Reza Pahlavi, il potere in altalena

Reza Pahlavi, il potere in altalena DALL'INCORONAZIONE NELLO SFARZO DI PERSEPOLIS ALLE VALIGIE DEL TURISTA Reza Pahlavi, il potere in altalena Già altre volte lo Scià era partito in circostanze difficili: se ne andò nel 1953, quando Mossadeq gli mise contro la piazza, e nel 1961 mentre Ali Amini formava un nuovo governo - Ma era sempre tornato trionfalmente perché sembrava indispensabile alla stabilità dell'Iran - Purezza islamica, petrolio e la vicinanza con l'Unione Sovietica ; Gli dei ed i re hanno qualcosa in comune; talvolta se ne vanno definitivamente, altra volta ritrovano la strada del ritorno. Reza Pahlavi non sfugge alla regola ma è di quelli coriacei; è partito e tornato già un paio di volte, e chi può giurare che il vecchio proverbio, non c'è due senza tre, non sia tuttora valido? Perché gli iraniani sono gente singolare; odiano il loro scià finché lo vedono con quella mutria sfingew seduto sul Trono del Pavone, ma appena è lontano incominciano a rimpiangerlo perché quelli che gli succedono si dimostrano, a conti fatti, più incapaci di lui. A renderlo impopolare, per dire poco, è il suo atteggiamento, pugno duro da despota, sottomissione quasi pecorile alle molte donne che gli stanno intorno, come accade nella più bella tradizione islamica degli harem; prima, sua guida fu la madre, Tajd Old Moluk, fiera cosacca, dura e intrigante, che ebbe rilevante influenza sul marito, analfabeta fino a 30 anni ma dotato di incredibile coraggio ed ardimento, nell'arraffare il trono di Persia nel 1925 e fondare la dinastia, nuova dì secca, dei Pahlavi. Analfabeta, e semplice ufficiale, ma con qualità di, statista non trascurabili. Intanto volle che il suo paese si chiamasse Iran, cioè patria degli Arii e si coniò alcuni titoli sonanti: Shainshahi, cioè re dei re; poi «Luce degli Arii»; ed ancora 'Luce della giustizia»; ed infine -Difensore degli indifesi». Titoli che, col trono, passò al figlio, anch'egli Reza, di 21 anni, quando nel 1941 gli inglesi lo deposero perché troppo fanatico e pericoloso ammiratore ed amico di Hitler. Resa II, lo scià che parte, o partirà per una vacanza che non potrebbe avere fine negli Stati Uniti, in una sontuosa villa in California dove lo ha preceduto la sua inabissabile madre, fu vanitoso quanto suo padre; pensa già di costruire in America, si dice, una copia esatta del palazzo imperiale di Teheran. I soldi non gli mancano, specie da quando, dopo la guerra del Kippur, ha spinto come nessuno sceicco per far salire i prezzi del petrolio. Dopo la madre, ebbe su di lui grande influenza la sorella Ashras, la sua eminenza grigia, anzi, anima nera. Meno rilievo ebbero le altre due sorelle, Fatima e Shanis. Inizialmente lasciò alla madre ed alla sorella il compito di governare; lui preferiva le soste a Parigi e nelle stazioni invernali alla moda. Finché si sposò e prese in moglie la principessa egiziana Fauzia, sorella di re Faruk, che gli generò una bimba, Shannar, oggi probabilmente già nonna. La ripudiò dieci anni dopo, nel 1948 e nel 1951 sposò la ricchissima Soraya Esfandiari, la principessa dagli oc- chi -verdi e tristi». Era sterile, e benché dicesse di amarla appassionatamente, lo scià ripudiò anche lei Nel 1959 sposò Farah Diba che finalmente gli diede il sospirato erede, Ciro, più altri due. figli. Dovette aspettare fino al 1967 per essere finalmente incoronato imperatore, proprio perché l'erede, nel frattempo, aveva compiuto gli otto anni Tutto, dunque, nella dinastia Pahlavi sembrava in ordine, eppure qualcosa non andava. Gli iraniani non amavano il loro scià, e gli si ribellarono quando un esangue, turbolento deputato, Mohammed Mossadeq, gli scatenò contro la piazza. Reza Pahlavi fece in tempo a salire su un aereo e scappare a Roma con l'adorata Soraya senza nemmeno il pigiama e lo spazzolino dei denti Non rimase a lungo in esilio; fuggito il 15 agosto 1953 fece un ritorno trionfale a Teheran quattro giorni dopo; gli iraniani si resero conto che con Mossadeq, -il