Anche in Liguria spara la Nagant di Vincenzo Tessandori

Anche in Liguria spara la Nagant Anche in Liguria spara la Nagant Forse una colonna mobile delle Br compie gli attentati - Una perizia di tecnici torinesi DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE GENOVA — Dice il procuratore capo Lucio Grisolia: «In corso ci sono numerose indagini, ma per il momento non vi sono stati né fermi né arresti». Intanto, venerdì pomeriggio per alcune ore i magistrati della procura si sono riuniti e sembra abbiano costituito un «gruppo di lavoro» al quale verranno affidate le indagini sulle Brigate rosse e sul terrorismo. Sostiene il dottor Grisolia: «E' stata soltanto una chiacchierata, quella dell'altra sera». Poi però aggiunge che domani si terrà un altro «vertice». L'indagine sull'uccisione di Guido Rossa, operaio, sindacalista, comunista, abbattuto dal colpi delle Bierre all'alba di mercoledì, si sovrappone ad altre inchieste, vecchie, non maturate, ma, garantiscono gli inquirenti, mai abbandonate. Si tenta di individuare i contorni del gruppo che ha colpito a Genova: si tratterebbe di una colonna «mobile», composta cioè da gente che viene spostata nei luoghi dove i brigatisti scelgono gli obbiettivi. La conferma dell'ipotesi arriverebbe dai proiettili usati per i ferimenti e le uccisioni. A Genova, in agguati nei mesi scorsi sono state trovate pallottole calibro 7,62, anche qui dunque ha sparato la rivoltella cecoslovacca Nagant. Per qualche tempo si era ritenuto che soltanto a Torino i Bierre avessero usato l'arma. Era servita negli attentati mortali contro l'avvocato Fulvio Croce, il 4 aprile '77; il vice direttore di La Stampa, Carlo Casalegno, il 16 novembre; il maresciallo di polizia Rosario Berardi, il 10 marzo '78; nei ferimenti dei dirigenti industriali o dei militanti della de Visca, Puddu, Camaioni, Cocozzello, Oscella, Palmieri avvenuti tra il giugno '77 e l'aprile dello scorso anno. Gli inquirenti sottolineano come la Nagant non sia ricomparsa, a Torino, dopo l'arresto di Cristoforo Piancone, l'il aprile '78, giorno in cui fu teso l'agguato mortale all'agente carcerario Lorenzo Cotugno. Per stabilire i legami fra le varie azioni è stata ordinata una perizia generale. Toccherà agli esperti torinesi catalogare il materiale e dare una parola definitiva. I «reperti», cioè pistole, mitra, proiettili, sono collegati ad azioni compiute a Torino, a Milano, a Genova, a Roma a Udine. Ma neppure questa indagine è rapida. I reperti di Milano sarebbero stati mandati a Genova; quelli di Roma, cioè le tracce che le Bierre si sono lasciate alle spalle durante il caso Moro, sembrano andati perduti; intanto a Torino gli esperti non li hanno ancora avuti e aspettano. Anche i documenti delle Brigate diffusi a Genova negli ultimi tempi sono esaminati, ma soprattutto l'attenzione degli inquirenti si è appuntata sul materiale contenuto nella borsa dimenticata da una ragazza alla fermata dell'autobus nell'autunno scorso. C'erano carte Interessanti, si dice, soprattutto i do- cumenti erano scritti a mano: una piantina dell'istituto di! medicina legale, un elenco di targhe d'auto di dirigenti e; medici legali, le schede di due magistrati con appunti e note' personali, una «contabilità», banconote per circa un milione. La ragazza aveva tentato di recuperare la borsa, ma era scomparsa prima dell'arresto. Ad un primo esame, ripetono alcuni inquirenti, la mano che ha vergato quegli appunti è la stessa che avrebbe falsificato il numero sul contrassegno di assicurazione del furgone usato dai killers di Guido Rossa. i «Gente venuta da fuori quasi certamente», dicevano ieri mattina a palazzo di giu-i stizia. Un particolare avrebbe convinto gli inquirenti: / brigatisti, che per tutta la notte hanno atteso l'operaio sotto casa celati all'interno del pulmino, non conoscevano Rossa. Si sono accorti di lui all'ultimo momento, mentre saliva in lauto. Sono scesi di corsa e hanno sparate affrettatamente. Per questo — dicono ancora gli Inquirenti—i colpi nelle gambe, la singolare posizione in cui è rimasto il corpo». ■ Chi aveva indicato Rossa alle Bierre? Molti ricordano il segno eloquente fatto in aula da Franco Berardi, rotenuto un postino delle Brigate rosse, all'apparire del sindacalista che andava a testimoniare contro di lui. Si cerca cosi, anche se in ritardo, di rintracciare il «contatto» che aveva portato nell'area dei fiancheggiatori, o forse addirittura dell'organizzazione, Berardi. Si interrogano persone, si fanno perquisizioni. Berardi, condannato a quattro anni e mezzo, è nel carcere speciale di Novara. Verrà interrogato dai giudici genovesi, gli si chiederà a chi aveva fatto quel cenno, la mattina del processo, si tenterà di ricostruire dalle sue parole, se vorrà rispondere, l'anatomia di una cellula Bierre che forse è all'interno dello stabilimento Italsider. Si cerca la collaborazione di tutti e significative in questo senso sono apparte alcune parole di Luciano Lama: «Riconosciamo onestamente che se il gesto civile di Rossa non fosse rimasto così isolato, se tutti a cominciare dagli operai dell'Italsider si fossero uniti come un unico testimone, forse la vita di questo compagno non sarebbe stata spezzata». Vincenzo Tessandori