"Il vice-premier cinese peggiore degli antisovietici occidentali"

"Il vice-premier cinese peggiore degli antisovietici occidentali"Reazione della «Pravda» alle tesi di Teng "Il vice-premier cinese peggiore degli antisovietici occidentali" DAL NOSTRO CORRISPONDENTE MOSCA — Un primo commento sovietico alla visita di Teng Hsiao-ping negli Stati Uniti è apparso ieri sulla Pravda, con la replica di Aleksei Petrov alle dichiarazioni rilanciate dal leader cinese alla rivista Time. -L'intervista mostra lo spirito con cui il vice premier è arrivato a Washington. Egli si è abbandonato ad un antisovietismo matricolato, all'ostilità verso la distensione. Teng ha spiegato l'aspirazione dei povoli alla liberazione nazionale, al progresso sociale — tanto in Africa, quanto in Medio Oriente e in Asia —. con la ingerenza straniera, nel consolidarsi delle posizioni progressiste e nello'sviluppo dei processi rivoluzionari interni, in Etiopia, in Afghanistan, in Iran e altrove, egli crede di vedere "lo stabilimento del controllo", la "affermazione della influenza" sovietica», scrive l'organo del pcus. Il giornale accusa Teng di ricorrere ad argomentazioni peggiori di quelle dei più ac¬ caniti «antisovietici» occidentali, per giungere a negare ogni validità all'accordo sulla limitazione delle armi strategiche tra Urss e Usa. «Egli entra così apertamente nel gioco dei circoli americani che si oppongono ai Salt-2». Secondo Petrov. Teng mira a convincere gli americani e innanzitutto il presidente Carter che anche dopo la conclusione dei Salt la corsa agli armamenti proseguirebbe, per indurli a credere che soltanto cooperando con la Cina, «l'amico povero» dell'Occidente, potranno mantenere la loro influenza nel mondo. Commenta la Pravda: -E' indicativo che in questa concezione di Pechino non abbia trovato posto nemmeno a parole il "ruolo determinante" degli Stati e dei popoli del Terzo Mondo nello sviluppo mondiale, la portata del movimento dei "non allineati" e le altre forze internazionali alle quali ancora recentemente i leaders di Pechino proclamavano il loro attaccamento». Indirettamente, i sovietici ri- chiamano così sul nuovo corso cinese l'attenzione della Jugoslavia e dell'India, anticipando quali saranno le argomentazioni con cui tenteranno di dissuadere i loro governi dal seguirlo. Pechino avrebbe inviato Teng. affermano i sovietici, innanzitutto per garantisi forniture belliche e industriali sufficienti ad avviare le «quattro modernizzazioni», ma non soltanto per questo. L'obiettivo strategico sarebbe quello di formare un fronte antisovietico comune al fine di «imbrigliare l'orso bianco». Per raggiungere tale scopo. Teng vorrebbe far credere che l'attuale linea del suo governo «non è estranea ai principi della democrazia borghese». E tende a scaricare tutto ciò che in passato e ancora oggi contraddice una simile pretesa sulle spalle della «banda dei quattro». La sua credibilità agli occhi degli americani rimarrebbe tuttavia ben scarsa. Conclude la Pravda: «Accumulando delle assurdità, in particolare sulla pretesa minaccia sovietica sugli Stati Uniti, l'Europa, la Cina e qualche altro ancora, Teng ha lasciato intendere che la prospettiva della distensione, del l'abbanssamento della soglia del confronto militare tra Est ed Ovest non torna gradita ai capi di Pechino, non coincide con i loro progetti di egemonia e di espansione. Ipocritamente. Teng si fa in quattro davanti al Washington. Ma egli non nasconde che la direzione cinese si propone di adattare la politica americana ai suoi obiettivi senza disdegnare qualsiasi intrigo o prevaricazione». i_ Z-