' qui che il padre di Antonietta Caserta, portiere dello stabile, possiede un secondo alloggio all'interno 6. Tre stanze: due in affitto a quattro studenti, una riservata al genero e alla figlia. Dice Pietro Caserta, nella sua guardiola di portiere: «Mi ero opposto al matrimonio: troppo giovani. Comparivano e scomparivano per lunghi periodi. Adesso avevano ripreso a studiare: proprio la settimana scorsa suo padre, l'avvocato, ed io avevamo pagato la loro tassa alla segreteria dell'Università. In passato, Giovanni era segretario della sezione socialista. Poi si è allontanato dalla politica attiva, gradualmente, sema motivo-. Duecento metri più avanti, in viale Augusto 105, la signora Orlando parla del figlio, mostra grande preoccupazione: «Prima il matrimonio, poi gli studi interrotti. Negli ultimi tempi, aveva avuto un posto come aggiunto di segreteria all'istituto tecnico Righi-. Lo stipendio, duecentottantamila lire al mese, non soddisfaceva Giovanni Orlando. In famiglia non parlava di politica, «perché — spiega sua madre — io sono contraria a ogni imbroglio-. Non si confidava, soltanto qualche affermazione di principio: «Quello che mio è anche degli altri-; «La società e le istituzioni mi hanno fottuto, non meritano rispetto-. La famiglia Orlando viveva nell'angoscia: «Quando i giornali pubblicavano notizie di terrorismo — dice la madre, insegnante elementare —, mi raccomandavo alla Madonna-. Nulla di certo, nessun sospetto, «soltanto un presentimen¬ to — aggiunge —, e a volte mi rimproveravo di essere stata, con Giovanni, troppo severa-. Lasciamo la famiglia di Giovanni Orlando. Una pioggia battente e un vento fortissimo spazzano le vie di Fuorigrotta. In via Lepanto le immondizie si alzano da terra fino a raggiungere il balcone dei carabinieri. Uno stabile con cinquecento inquilini e sei ingressi. Una rampa di scale. Le piastrelle celesti e blu, sgretolate, proteggono l'intonaco fino alla Compagnia. A comandarla, in passato, era stato spedito da Roma il capitano Capozzella, l'ufficiale della guardia di Kappler all'ospedale del Celio, nei piorni della fuga. Ora c'è un nuovo ufficiale. Minimizza l'episodio. Aggiunge: «E' la Digos ad occuparsene, l'operazione è della polizia-. E' qui che in¬ stalla il suo comando operativo il generale Dalla Chiesa quando compare a Napoli. E' qui che gli uomini del generale fanno capo nelle puntate nel Meridione. Un edificio anonimo. La costruzione ha pochi anni ma appare cadente. In questura, l'artificiere chiamato alla perizia sull'esplosivo commenta: «Poteva essere sufficiente a scardinare una base quadrangolare di cemento: il tritolo, combinato con il nitrato di ammonio, ha una forte carica dirompente-. Il lutto è stato evitato per caso. «Se l'attentato fosse riuscito — dice il dirigente della Digos —. mai saremmo arrivati a Giovanni Orlando, un incensurato-. Il progetto è fallito per lo scrupolo di due agenti. Piazzata la bomba, a Giovanni Orlando e ad Alberto Trama sarebbero stati sufficienti po¬ chi secondi per ripararsi nell'appartamento che. a venti metri dalla caserma, il suocero continua a riservare alla figlia. » Volevo affittare anche la loro stanza — dice l'anziano portiere —, ma speravo che prima o poi sarebbero tornati accanto a noi: ora non capisco che cosa è accaduto-. Una piccola folla sosta dinanzi alla caserma. Puorigrotta ha quattrocentomila abitanti: Antonietta Caserta e Giovanni Orlando non sono conosciuti. Li ricordano a Pozzuoli, nel «covo» a cento metri dalla Cumana: «Due giovani a modo — dicono —, una coppia davvero perbene-. Dietro la rispettabilità, il fallimento di una esperienza politica nel partito socialista, prima di scegliere la strada della clandestinità. Francesco Santini Giovanni Orlando

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