Che vuole Menicucci Cosa rischia Garonzi

Che vuole Menicucci Cosa rischia Garonzi Dopo la querela dell'arbitro fiorentino al dirigente veronese Che vuole Menicucci Cosa rischia Garonzi I precedenti dell'ex presidente romanista Marchini e di padre Eligio - Il processo previsto fra un anno: in quale sede? MILANO — Gino Menicucci, 40 anni, fiorentino, commerciante, arbitro di calcio nella Can dal 1971, molti episodi discussi durante la sua carriera: questa la breve scheda della «casacca nera» che ha chiesto ed ottenuto dalla Federcalcio di adire le vie legali contro un altro tesserato, Il presidente del Verona Saverio Garonzi. I motivi sono due: le ingiurie rivoltegli a caldo negli spogliatoi di Pescara, dopo la sconfitta rimediata dal Verona su rigore trasformato dal napoletano Savoldi (si giocava in campo neutro per la squalifica di Fuorigrotta) nonché la diffamazione a mezzo stampa, avvenuta all'indomani quando Garonzi ha ribadito ai giornalisti le sue accuse. Menicucci, titolare di un negozio di giocattoli a Firenze, in via Guicciardini a ridosso di San Frediano, è il secondo arbitro che «denuncia» un altro tesserato: lo ha preceduto, tanti anni fa, il padovano Francescon, dopo una tormentata sfida al Comunale fra Juventus e Roma. In quella occasione il presidente dei giallorossi, Marchini, dopo la sconfitta fece allusioni sull'onestà dell'arbitro e su un presunto, «regalo di un'autovettura». Francescon chiese e ottenne dalla Federazione l'autorizzazione a procedere per vie legali ritirando la querela dopo una lettera di scuse di Marchini. Recentemente anche un noto frate, padre Eligio, fini in tribunale accusato dall'intero gruppo degli arbitri appartenenti alla Can: anche nel suo caso c'era di mezzo una diffamazione alla categoria inserita nelle pagine di un libro autobiografico. Padre Eligio non era però un tesserato della Figc per cui gli arbitri poterono querelarlo senza dover chiedere alcuna autorizzazione federale. Poi, dopo le scuse pubbliche dell'ex «padre spirituale» di Rivera, ci fu un accomodamento. Menicucci, invece, non intende transigere. Il suo legale, l'avvocato Giacinto Zoli, fiorentino, presidente della Commissione tesseramenti della Figc, è pronto a dare battaglia e ad inoltrare alla procura della Repubblica di Pescara la querela. Con lui agiranno altri due avvocati, il civilista Di Marco e il penalista Rodolfo Lena, che è anche il vicepresidente della Commissione disciplinare della Federazione. Cioè l'organismo che prossimamente dovrà giudicare Garonzi per le sue dichiarazioni alla stampa. Nell'occasione, ovviamente, l'avvocato Lena non parteciperà ai processo contro il presidente del Verona (già punito dal giudice sportivo con un anno e mezzo di squalifica e al quale la Disciplinare dovrebbe infliggere un'analoga condanna). Prima ancora che scatti la fase -giudiziaria — nella migliore delle ipotesi il processo si farà fra un anno — è già nato un problema di competenza: in quale città dovrà svolgersi il dibattile visto che le dichiarazioni offensive di Garonzi. sono apparse su diversi giornali?1 Secondo la legge è competente la Procura della città in cui viene stampato il giornale che riporta le offese: nel caso si tratta di Torino, Milano, Bologna, Roma e altri centri... Gli insulti di Garonzi ovviamente hanno fatto scalpore nel mondo del calcio già abbastanza provato dalle vicende agonistiche. Se ne fa interprete ora uno dei suoi dirigenti più noti e stimati, l'avvocato Giuseppe Prisco, presidente dell'Ordine degli avvocati di Milano e vicepresidente dell'Inter. «A questo punto — ha esordito Prisco —mi auguro soltanto che la vicenda giunga a conclusione e che non Unisca con la solita buffonata, tipo il processo a padre Eligio, cioè con una remissione di querela. Come uomo di sport sono sbalordito dalle dichiarazioni di Garonzi e soprattutto mi chiedo come possa dimostrare la validità delle sue affermazioni. Nello stesso tempo sono amareggiato davanti al rischio che il calcio finisca in tribunale e possa mostrare un'immagine che non è quella reale». L'avvocato Prisco ha poi accettato di «Interpretare» il caso nei suoi due aspetti ben distinti, mettendosi nei panni del collega che sarà chiamato ad accusare oppure a difendere. «Se dovessi assumere la parte di Menicucci — ha detto Prisco —sosterrei abbastanza facilmente la causa della diffamazione provando che chi ha sbagliato, si è basato su fatti inesistenti attribuendo un comportamento doloso da parte del mio assistito. Ammesso che Menicucci conceda ampia facoltà di prova, mi chiedo come Garonzi possa ditendersi dopo avere dato del disonesto e del farabutto all'arbitro fiorentino». Se dovesse difendere il presidente del Verona? «In questo caso — ha proseguito Prisco — chiederei le massime attenuanti appellandomi all'art. 62 comma 2 del codice penale: sosterrei insomma che il mio assistito ha agito in uno stato d'ira determinato da un fatto ingiusto altrui. Il fatto in se stesso non deve essere astrattamente tale ma lo è qualora sia nel convincimento di chi lo subisce. In parole povere: anche se II rigore c'era e Garonzi lo ha ritenuto ingiusto, ha agito di conseguenza in questo "stato d'ira". Il che non è molto provabile in quanto la tv non ci ha mostrato immagini chiare sull'episodio più discusso della gara». Uno dei legali di Prisco, l'avvocato Giorgio Erede, ha poi approfondito gli aspetti della querela. Considerata l'aggravante delle ingiurie profferite da Garonzi davanti a diverse persone, la legge, In caso di condanna, parla di una pena massima di un anno o in alternativa di un'ammenda di 400 mila lire; per la diffamazione, invece, la pena varia da sei mesi a tre anni (ma nella maggioranza dei casi l'accusato, quando è condannato, se la cava con una ammenda). Ben più grave sarebbe la sentenza qualora l'arbitro venisse riconosciuto come «pubblico ufficiale»: l'ingiuria si trasformerebbe in oltraggio (da uno a tre anni di reclusione): «Garonzi — ha concluso Prisco — ammesso che si vada sino in fondo, se la caverà con poco. A Menicucci resterà la soddisfazione di avere vinto la causa». Giorgio Gandolfi Tddrcivltorzsl Gino Menicucci, l'arbitro fiorentino è passato alla controffensiva

Luoghi citati: Bologna, Firenze, Milano, Pescara, Roma, Torino