piangente Mossy» come lo chiamavano gli inglesi le cose non marciavano. Per prima cosa, Mossadeq aveva nazionalizzato il petrolio e la Anglo-Iranian OH C, quindi si era inimicato gli inglesi che non gli lasciarono più esportare un litro di greggio. Poi s'era messo a fare il musulmano puro; niente whisky, night clubs, ballerine europee. Con lo scià si stava male, ma con il -piangente Mossy», sempre in pigiama, si stava peggio. L'idillio fra scià e iraniani non durò a lungo: nel 1961 erano di nuovo a far baruffa; il popolo nelle strade, lo scià coi soldati facili allo sparo. Fu chiamato a formare il governo Ali Amini, che era stato ministro dell'Economia con Mossadeq. Per riportare l'ordine, come Baktiar ora, Amìni fece arrestare un po' di cortigiani e generali corrotti, promise che avrebbe moralizzato il Paese, mise di nuovo un mezzo embargo sul petrolio ed un embargo totale sui liquori, sale di ballo e ballerine, ma soprattutto sui tecnici stranieri Nuovo crollo dell'economia e Reza Pahlavi partì per andare «in Disite» net Paesi Scandinavi Tornò ancora una volta, perché sembrava proprio indispensabile alla vita dell'Iran, Paese abituato da 2500 anni al più cieco dispotismo. Inoltre, c'era il pericolo che l'Iran potesse diventare feudo della Russia. Proprio in quell'anno Kruscev dichiarava al giornalista americano Walt Lippmann: -Senza il comunismo è impossibile il progresso del proletariato. Ieri è stata l'occasione di Cuba, domani sarà quella dell'Iran». Potrebbero ' essere parole profetiche. Reza Pahlavi non prestò attenzione a quanto diceva il potente vicino, pensava a rinsaldare il proprio dispotismo, e se nel 1967 aveva tentato di stupire il mondo con lo spettacolo della propria incoronazione disseppellendo dai forzieri della Banca Nazionale il tesoro della co- ■ rona con il Trono del Pavone lardellato di brillanti e smeraldi la Corona Imperiale e la -Spada delle conquiste» che mettevano insieme qualcosa come seimila diamanti, coi piedi sul più grande tesoro petrolifero del mondo. E siamo arrivati all'epilogo; Mossadeq, Amini sono passati, ma la furia da loro scatenata non si è spenta La fiaccola è passata nelle mani di un altro fanatico, musulmano xenofobo come i suoi predecessori l'ayatollah Komeini che a Parigi ha già detto chiaro; via gli stranieri dall'Iran, torniamo alla purezza islamica e tutti in moschea. Niente più whisky, night clubs, ballerine occidentali Per la maggioranza degli iraniani tutto ciò ha scarso significato, i beneficiari delle voluttà occidentali erano pochini, e soltanto questi soffriranno per la lontananza del -loro scià». A meno che non si avveri la previsione di Kruscev, ed allora sarà brutta per tutti, e non solo per gli iraniani Lo scià, anche se così accadesse, non avrà molto da patire; pare abbia depositato all'estero cifre da capogiro, ed un bicchiere di champagne d'annata, di scotch, o bourbon invecchiati a dovere, non gli mancheranno mai Francesco Rosso e fece sfolgorare dinanzi agli occhi delle centinaia di invitati -L'oceano di luce», diamante di 186 carati che brìi-1 lò sul petto di Farah Diba, nell'ottobre 1971 volle dare la misura piena della sua potenza con la celebrazione fra i ruderi di Persepolis dei 2500 anni dell'impero persiano fondato da Ciro il Grande l'Achemenide. Fu una festa lussuosa e cafona, una follia che ingoiò quasi duecento miliardi un carnevale in cui facevano da. comparsa gli ultimi re di corona, principi e presidenti di repubblica, alloggiati in una tendopoli che, per quanto sfarzosa era pur sempre un camping di lusso per ricchi malati di nervi in cerca di quiete nel desertico altipiano di Persepolis dove potevano conversare coi fantasmi di Alessandro l'incendiario, della peccaminosa Taide, di Dario e Serse che avevano eretto le superbe regge-tempio solo perché Alessandro le incendiasse. La carnevalesca, dispendiosa celebrazione eccitò ancor più l'odio per lo Scià degli iraniani il popolo più povero Lo scià fotografato Tanno scorso in occasione del suo 59" compleanno